Grassi (Confindustria), per competitività UE serve sintesi di PNRR e Coesione
I costi delle transizioni verde e digitale sono enormi, ma l'Europa affronta la sfida meglio attrezzata rispetto al passato, grazie alla combinazione di Politica di Coesione e Next Generation EU. Per Vito Grassi, Presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e Vice Presidente di Confindustria, le politiche di investimento europee dei prossimi anni dovranno rappresentare la sintesi dei punti migliori di PNRR e fondi strutturali, mentre le politiche nazionali, come la ZES Unica, dovranno basarsi su risorse finanziarie adeguate e una prospettiva pluriennale per consentire alle imprese di pianificare gli investimenti.
Fondi europei post 2027: quale Politica di Coesione dopo il PNRR?
Le istituzioni europee che si insedieranno dopo le elezioni di giugno saranno chiamate a dare all'Unione strumenti e risorse all'altezza delle sfide delle transizioni gemelle, verde e digitale, della competitività dell'industria e dell'autonomia strategica dell'Unione, senza perdere di vista la parità di condizioni nel mercato interno e la coesione territoriale.
Per il presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e Vice Presidente di Confindustria, Vito Grassi, serve una sintesi di Politica di Coesione e PNRR che valorizzi l'approccio place-based dei fondi strutturali e il focus su efficienza e risultati del Recovery Plan. Decisiva sarà anche l'implementazione delle politiche nazionali per la coesione territoriale, a partire dalla ZES Unica Mezzogiorno.
Attraverso Fabbrica Europa, Confindustria ha presentato una serie di proposte per una politica industriale forte e sostenibile a livello ambientale, economico e sociale. Quali sono le principali direttrici che indicate alle prossime istituzioni dell'UE?
Fabbrica Europa è il frutto di un lavoro condiviso con tutti i livelli del nostro Sistema, sia a livello territoriale che settoriale, che raccoglie e sintetizza proposte diverse. Tutte, però, hanno un comune denominatore: ovvero la consapevolezza che oggi è necessario rimettere l’industria al centro di tutte le politiche, costruendo una forte politica industriale europea, basata sulle tre sostenibilità (ambientale, sociale ed economica) e supportata da un adeguato livello di investimenti.
Per farlo bisognerà lavorare su direttrici precise.
Alcune riguardano la proiezione dell’Europa verso il resto del mondo (mi riferisco ad esempio al commercio internazionale e alla difesa comune europea), altre la sua capacità di affrontare le sfide al suo interno.
Ad esempio, servirà un’Europa in grado di dotarsi dei migliori strumenti per superare la sfida della transizione verde e digitale; di rafforzare alcune dei suoi pilastri come, ad esempio, il mercato unico e che, al tempo stesso, sia attenta a non lasciare nessuno indietro, attraverso adeguate politiche di coesione territoriale.
La sfida è impegnativa, ma solo se riuscirà ad intercettare queste direttrici l’Europa dei prossimi anni potrà essere più prospera, equa e sostenibile: in altre parole, più competitiva.
Nel vostro documento indicate che la sola implementazione del pacchetto Fit For 55 richiederebbe in Italia investimenti per oltre 1.100 miliardi di euro, un fabbisogno che il PNRR copre solo per il 3,7%. In un contesto di risorse limitate, a livello del bilancio europeo e di capacità di spesa nazionale, quali leve occorre muovere per abilitare gli investimenti necessari alla doppia transizione verde e digitale?
I costi necessari per affrontare le transizioni saranno enormi. Con riferimento alla transizione verde, ad esempio, immaginiamo che l’Europa nei prossimi anni dovrà dotarsi di fondi europei che supportino e integrino gli investimenti nelle varie fonti energetiche, e di tecnologie per raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici in modo equilibrato e sostenibile, rendendo la transizione ecologica un’opportunità di sviluppo.
Al tempo stesso, però, va sottolineato come, se molto c’è ancora da fare, qualcosa è stato fatto. Le risorse sono sì limitate in relazione al fabbisogno, ma è altrettanto vero che ci troviamo in un periodo in cui le risorse mobilitate dall’Europa, sommando PNRR e Fondi Strutturali, sono senza precedenti.
