Finanza sostenibile - convergenza tra Italia e Germania, UE agisca presto
Quando si tratta di green e social bond, Italia e Germania parlano la stessa lingua. Gli operatori di entrambi i Paesi concordano sulla necessità di sviluppare un mercato UE della finanza sostenibile, con regole certe ed omogenee. Una richiesta che dovrebbe essere soddisfatta entro la fine dell’anno.
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Per una volta si può affermare che Italia e Germania sono sulla stessa lunghezza d’onda. Una notizia particolarmente rincuorante se si pensa che il tema su cui, seppur con le dovute differenze, i due Paesi si trovano in accordo è quello della finanza sostenibile.
Nel corso di un incontro organizzato dalla Febaf, la Federazione Banche Assicurazioni e Finanza, il 5 ottobre, che si inquadra all’interno del un più ampio dialogo italo-tedesco sui servizi finanziari lanciato nel 2017, gli operatori bancari e finanziari dei due paesi hanno portato avanti una riflessione sui futuri modelli di business e sulle sfide competitive e normative in tema di finanza sostenibile.
Green Bond: Germania quarto mercato al mondo
L'emissione globale di Green Bond ha raggiunto i 155,5 miliardi di dollari nel 2017. Il 56% del mercato è coperto da USA, Cina e Francia. Quanto alla Germania, il mercato delle obbligazioni verdi è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, fino a diventare il quarto mercato al mondo con oltre 8,4 miliardi di euro di emissioni (dati 2017).
Le energie rinnovabili rappresentano la fetta maggiore di tale mercato (80%), seguite da progetti relativi all’edilizia (14%) e al settore idrico (3%).
Il solo gruppo tedesco KfW ha emesso obbligazioni verdi per un totale di 13,5 miliardi dal 2014 a oggi, sottolinea Rita Geyermann, primo vicepresidente, Head of Asset Management di KfW.
Numeri di tutto rispetto anche per i Social Bond, il cui mercato è cresciuto in Germania di oltre 17 volte in meno di dieci anni: dai 500 milioni del 2014, si è arrivati a toccare gli 8,8 miliardi lo scorso anno.
Oltre al valore economico-finanziario, nota Geyermann, le obbligazioni sostenibili hanno il pregio di migliorare la trasparenza delle banche, facendo riguadagnare loro fiducia agli occhi dei clienti.
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I numeri del mercato italiano
Più contenute le cifre riguardanti il mercato italiano dei Green Bond, che vede uno stock di obbligazioni verdi pari a 6 miliardi di euro.
Fra gli esempi illustrati nel corso del confronto alla Febaf, quello di Borsa Italiana: 65 i Bond verdi e sostenibili emessi, per un totale di 55 miliardi di euro. La piattaforma ExtraMOT Pro rappresenta un caso interessante in tal senso: uno strumento dedicato esclusivamente alle emissioni di titoli “green” e sostenibili, che ha emesso 303 Bond tra il 2013 e il 2018.
E se le grandi imprese hanno compreso le opportunità legate al mercato dei Green Bond, quel che potrebbe far crescere esponenzialmente il mercato italiano è il coinvolgimento delle piccole e medie imprese, che rappresentano la vena pulsante del tessuto economico del Belpaese.
Quanto al mercato dei Sustainability Bond, la prima obbligazione italiana di questo tipo è stata emessa da Cassa depositi e prestiti a fine settembre: con un valore nominale di 500 milioni di euro, l’obbligazione è finalizzata al finanziamento di progetti a carattere sociale e green, con particolare focus sulla promozione dello sviluppo del settore idrico in Italia.
La maturità del mercato italiano non è certo al livello di quello tedesco, ma qualcosa si sta muovendo; basti pensare che prossimamente verrà lanciato l’Italian Financial Center For Sustainability (IFC4S).
Quel che serve, sottolineano gli operatori italiani, è un framework europeo strutturato per orientare gli investimenti.
Entro dicembre proposte concrete UE per armonizzare la tassonomia
Tra gli operatori intervenuti nel corso dell’evento, Eurizon e BNPParibas-BNL hanno sottolineato come, da una parte, non si possa più eludere la richiesta di investimenti “green” da parte di un’opinione pubblica sempre più attenta ed esigente, ma dall’altra, si debbano affrontare le sfide di una tassonomia ancora disomogenea a livello europeo, i possibili rischi reputazionali e di transizione nella composizione dei portafogli di investimento, la mancanza di dati sufficientemente attendibili e un quadro regolamentare ancora incompleto.
Una rassicurazione in tal senso è arrivata da Pierfrancesco Latini di CdP, membro del gruppo tecnico di esperti di finanza sostenibile, la cui istituzione era stata annunciata nel piano d'azione sulla finanza sostenibile della Commissione dello scorso marzo e nel successivo pacchetto di misure normative di maggio.
Entro dicembre saranno presentate proposte concrete per armonizzare la tassonomia, la disclosure, il bench-marking a livello europeo, annuncia Latini.
Per gli esperti si tratta in primo luogo individuare quali attività possono essere definite realmente sostenibili, e il focus di Bruxelles sarebbe orientato sui progetti volti a contrastare il cambiamento climatico.
Il sistema di classificazione delle attività sostenibili, fa sapere Latini, sarà ispirato a tassonomie e classificazioni statistiche esistenti.
L’appello all’UE affinché acceleri i lavori in tal senso, creando un framework di regole omogenee, arriva da parte di tutti gli operatori italiani, non solo del mondo bancario, ma anche assicurativo.
Pietro Negri (ANIA), presidente del Forum per la Finanza Sostenibile, porta esempi concreti di quanto sia urgente l’intervento di Bruxelles in tal senso. Si prenda la trasposizione della direttiva 2014/95 riguardante la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, che impone alle grandi imprese di informare circa l’Environmental, Social and Corporate Governance (ESG) delle loro attività. Va estesa anche alle imprese di dimensioni minori?, si domanda Negri. La risposta è più ampia: “è tempo che la sostenibilità diventi parte integrante dei modelli di governance, attraverso l'integrazione di fattori ESG in piani strategici e visioni aziendali”, sottolinea.
Bruxelles non può risolvere tutti i problemi
Se il ruolo dell’Europa è senz’altro decisivo, per Ugo Bassi, direttore per i mercati finanziari della Commissione, la creazione di un quadro normativo europeo deve necessariamente essere accompagnata in parallelo da uno sviluppo altrettanto importante di diversi modelli di business dei vari operatori.
La Commissione insomma non può risolvere tutti i problemi. E pur ammettendo l’importanza di una tassonomia europea delle attività sostenibili, a ciò non equivale un’immediata risposta del mercato.
In questo caso, sottolinea Bassi, la collaborazione tra l’UE e le autorità nazionali è quanto mai decisiva. Decisiva sarà l’accelerazione del processo dell’Unione dei mercati di capitali, a cui la “rivoluzione” rappresentata dalla finanza sostenibile dovrebbe contribuire in maniera significativa.