CdM approva Documento economia e finanza – DEF
Via libera del Consiglio dei Ministri al Documento di economia e finanza (DEF) 2019, contenente il programma di stabilità dell’Italia, la sezione dedicata ad analisi e tendenze di finanza pubblica il programma nazionale di riforma (PNR).
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Il Documento di economia e finanza 2019 fa il punto sui risultati dei primi dieci mesi di attività del Governo e traccia le linee guida dell'azione dell'Esecutivo per ridurre il gap di crescita dell'Italia rispetto alla media europea e il rapporto debito/PIL, alla luce di un contesto economico caratterizzato da un marcato rallentamento della crescita e dal permanere di condizioni di bassa inflazione.
Al centro dei piani del Governo il sostegno agli investimenti pubblici, la riforma fiscale in direzione di un sistema di flat tax, il supporto ai processi di innovazione delle imprese e il rafforzamento dell'inclusione sociale.
Questi obiettivi passeranno prioritariamente per due pacchetti di misure, il decreto Crescita e il decreto Sblocca cantieri, entrambi approvati dal Consiglio dei Ministri, anche se entrambi “salvo intese”.
Programma di stabilità e tendenze di finanza pubblica
Per quanto riguarda i principali indicatori economici e di finanza pubblica, il Governo ha rivisto al ribasso la proiezione di crescita tendenziale per il 2019, dall’1 allo 0,1 per cento, stimando il deficit al 2,4% del PIL.
Per gli anni successivi, il Programma di Stabilità traccia un sentiero di finanza pubblica che riduce gradualmente il deficit fino all’1,5% nel 2022, con una diminuzione di 0,3 punti percentuali all’anno, che determina un miglioramento quasi equivalente del saldo strutturale. Secondo le nuove proiezioni, il deficit strutturale scenderebbe dall’1,6% del PIL di quest’anno allo 0,8% nel 2022, in linea con una graduale convergenza verso il pareggio strutturale.
Per quanto riguarda gli obiettivi interni di politica di bilancio, lo scenario programmatico prevede un aumento degli investimenti pubblici nel prossimo triennio, dal 2,1% del PIL registrato nel 2018 al 2,7% atteso nel 2022.
La revisione al rialzo della stima di indebitamento netto per l’anno in corso, però, spingerà il Governo ad una serie di tagli, attuando la clausola contenuta nella legge di Bilancio 2019 che prevede il congelamento di due miliardi di euro di spesa delle Amministrazioni centrali nella seconda metà dell’anno.
A pagarne le conseguenze dovrebbero essere principalmente la voce del bilancio del Ministero dell'Economia e delle Finanze relativa a "Competitività e sviluppo delle imprese", per circa 500 milioni di euro, quella del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dedicata a "Sviluppo e sicurezza della mobilità locale", per 300 milioni di euro, e "Promozione e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e innovazione" del Ministero dello Sviluppo economico, per circa 150 milioni. La ripartizione dei tagli, tuttavia, dipenderà da successivi decreti del Ministero dell'Economia.
Programma nazionale di riforma
In continuità con gli interventi già approvati dal Governo, il PNR si concentra sui temi dell’inclusione sociale, del sostegno all'occupazione e all’istruzione e formazione. Tra le proposte, l'introduzione del salario minimo orario per i settori non coperti da contrattazione collettiva, la previsione di trattamenti congrui per l’apprendistato nelle libere professioni e la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro. Previsti anche interventi per aumentare la partecipazione femminile al mercato del lavoro, tra cui lo stanziamento di maggiori risorse a favore delle famiglie, con particolare riguardo a quelle numerose e con componenti in condizione di disabilità.
Sul fronte degli investimenti, il Programma nazionale di riforma si pone in continuità con quanto previsto dalla legge di Bilancio 2019, che ha istituito un Fondo per il rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e lo sviluppo del Paese, con una dotazione complessiva di 50,2 miliardi per gli anni dal 2019 al 2033, e un Fondo per gli investimenti degli enti territoriali, con risorse per circa 35 miliardi fino al 2033 e 1,5 miliardi annui a partire dal 2034, oltre a rifinanziare il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per 4 miliardi.
Le priorità del Governo riguardano lo sviluppo di una rete di piccole opere diffuse, l'attuazione del Piano banda ultralarga, la promozione della mobilità sostenibile, la mitigazione del dissesto idrogeologico e del rischio sismico. Alla previsione di nuove risorse per gli investimenti infrastrutturali si accompagnano gli interventi di semplificazione del Codice degli appalti attraverso il decreto Sblocca Cantieri e la delega al Governo per una nuova riforma del Codice stesso.
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Gli interventi a favore delle imprese si concentreranno invece sui temi dell'innovazione tecnologica e della ricerca, sul sostegno alle startup innovative, sulla promozione dell'internazionalizzazione e sulla tutela del Made in Italy dalla contraffazione, in particolare attraverso il decreto Crescita, che prevede, tra le altre cose, il ripristino del super ammortamento e la proroga del bonus ricerca e sviluppo.
Il ruolo dei fondi UE
L'obiettivo di recuperare il gap italiano nell'innovazione digitale, si legge nel DEF, passa anche per la partecipazione al programma Europa Digitale, cui la Commissione europea ha proposto di destinare 9,2 miliardi nell'ambito del Quadro finanziario pluriennale post 2020 per lo sviluppo di settori chiave quali Supercomputer, Intelligenza Artificiale, Cybersicurezza, Competenze digitali e Trasformazione digitale della PA.
Sempre in tema di fondi europei, proseguirà l'impegno per il pieno utilizzo delle risorse della programmazione 2014-2020. Al 31 dicembre 2018 la spesa complessiva certificata per i 51 Programmi FESR ed FSE è stata pari a 9,7 miliardi di euro, ovvero il 18,3% delle risorse a disposizione per il settennato, superando il target n+3 complessivo previsto, pari a 8,1 miliardi di euro.
Il target per il 2019 richiede un livello di certificazione della spesa sui Programmi europei pari a 8,5 miliardi di fondi SIE, che salgono a 13,3 miliardi includendo il cofinanziamento nazionale. Un obiettivo raggiungibile secondo il Governo, considerando che dalla Banca dati unitaria (BDU) emerge che, al 31 dicembre 2018, gli interventi pubblici relativi ai fondi strutturali registrano un valore complessivo di impegni ammessi, tra fondi UE e nazionali, pari a 21,4 miliardi di euro e quindi un buon livello di nuove spese potenzialmente certificabili nei prossimi mesi.
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