Oggi, quindi, gli Stati membri sono chiamati ad utilizzare al meglio quanto a loro disposizione implementando i programmi di finanziamento in maniera coerente e sinergica, indirizzandoli al raggiungimento dell’obiettivo ed evitando sprechi. Nel futuro – ma del futuro si sta iniziando a parlare oggi – toccherà nuovamente all’Europa trovare gli strumenti adatti per supportare gli Stati membri nel trovare risposta alle nuove, crescenti, sfide.
Negli anni la Politica di Coesione ha sempre resistito alle spinte per un suo ridimensionamento. Sembra però che non possa uscire indenne dal prossimo negoziato sul ciclo 2028-2034 alla luce dell'alternativa rappresentata dal PNRR. E' possibile pensare una sintesi dei due strumenti e cosa salverebbe dell'uno e dell'altro modello?
Negli ultimi anni, le risorse della Coesione sono state affiancate da quelle del PNRR. Oggi, Politica di Coesione e PNRR convivono e, pur con caratteristiche diverse, rappresentano le principali fonti di investimento dell’UE.
I dati della nona relazione sulla Politica di Coesione dimostrano come questa sia stata e sia fondamentale per lo sviluppo economico e sociale dell’Unione Europea e dei territori che lamentano i divari più grandi, e come debba essere valorizzata anche per il futuro. Al tempo stesso, il PNRR ha introdotto delle importanti novità soprattutto in termini di approccio agli investimenti e di governance, che rappresentano un passo avanti nel segno dell’efficienza.
Per le sue caratteristiche fondamentali sono convinto che la Coesione debba quindi rimanere un capitolo fondamentale al centro del progetto - e, soprattutto, del bilancio - europeo, ma al tempo stesso che possa essere modernizzata, arricchita e migliorata dall’esperienza PNRR.
Oggi, per ottenere risultati migliori nell’utilizzo di queste due politiche, Coesione e PNRR dovranno essere implementate in maniera coordinata, valorizzate e convogliate su strumenti adeguati e implementate nei tempi previsti e attesi dall’Unione Europea, ma anche da imprese e cittadini. In altre parole, è necessario che PNRR e Coesione diventino comunicanti, che gli investimenti siano realizzati in sinergia e coerenza, in un disegno di medio-lungo periodo.
Nei prossimi mesi, invece, le istituzioni europee si troveranno ad affrontare il tema della coesistenza tra PNRR e Politica di Coesione nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale. A nostro avviso, sarà importante che le politiche di investimento europee dei prossimi anni rappresentino la sintesi dei punti migliori di queste politiche: per il PNRR, l’attenzione all’efficienza e ai risultati effettivamente raggiunti; per la Politica di Coesione, il ruolo centrale dei territori nella definizione dei fabbisogni di spesa e nella declinazione in concreto delle linee di investimento.
Tutto questo per far sì che l’Europa sia davvero in grado di rispondere ai bisogni di cittadini e imprese e colmare i divari territoriali rendendo l’Europa più unita, più coesa, più giusta.
Un focus sulla politica di coesione nazionale, invece: recentemente è stata introdotta la ZES Unica, che ha sostituito le 8 ZES preesistenti. Qual è l’opinione delle imprese relativamente a questo modello, quali possono essere opportunità o rischi?
Per Confindustria, una ZES unica che ricomprenda l’intero Mezzogiorno può diventare un’idea positiva; il nostro auspicio, e il nostro sforzo nel confronto con le Istituzioni, è che però possa funzionare nel concreto. Per questo vanno valutati con attenzione alcuni temi.
La centralizzazione delle responsabilità presso la Struttura di Missione, senza presidi territoriali, è una sfida non indifferente, anche considerata la grande mole di richieste di autorizzazioni che potrebbero giungere nei prossimi mesi. Confindustria, attraverso la rete territoriale, sta già raccogliendo i primi riscontri in merito all’efficacia dei meccanismi autorizzativi, da cui sembrano emergere criticità operative di cui occorre tenere conto.
Con riferimento al credito di imposta, è stato appena pubblicato il decreto attuativo. Un passo in avanti - seppur tardivo - molto atteso dalle imprese, in quanto nel Sistema il livello di attesa sulla misura è elevato: in molti contesti territoriali, esso resta lo strumento imprescindibile per l’impulso ai piani di crescita e, senza certezze, la stasi degli investimenti è inevitabile.
Occorre allora un cambio di passo, immediato, a partire dalla necessità di dotare la misura di risorse finanziarie adeguate e di una prospettiva pluriennale utile alla pianificazione degli investimenti delle nostre imprese meridionali.