Decreto rilancio: come migliorare le misure per le startup
Dimenticate nei precedenti decreti, alle startup sono dedicati una serie di importanti interventi nel decreto rilancio. Soddisfatti i rappresentanti delle imprese innovative, ma l’impianto andrebbe comunque migliorato.
> Decreto rilancio: le misure per startup, PMI innovative e venture capital
Bene le misure per startup e innovazione, ora fare presto
Si dice soddisfatto dei provvedimenti per startup e innovazione nel decreto rilancio Angelo Coletta, Presidente di Italia Startup. "Il nostro auspicio è che i 200 milioni di euro per le startup e PMI innovative nell’ambito del fondo di garanzia e i 100 milioni aggiuntivi per i finanziamenti agevolati del bando Smart&Start, non necessitando di provvedimenti attuativi, trovino rapido riscontro rispetto alla loro attivazione per dare un segnale di sostegno concreto nel breve termine".
"Sugli altri stanziamenti – i 500 milioni di euro del Fondo per il Trasferimento Tecnologico, i 200 milioni del Fondo di sostegno al Venture Capital, i 10 milioni per i percorsi all’interno di incubatori e centri d’innovazione pubblici o privati – che invece dovranno essere perfezionati entro 60 giorni, l’Associazione seguirà con attenzione sia l’iter parlamentare che la fase di attuazione, per fare in modo che sia mantenuto il rilevante impegno che il Governo ha messo in campo con questo decreto".
Quanto alla moratoria di un anno per le imprese innovative con esposizione debitoria verso il sistema bancario, rimasta fuori nella versione finale del provvedimenti, "faremo in modo che venga riconsiderata in fase di discussione parlamentare", conclude Coletta.
Un cambio di passo, ma occorre rimuovere i colli di bottiglia
"Il Decreto Rilancio, per quanto attiene all’Economia dell’Innovazione, pone davvero le basi per un cambio di passo intorno alle nuove imprese innovative ed agli investimenti in capitale di rischio", sottolinea Gianmarco Carnovale, presidente di Roma Startup, dalle colonne di Agenda Digitale.
"Il bilancio sullo sforzo del Governo è senz’altro più che positivo, pur se alcuni aggiustamenti sulle misure introdotte saranno necessari nel passaggio parlamentare, e sebbene sia necessario chiarire fin da subito che l’opera non è terminata. Lo stanziamento di risorse è stato importantissimo, ma rimane necessario mettersi a lavorare presto su una revisione di tipo ordinamentale per rimuovere un’infinità di colli di bottiglia nei vari meccanismi sottostanti alla filiera, se vogliamo davvero far decollare tutto e non sederci sugli allori per constatare nuovamente tra qualche anno che qualcosa non ha funzionato".
Una misura su cui Carnovale invita a porre attenzione è l'aumento dal 30 al 50% della detrazione IRPEF per gli investitori privati che, nel limite di 100.000 euro l’anno, sottoscrivano aumenti di capitale acquisendo partecipazioni in startup e PMI innovative.
"E’ fondamentale legare il beneficio alla sottoscrizione di partecipazioni non qualificate, affinché i troppi furbi del paese non abusino dell’incentivo investendo in aziende di fatto sotto il proprio controllo, e poi perché le diluizioni dei soci fondatori delle startup non vengano eccessivamente diluite nelle fasi iniziali – che è uno dei principali motivi per cui le startup italiane non vengono mai investite da fondi esteri: hanno la captable compromessa dall’avidità dei primi investitori locali".
Inoltre, aggiunge, "così come espressa, la misura mostra un limite grave: è fruibile solo per partecipazioni dirette oppure attraverso “organismi di investimento collettivi del risparmio” che investano in startup: questa definizione restringe il campo a soggetti regolamentati come i fondi di Venture Capital in forma di SIS, SICAF ed SGR, ma con un disallineamento: importi come quelli incentivati (cioè fino a 100.000 euro l’anno) sono al di sotto della soglia minima di sottoscrizione di un fondo di Venture Capital, quindi non c’è matching tra l’incentivo e la possibilità di fruirne. Invece, si lasciano fuori dalla fruibilità del beneficio gli investimenti effettuati per tramite di semplici società di capitali, che sono la forma preferita dai numerosi investitori abituali quali i Business Angel, i Family Office, le holding di partecipazioni, le syndication che si strutturano spesso per le raccolte in equity crowdfunding. Vengono svantaggiati gli investimenti effettuati attraverso le forme più professionali, e questa dimenticanza va colmata urgentemente".
Serve un piano di sviluppo a lungo termine
"Dal Decreto legge Rilancio arriva un segnale di fiducia e rafforzamento per l’ecosistema delle startup e PMI innovative che rappresenta un importante risposta alle aspettative che avevamo", sottolinea Marco Gay, Amministratore Delegato di Digital Magics, il principale business incubator italiano.
Ma "rimane centrale rimuovere quanto prima i vincoli burocratici, per rendere veloce e il più semplice possibile l’applicabilità delle misure contenute nel decreto. L’auspicio è che questo sia un primo passo per rendere questi provvedimenti strutturali con un vero piano di sviluppo a lungo termine per la ripresa dell’economia con meccanismi per la semplificazione normativa e amministrativa, investimenti in infrastrutture, riduzione del carico fiscale e contributivo sul lavoro, un grande piano per il lavoro giovanile oltre che provvedimenti specifici sul settore digitale, che vede al centro l’ecosistema delle startup".