No dell’ANAC alla sospensione del Codice appalti proposta dall'Antitrust
Per rispettare i tempi stretti del Recovery, l’Antitrust propone di sospendere il Codice degli appalti per tutte le iniziative che riceveranno i fondi di Next Generation EU, usando al suo posto le norme UE. Contrari l’ANAC, le imprese e i sindacati.
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Non sono tardati ad arrivare i commenti (contrari) alla proposta shock dell’Antitrust di sospendere il Codice appalti per tutte le opere che verranno finanziate con il Recovery fund.
Le parole più dure sono quelle del presidente dell’ANAC, Giuseppe Busia che liquida la proposta come uno “slogan semplificatorio”. “Lungi dal portare un'accelerazione”, spiega infatti Busia, la sospensione del Codice e l’applicazione delle sole norme UE “rischierebbe di bloccare le gare per l'improvvisa assenza di riferimenti certi”.
Critici anche i sindacati delle costruzioni e le imprese. Mentre ASSISTAL boccia l’idea dell’Antitrust, l’ANCE resta più che altro indifferente. “Il codice di fatto è già sospeso da tempo - dichiara il vicepresidente Edoardo Bianchi - e le norme in materia di lavori pubblici sono solo ormai un guazzabuglio: la polemica è quindi del tutto ingiustificata”.
Antitrust: per gli appalti del Recovery, niente Codice ma solo norme UE
Ma cosa ha proposto esattamente l’Antitrust nel documento inviato a Palazzo Chigi, su richiesta del premier Draghi? In breve l’Autorità per la concorrenza ha avanzato l’idea di sospendere, nell'immediato, l’applicazione del Codice appalti per tutte le opere del PNRR, e di procedere nel medio periodo ad una revisione del Codice improntata su una maggiore discrezionalità alle stazioni appaltanti (che dovrebbero però essere prima riqualificate). A ciò si aggiunge la necessità di un ampio ricorso alla digitalizzazione delle procedure e quella di avere finalmente tempi certi sugli investimenti, contrastando l'inerzia della PA tramite un più ampio ricorso alla sussidiarietà (se il Comune non lavora, interviene la Regione e poi lo Stato).
Più nello specifico, l’obiettivo del primo punto (cioè la sospensione dell'applicazione del Codice e il ricorso alle sole disposizioni contenute nelle direttive europee in materia di gare pubbliche del 2014, alle procedure interessate dall'erogazione dei fondi europei di Next generation EU e alle opere strategiche) “consentirebbe - secondo l'Antitrust - di poter eliminare immediatamente i vincoli che attualmente insistono, tra gli altri, sul subappalto, l'avvalimento, l'appalto integrato, i criteri di valutazione delle offerte, l’obbligo di nomina dei commissari esterni”.
Nel medio periodo, invece, la proposta dell’Autorità “consiste nella revisione del vigente Codice dei contratti pubblici nell’ottica di semplificare le procedure applicabili, lasciare maggiore spazio alla discrezionalità delle stazioni appaltanti, definire regole certe”.
Chiaramente a fronte della sospensione del Codice appalti per le opere del Recovery, l'Autorità propone un rafforzamento dei “presidi volti a tutelare la legalità delle gare pubbliche”, soprattutto sul fronte mafia e corruzione. Per questo l’AGCM prevede la creazione di una Task force per “vigilare esclusivamente su tali opere”, costituita da funzionari provenienti dai Ministeri, dall’ANAC, dalla magistratura e dai reparti che “operano quotidianamente nel contrasto alla criminalità organizzata di tipo economico”.
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A corollario di questi due interventi di natura macroscopica, se ne aggiungono molti altri che, nel loro insieme, dovrebbero permettere la messa in atto delle due proposte principali. Scorrendo le pagine del documento inviato a Palazzo Chigi, infatti, si vede ad esempio che l'Antitrust punta con convinzione sulla digitalizzazione delle procedure e sulla specializzazione delle stazioni appaltanti alle quali vorrebbe riconoscere “una più ampia discrezionalità” nella possibilità di “applicare in modo appropriato le diverse procedure e i diversi criteri di aggiudicazione, senza essere costrette a usare modelli eccessivamente rigidi”.
