In-house providing: il caso del Fondo sociale europeo
L'in-house providing ha risvolti immediati sulla gestione degli affidamenti da parte della PA, ma si può estendere anche a rapporti realizzabili in relazione alle tipologie di fondi utilizzati dagli stessi uffici negli affidamenti. E' interessante esaminare il collegamento tra questi enti e le Autorità di Gestione dei fondi strutturali europei, in particolare il Fondo sociale europeo (Fse).
Il caso del Fondo sociale europeo è interessante in considerazione della particolare natura dei suoi fondi e della loro crescente importanza come strumenti di investimento e di sviluppo in una realtà in cui sono sempre più limitati gli spazi di manovra possibili mediante fondi ordinari.
Il Fse, come noto, è un fondo istituito per contrastare fenomeni di crescita della disoccupazione e di esclusione sociale conseguenti alle crescenti pressioni competitive sul mercato globale e ai fallimenti del mercato. Per il raggiungimento di queste finalità le designate programmano una serie di misure dirette ai singoli e alle imprese (attraverso progetti di assunzione da parte di imprese, di formazione per l’adattamento delle competenze dei lavoratori alle nuove sfide moderne e di imprenditoria sociale).
Il Regolamento (UE) 1304/2013 relativo al Fondo sociale europeo recita: "Per la disciplina in corso il fondo sociale europeo promuove elevati livelli di occupazione e di qualità dei posti di lavoro, migliora l'accesso al mercato del lavoro, sostiene la mobilità geografica e occupazionale dei lavoratori e facilita il loro adattamento ai cambiamenti industriali e ai cambiamenti del sistema produttivo necessari per gli sviluppi sostenibili, incoraggia un livello elevato di istruzione e di formazione per tutti e sostiene il passaggio dall'istruzione all'occupazione per i giovani, combatte la povertà, migliora l'inclusione sociale, e promuove l'uguaglianza di genere, la non discriminazione e le pari opportunità, contribuendo in tal modo alle priorità dell'Unione per quanto riguarda il rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale".
È lecito chiedersi a questo proposito che ruolo possono giocare le società in house e gli enti strumentali, che sono comunque realtà molto diffuse, soprattutto a livello locale, e rappresentano un discreto bacino di occupazione. Ad esempio, possono partecipare a programmi di assunzione o riqualificazione del personale? Possono essere beneficiari di finanziamenti del Fse e, attraverso questi, incentivare assunzioni, tirocini o attività di formazione, ecc.? La risposta a questa domanda non è immediata e richiede un’analisi complessa dei princìpi sottostanti la disciplina comunitaria e dei fondi strutturali in particolare.
Il fatto che il Regolamento Generale (UE) 1303/2013 sui fondi strutturali europei preveda interventi a favore delle imprese apre la possibilità che tra queste siano ricomprese le imprese pubbliche. In effetti, l’articolo 2 del Regolamento definisce quale beneficiario "un organismo pubblico o privato responsabile dell'avvio o dell'avvio e dell'attuazione delle operazioni".
In tale prospettiva la questione oggetto di dibattito diventa la seguente: un ente strumentale può essere considerato impresa pubblica e quindi beneficiario di eventuali interventi del Fse?
A giudizio di chi scrive l’elemento dirimente della questione deve essere ricercato proprio nella giurisprudenza che ha legittimato l’affidamento diretto alle società in-house providing. In questa disciplina si riconosce tale possibilità in considerazione della presenza di un rapporto di delegazione inter-organica per il quale le società strumentali non sono, nella sostanza, "altro" rispetto alle amministrazioni pubbliche che le controllano, ma riguardano forme diverse di organizzazione del servizio pubblico reso dalla pubblica amministrazione. Tale concetto, definendo l’ente strumentale come un modo di organizzazione degli uffici dell’amministrazione controllante, nei fatti nega il carattere di impresa all’ente escludendo la possibilità di beneficiare delle risorse del Fse, almeno per le Regioni in transizione (Regioni Obiettivo Competitività nella programmazione 2007-2013).
Se si accetta tale ragionamento risulta importante per le amministrazioni pubbliche, soprattutto per quelle che si configurano quali A.d.G. del Fse, discernere chiaramente nell’alveo complessivo dell’amministrazione pubblica allargata le imprese pubbliche dagli enti strumentali.
Gli strumenti capaci di discernere tra queste due diverse realtà derivano principalmente dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale che, prendendo a prestito concetti e princìpi di diritto societario e di economia aziendale oltre che di diritto amministrativo, nella gestione dei singoli casi ha dato contenuto ai requisiti essenziali, in primis al requisito del controllo analogo.
Sulla base dell’analisi delle principali sentenze intervenute in materia, è stata elaborata una Matrice dei criteri per la verifica della sussistenza dei requisiti qualificanti l’istituto dell’in-house providing nel caso in cui il soggetto affidatario abbia natura giuridica di S.p.A. Tale matrice rappresenta uno strumento molto utile per la generalità e la versatilità nell’applicazione a qualsiasi situazione in cui l’identificazione di un soggetto, quale ente strumentale o meno, non sia chiara e sia pertanto necessario compiere degli approfondimenti per identificarne fattivamente la natura. Tale aspetto risulta di fondamentale importanza per le amministrazioni pubbliche che prevedono di instaurare rapporti in questi casi, alla luce della corretta applicazione della normativa sugli appalti pubblici come anche al corretto utilizzo dei fondi Fse.
La corretta individuazione della presenza o meno di un rapporto di delegazione inter-organica è importante proprio con riferimento alle possibili relazioni che si possono instaurare con le A.d.G. del Fse. Infatti, le imprese pubbliche (totalità del capitale sociale in mano pubblica) possono essere oggetto di interventi finanziati dal Fse alla stregua delle imprese private laddove non abbiano un rapporto di delegazione inter-organica con il soggetto pubblico che detiene il capitale, ma siano autonome rispetto a questo soggetto (es. Enel, Eni, Finmeccanica, Poste e simili).
Diversamente, qualora sussista il rapporto di delegazione inter-organica (ad esempio alcune società municipalizzate soprattutto nei piccoli Comuni), l’ente strumentale in questione non può essere beneficiario di tali fondi, come non lo è la pubblica amministrazione (salvo in casi eccezionali, espressamente previsti per azioni di capacity bulding).
In questo quadro gli enti strumentali possono comunque giocare un ruolo importante nelle attività di assistenza tecnica (misura specifica prevista nel Regolamento Generale più volte citato), in quanto in questo caso il rapporto si configura come un servizio tecnico reso dall’ente strumentale nei confronti dell’A.d.G., nel pieno rispetto delle prerogative dell’ente strumentale di soggetto “a servizio” dell’amministrazione che ne detiene il capitale. Allora in questo caso è importante che tali rapporti siano correttamente configurati come servizi di assistenza tecnica nelle loro dichiarazioni alla Commissione europea.
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