Brexit e trasporti: cosa cambia e cosa c’è da sapere
Nonostante l’accordo, la Brexit sta causando serie conseguenze al settore trasporti, con potenziali ricadute anche sull’export. Aumentano infatti le rinunce di molti operatori della logistica ad operare oltre Manica a causa di adempimenti doganali troppo lunghi e complicati.
Esportare nel Regno Unito dopo la Brexit
Dal 1° gennaio 2021, il Regno Unito non beneficia più del principio della libera circolazione delle merci e delle persone, uno dei pilastri su cui si fonda l’Unione europea e che forse, in questi decenni, siamo stati abituati a dare per scontato.
Cosa significa davvero, invece, non far più parte dell’UE lo stanno vedendo quotidianamente gli operatori della logistica, tra i primi a toccare con mano le conseguenze del ritorno delle frontiere e delle dogane.
Certo l'accordo siglato in extremis da Londra e Bruxelles ha scongiurato le conseguenze più negative della Brexit:
- assicurando un ritorno graduale dei controlli alle frontiere (che saranno pienamente operativi dal 1° luglio 2021);
- mettendo in piedi un set di regole capaci di garantire una concorrenza leale tra gli operatori inglesi e quelli europei, assicurando ad esempio standard uguali sul lavoro e sulla sicurezza;
- concordando le formalità, i documenti e i controlli necessari per l’import-export di merci a cavallo della Manica.
Ciò nonostante, in queste settimane sta aumentando il numero di operatori logistici (anche italiani) che, a fronte di adempimenti doganali troppo lunghi e poco chiari, preferiscono rinunciare ad operare da e per l’isola. Una situazione che non solo rischia di creare perdite consistenti nelle imprese logistiche (in primis quelle di autotrasporto), ma che - se non arginata - potrebbe mettere a rischio anche un pezzo dell’export italiano.
Come migliorare l'internazionalizzazione del settore logistico
Come funziona l'autotrasporto di merci con la Brexit
Andiamo con ordine. Dal 1° gennaio di quest’anno, tutte le imprese di trasporto che effettuano operazioni tra l'UE e il Regno Unito devono garantire la conformità del proprio servizio ai rispettivi requisiti di certificazione. In particolare, come spiega l’ICE in una recente guida:
- Coloro che esportano merci SPS devono verificare i requisiti aggiuntivi richiesti per le loro merci;
- I trasportatori di merci SPS devono verificare di essere in possesso delle autorizzazioni necessarie per i prodotti che stanno movimentando e altresì accertarsi che il confine attraverso il quale le stanno spostando è autorizzato a farlo, qualora sia necessario;
- Allo stesso modo, le imprese che movimentano prodotti che non necessitano di controlli SPS devono essere sicuri sul fatto che le loro merci ne siano effettivamente esenti (ad esempio, i produttori di passata di pomodoro).
Grazie all’accordo, inoltre, sono stati assicurati i servizi “punto a punto” senza restrizioni quantitative. Questo significa che i camion europei potranno raggiungere il Regno Unito e tornare da UK, anche quando sono caricati. Lo stesso vale per gli autotrasportatori inglesi. Senza l'accordo, invece, solo un numero molto limitato di operatori titolari di licenze della Conferenza europea dei ministri dei trasporti (ECMT) sarebbe stato in grado di effettuare questa forma di viaggi.
L’accordo ha inoltre previsto la possibilità per i camion europei e inglesi di eseguire fino a due operazioni aggiuntive nel territorio dell'altra parte, una volta attraversato il confine. Ciò consentirà agli autotrasportatori europei che trasportano un carico nel Regno Unito di eseguire due operazioni di cabotaggio in quel Paese, limitando così il rischio di dover tornare nell'UE senza carico.
Brexit: quali documenti sono richiesti agli autotrasportatori?
Per quanto riguarda invece la documentazione, gli autotrasportatori europei devono essere autorizzati dal proprio Paese di stabilimento e portare con sé sempre una copia di una licenza comunitaria.
Gli operatori europei, inoltre, dovranno esibire anche una prova dell’assicurazione auto per il proprio veicolo e rimorchio. Nel Regno Unito verrà riconosciuta una Green Card o altra prova di assicurazione.
Passando invece alla documentazione relativa alle merci trasportate, l'autotrasportatore dovrà assicurarsi di avere con sé, tra le altre cose, anche:
- un MRN (Movement Reference Number) che può essere indicato come numero di registrazione nel Regno Unito;
- il numero EORI dell’impresa UK se l’importatore del Regno Unito effettua la dichiarazione nei propri archivi;
- la dichiarazione di esportazione UE MRN;
- l’eventuale Carnet ATA per merci in temporanea esportazione fuori dall’UE;
- l’eventuale Carnet TIR per merci trasportate su un veicolo sigillato per definitiva.
Si segnala, infine, l’Eurotunnel border pass che consente di condividere le informazioni necessarie per i valichi di frontiera tra il trasportatore e l’Eurotunnel, e quindi tra Eurotunnel e le autorità di frontiera. Il sistema, completamente digitalizzato, consente all’autista di gestire le operazioni senza dover lasciare la cabina o presentare i documenti all’arrivo. Attraverso tale piattaforma, quindi, si comunicheranno e si salveranno le informazioni necessarie al passaggio del confine: dichiarazioni doganali, certificati sanitari e fitosanitari, dettagli del veicolo.
Per informazioni su Brexit e trasporti, ecco i centri di consulenza inglesi
Il Dipartimento dei Trasporti, rende noto l’ICE, ha aperto 45 siti di consulenza nel Regno Unito che gli autotrasportatori e gli autisti di mezzi pesanti e di veicoli commerciali possono visitare per ricevere una consulenza di persona in merito a:
- le nuove regole e documenti necessari per il trasporto di merci tra il Regno Unito e l’UE a partire dal 1° gennaio 2021;
- come prepararsi ai cambiamenti;
- come utilizzare il nuovo modulo per accertarsi che un autocarro disponga di tutta la documentazione;
- nel caso in cui non si fosse in grado di eseguire le procedure doganali o accedere a uno spedizioniere doganale;
I siti sono collocati presso le stazioni di servizio autostradali e le fermate dei Tir.
Brexit: perchè molti autotrasportatori non stanno più operando nel Regno Unito?
Nonostante la messa a punto di un sistema che dovrebbe regolamentare tutti gli aspetti legati al trasporto di merci dopo la Brexit, le principali associazioni di categoria del settore stanno tuttavia lanciando un grido di allarme.
Quello messo in piedi sarebbe infatti un sistema molto macchinoso e complesso che starebbe portando ad una lievitazione dei prezzi del trasporto e ad un allungamento dei tempi di dogana.
“Secondo le prime stime - spiega infatti al Sole24Ore Andrea Manfron (Fai-Conftrasporto) - il costo al chilometro, a fronte di una media precedente che oscillava tra 1,5 e 3 euro per un viaggio spot, di fatto è già raddoppiato”.
Al tema “costo” si aggiunge poi quello “tempo”. A segnalarlo in questo caso è il presidente di Confetra Liguria, Antonio Laghezza, che afferma: “Con la Brexit i tempi di trasporto si sono allungati di molto. Certi settori, penso all’alimentare, non sopportano un allungamento nelle tempistiche. Il problema, per il made in Italy diretto in Gran Bretagna, è evidente”.
Pratiche doganali difficili e poco chiare, aumento dei prezzi e allungamento dei tempi di trasporto starebbero quindi spingendo molte imprese logistiche (soprattutto quelle più piccole) a rinunciare alle commesse, oltre a rendere meno competitivi i prodotti italiano esportati in UK.