Coronavirus: aiuti di stato proporzionati a conti pubblici Paesi UE
Proseguono gli sforzi di solidarietà dimostrata dall'Europa per supportare gli Stati membri nella lotta alla pandemia di Covid-19. Gli aiuti di stato, necessari per dare una bocca di ossigeno alle imprese europee, saranno proporzionati alla disponibilità di finanza pubblica di ciascun Paese. In arrivo le regole che facilitano iniezioni di capitale pubblico alle aziende in crisi.
> Coronavirus: Bruxelles, come cambiano le regole sugli aiuti di Stato per le imprese
Dopo la sospensione del Patto di Stabilità, la Dg Concorrenza della Commissione europea ha autorizzato circa 1.900 miliardi di euro aiuti di Stato da parte dei paesi membri per sostenere le proprie imprese in difficoltà a causa dell'emergenza sanitaria.
Le maglie più larghe adottate da Bruxelles hanno concesso un duplice vantaggio: la semplificazione delle procedure e la riduzione delle tempistiche per le autorizzazioni, insieme ad una maggiore flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di stato per sostenere i settori maggiormente colpiti dalla crisi.
Tra prestiti, sovvenzioni e garanzie pubbliche, fino allo scorso 30 aprile, sono state concesse 127 misure nazionali, relative a 26 Stati membri più il Regno Unito. Tuttavia, come spiega un portavoce della stessa direzione generale della Concorrenza, "vi sono enormi differenze nell'ammontare degli aiuti concessi dagli Stati membri, che sembrano proporzionati alle disponibilità di finanza pubblica che ciascun Paese ha e alla dimensione dele rispettive economie".
Aiuti di Stato: l'impatto sul sistema UE
La sproporzione risulta evidente guardando i dati dei singoli Paesi. Risulta, infatti, che il 52% degli aiuti approvati riguarda la sola Germania, quai mille miliardi di euro. A seguire, con un netto distacco, ci sono poi Francia e Italia che si devono accontentare del 17% degli aiuti autorizzati, 320 miliardi circa ciascuna. E poi gli altri: il Regno Unito al 4%, il Belgio al 3% e tutti gli altri sotto il 2%, compresa la Spagna, uno dei Paesi che ha registrato il maggior numero di contagiati in Europa.
Il rischio più evidente di un simile meccanismo è che la crisi sanitaria simmetrica possa provocare una crisi economica asimmetrica, con Paesi nettamente avvantaggiati e altri lasciati al proprio destino, ma soprattutto con un mercato distorto. Dopo la pandemia l’Europa non sarà più la stessa, ma sarà necessario scongiurare la possibilità che prevalga la legge del più forte e con essa il pericolo della creazione di enormi divari tra nazioni pigliatutto e quelle con un ruolo di sudditanza economico-finanziaria.
Un altra criticità è che alcuni Stati, superando ad esempio i limiti imposti dal temporary framework, possano ricoprire di soldi le proprie imprese, rafforzandole rispetto alle aziende di altri Paesi e compromettendo le logiche del mercato unico UE. Sarebbe proprio per arginare questa problematica che Bruxelles ha intenzione di continuare a controllare gli aiuti di Stato.
A tal proposito, il commissario UE alla Concorrenza Margrethe Vestager vede come pricipale strumento risolutivo per impedire che la crescita delle asimmetrie arrivi a livelli inaccettabili, l'approvazione immediata del Recovery Fund, che aiuterà ad evitare l’accumulo di indebiti vantaggi competitivi tra sistemi-Paese, tra ricchi e poveri dell’Unione.
Arrivano regole per iniezione capitale pubblico alle imprese
Insieme al Recovery Fund, la Commissione europea sta finalizzando il provvedimento che dovrebbe facilitare le iniezioni di capitale pubblico nelle imprese in crisi a causa della nota emergenza sanitaria che da mesi ha congelato l’attività economica nell’Unione europea.
L'iniziativa europea in questione dovrebbe essere presentata a breve dopo un lungo lavoro tecnico per trovare un equilibrio tra interessi divergenti: da un lato Bruxelles mira ad aiutare gli Stati membri ad intervenire nelle società più delicate per evitare fallimenti o vendite a paesi terzi; dall'altro vuole evitare nuovi danni al mercato unico, consapevole di come paesi con margini finanziari ampi potrebbero uscire particolarmente rafforzati.
Nel frattempo, lo stesso esecutivo comunitario ha pubblicato un rapporto sugli aiuti di Stato che dà una panoramica in merito al nuovo quadro della spesa statale in campo bancario durante le crisi dell’ultimo decennio.
Secondo i dati raccolti, la Commissione UE dovrebbe consentire operazioni di nazionalizzazione o ricapitalizzazione senza autorizzazione preliminare nel momento in cui l’operazione ha un valore inferiore a 250 milioni di euro. Questo discorso deve però considerare il rispetto di alcune condizioni. In particolare:
- l'intervento dovrà essere ammesso previa prova - a carico dello Stato membro - che altre forme di aiuto all'impresa meno invasive non raggiungerebbero il medesimo risultato;
- i governi dovranno accertarsi che senza un intervento pubblico verrebbe messa in pericolo la continuità aziendale;
- l’iniezione di capitale dovrebbe essere permessa solo per le società che non erano già in difficoltà al 31 dicembre del 2019.
Potrebbe non essere facile per Bruxelles impedire le forme di sovracapitalizzazione delle aziende aiutate dallo Stato. Sempre su questo fronte, il commissario agli affari economici Paolo Gentiloni ha spiegato che l'esecutivo comunitario sta riflettendo all'ipotesi di creare un fondo capace di investire nell’azionariato delle aziende per evitare un eccessivo indebitamento dei singoli paesi e per difendere da scalate aggressive le imprese più significative.
Nel frattempo, secondo un rapporto comunitario pubblicato ieri, gli aiuti di Stato solo nel settore bancario nel periodo 2008-2017 sono stati pari in Italia a 37,1 miliardi di euro (di cui 22,8 miliardi effettivamente utilizzati). Nello stesso range temporale, è stata la Spagna il Paese UE a registrare l'ammontare più alto di aiuti pubblici alle banche, con 174,3 miliardi approvati, ma di cui solo 61,9 miliardi effettivamente usati.
In linea con i dati, che riguardano un decennio particolarmente condizionato dalla crisi finanziaria, al secondo posto si colloca la Germania a pari merito con il Regno Unito con 114,6 miliardi di euro approvati dalla Commissione europea, di cui 64,2 miliardi effettivamente usati. Il mercato bancario inglese, fortemente colpito, è stato fra i principali beneficiari degli aiuti pubblici, per un totale 100,1 miliardi di euro.