Ampio spazio anche alle soluzioni per “ridurre quegli oneri burocratici che rappresentano un significativo ostacolo all’attività di impresa e creano barriere all’apertura dei mercati. In quest'ottica”, scrive infatti l’AGCM, “è essenziale intervenire utilizzando in modo più ampio quegli strumenti già previsti dall'ordinamento, che consentono di semplificare e rendere più celere la conclusione dei procedimenti amministrativi. La tempistica certa, in particolare, rappresenta una variabile fondamentale nel calcolo economico e nella scelta se avviare o meno un nuovo investimento”.
In questa prospettiva, prosegue quindi il documento, “appare utile valorizzare maggiormente il potere sostitutivo del livello territoriale di governo superiore rispetto all’inerzia di quello inferiore. Se il Comune non decide, deve intervenire la Regione e se questa è inerte la decisione si sposta in capo allo Stato. In questo modo si riconosce il valore del principio di sussidiarietà, si crea una competizione virtuosa tra istituzioni e si rende operativo il principio di responsabilità, evidenziando la differenza tra chi non ha la capacità di decidere e chi invece assume il peso della decisione”.
Le critiche di imprese e sindacati sulla proposta dell'Antitrust
Davanti alle proposte eclatanti dell’AGCM, le prime reazioni sono state quelle del presidente di ASSISTAL (l’Associazione Nazionale Costruttori di Impianti, dei Servizi di Efficienza Energetica). Secondo Angelo Carlini "la storia legislativa degli ultimi 30 anni ha segnato il raggiungimento di un equilibrio normativo, che verrebbe stravolto con il riferimento alle troppo generiche regole comunitarie. L’attuale Codice dei Contratti rappresenta la sintesi di anni e anni di confronto per il miglioramento della regolazione del mercato, per la massima garanzia del miglior risultato per le stazioni appaltanti e per il rispetto dei principi di trasparenza e di par condicio tra gli operatori".
“Ribadiamo” – ha quindi aggiunto Carlini – “la necessità per le imprese della certezza del diritto e della stabilità e quindi rifiutiamo questa narrazione secondo la quale per spendere i soldi del Recovery Plan sia consentito ignorare le regole vigenti. Siamo convinti che non sia questa la soluzione ai problemi che attanagliano il Paese da decenni. La soluzione è da ricercare nell’introduzione di correttivi e di percorsi virtuosi di rivisitazione di quei processi che generano lungaggini nelle procedure, anche in termini di organizzazione delle stazioni appaltanti che consenta loro di far fronte agli oneri procedurali. La sospensione delle attuali regole genererebbe una situazione di fragilità del nostro sistema, in primis in merito alla trasparenza, e rappresenterebbe l’ennesima occasione persa per migliorare ed attuare un impianto normativo di per sé funzionale”, ha concluso il Presidente ASSISTAL.
Meno infuocata la risposta dell’ANCE, arrivata per bocca del vicepresidente, Edoardo Bianchi. “Il codice di fatto è già sospeso da tempo - ha infatti spiegato Bianchi - e le norme in materia di lavori pubblici sono solo ormai un guazzabuglio: la polemica è quindi del tutto ingiustificata". I veri obiettivi, secondo i costruttori, restano quindi il lavoro sul dl Semplificazioni per le opere del Recovery, avviando nel frattempo una riforma organica di tutto il sistema.
Molto duri invece i sindacati, “non disponibili a destrutturazioni delle regole e delle tutele”.
Le critiche dell’ANAC alla proposta dell’Antitrust sulla sospensione del Codice appalti
Di particolare rilievo è, infine, l'opposizione che arriva dall’ANAC. Secondo l’Autorità anticorruzione, infatti, “non possiamo immaginare una semplice sospensione, totale e immediata, del Codice degli appalti e il ricorso alle sole direttive europee per l'utilizzo dei fondi Next Generation EU” che “lungi dal portare un'accelerazione, rischierebbe di bloccare le gare per l'improvvisa assenza di riferimenti certi”.
“Il riferimento alle sole direttive non basta”, spiega infatti Busia, perché “creerebbe anzi un vuoto di sistema, costringendo a stabilire cosa si applica a una serie molto vasta di profili rilevanti rimessi alla disciplina dell'ordinamento interno”.
Meglio procedere, invece, con “una revisione anche profonda della disciplina”, intervenendo su aspetti specifici ma fondamentali per snellire i passaggi e velocizzare le tempistiche come “la completa digitalizzazione delle procure, l'effettiva qualificazione delle stazioni appaltanti, la riduzione di adempimenti e oneri per le imprese, ad esempio, tramite il fascicolo virtuale dell'operatore economico”.
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