Di cosa hanno bisogno le comunità energetiche rinnovabili? Risponde Paolo d’Ermo, segretario generale World Energy Council Italia
In attesa dei decreti sulle regole e gli incentivi per le comunità energetiche rinnovabili fino a 1 MW, Paolo d’Ermo - Segretario Generale del World Energy Council Italia e membro del Comitato di indirizzo dell'IFEC, Italian Forum of Energy Communities - ci spiega di cos’hanno bisogno le comunità energetiche per svilupparsi davvero in Italia e cosa aspettarsi dal bando PNRR da 2,2 miliardi.
Incentivi per le comunità energetiche rinnovabili: facciamo chiarezza
Alle comunità energetiche non servono solo i tanto attesi decreti attuativi per la definizione di regole d’ingaggio normative e tecniche univoche e chiare. Occorre anche realizzare partnership con i territori, onde evitare che le CER siano percepite solo come un ulteriore servizio venduto agli utenti, e serve ricercare modelli di comunità energetiche rinnovabili il più possibile scalabili, per quantificare il loro impatto in termini di transizione energetica.
In questa intervista Paolo d’Ermo, Segretario Generale del World Energy Council Italia e membro del Comitato di indirizzo dell'IFEC, ci spiega nel dettaglio di cosa hanno bisogno le comunità energetiche per svilupparsi davvero in Italia.
Arriveranno forse a fine anno, con mesi di ritardo, i provvedimenti attuativi del decreto 199/2021 con le norme sulle comunità energetiche rinnovabili. Che effetto hanno questi ritardi?
Nella pratica, il maggiore effetto del ritardo accumulato consiste nell’aver ritardato numerose iniziative di soggetti che approcciandosi allo studio e alla valutazione della pre-fattibilità di una Comunità Energetica hanno preferito aspettare l’emanazione dei decreti e la definizione della regolazione.
In tale quadro, molti soggetti che nel 2022 hanno iniziato a studiare e valutare i modelli di business delle CER hanno preferito prendere a riferimento la nuova normativa di cui si attende la definizione: ovvero su un ambito geografico più allargato (molti più utenti sotto la stessa cabina primaria) e con impianti di maggiore potenza (fino a 1 MW in generale e in particolare per i Porti senza il limite del MW).
Tuttavia, questo ritardo ha anche consentito a molti soggetti, pubblici e privati, grandi e medio-piccoli, di approfondire la complessità giuridica, tecnico-finanziaria, di governance e relazionale che caratterizza le Comunità Energetiche Rinnovabili. Ci aspettiamo dunque che appena ci saranno norme e regolazione a regime molte iniziative e attori partiranno velocemente.
Di cosa hanno bisogno le comunità energetiche rinnovabili per diffondersi maggiormente?
Dalle analisi di scenario fatte e in considerazione degli sfidanti obiettivi di installazione di fonti rinnovabili è chiaro che bisogna lavorare alla ricerca di modelli di CER scalabili il più possibile per arrivare ad avere un impatto in termini di transizione energetica.
Nella fase della legislazione transitoria le iniziative sono gemmate sulla spinta di soggetti pubblici, i Comuni, e con pochi utenti e piccoli impianti. Superata la fase sperimentale bisogna abilitare la scalabilità, il che richiede: da un lato un contributo tecnico, di governance e finanziario che su grande scala possono assicurare solo soggetti con competenza ed esperienza nel settore energetico; dall’altro la ricerca di modelli di partnership con i territori per evitare che le CER siano percepite semplicemente come un ulteriore servizio che viene venduto al cliente finale dai big dell’energia.
Nelle nostre interlocuzioni con i territori rileviamo spesso questa diffidenza dei potenziali prosumers e consumers di fronte a proposte di grandi player energetici, elemento che in alcuni contesti può raffreddare lo sviluppo delle CER, se non affrontato correttamente.
E sotto il profilo normativo?
Ci sono elementi normativi e tecnici che attendono urgente risposta: uno su tutti è la mancanza di uno strumento/supporto digitale che consenta ai membri che vogliono mettersi insieme per costituire una CER di sapere se appartengono o meno alla stessa cabina di distribuzione elettrica primaria, pena l’impossibilità a far parte della stessa CER.
Il GSE sta lavorando ad uno strumento che dovrebbe essere disponibile nei prossimi mesi sul sito internet del Gestore.
Sempre sul tema della digitalizzazione, in ottica di scalabilità delle CER sarà fondamentale la collaborazione tra i provider di piattaforme informatiche e il GSE affinché si abiliti una gestione digitalizzata delle anagrafiche delle CER e dei dati sui flussi energetici e la loro valorizzazione rilasciati dal Gestore. Le comunità di cabina primaria potranno avere migliaia di utenti ciascuna quindi non è pensabile gestirle in modo efficace ed efficiente senza protocolli informatici che semplifichino l’interfaccia GSE.
Non da ultimo, è molto dibattuto e studiato il tema della forma giuridica più opportuna per la costituenda Comunità Energetica Rinnovabile, risposta a cui è difficile dare una risposta univoca in generale per la libertà concessa dalla normativa, tanto più in un periodo ancora di formazione della normativa e della regolazione stesse.
Nei prossimi mesi dovrebbe essere pubblicato il bando PNRR per le comunità energetiche rinnovabili. Cosa si aspetta?
In merito ai fondi PNRR per ora sappiamo che saranno destinati a CER giuridicamente costituite nei Comuni, non ai Comuni in quanto tali, con meno di 5.000 abitanti. E che saranno fondi a tasso zero da restituire.
Pertanto, ci aspettiamo anzitutto una conferma o meno di questi due criteri, per capire in particolare se ci sarà un’apertura a soggetti e/o un perimetro geografico più ampio. Inoltre, ci aspettiamo un’accelerazione nella costituzione di comunità energetiche rinnovabili da parte dei soggetti che hanno studiato e valutato la fattibilità nel 2022 al fine di andare ad intercettare anche questa ulteriore fonte di finanziamento.
In periodi come questi di aumento dei tassi di interesse, l’inserimento di fondi a tasso zero nel business plan di una CER porterebbe a un miglioramento sensibile del beneficio economico disponibile che potrà essere poi condiviso con i membri.
Nella strategia UE per l’energia solare si dà grande spazio alle CER. L’iniziativa europea per i tetti solari impone infatti di creare almeno una comunità energetica in ogni Comune con più di 10.000 abitanti entro il 2025. Crede sia possibile raggiungere questo obiettivo e cosa dovrebbe fare l’Italia per centrarlo?
Anzitutto ritorniamo al tema della scalabilità con i temi sopra toccati a cui aggiungerei la necessità di migliorare l’efficienza nel rilascio dei permessi di installazione di impianti da fonti rinnovabili e gli iter di allaccio degli impianti alla rete degli stessi.
Su questo il governo Draghi ha iniziato un lavoro importante, ancora una volta ci si attendono decreti attuativi che dovrebbero migliorare la situazione in particolare per il fotovoltaico. Ma mi fa piacere anche ricordare che le CER non sono solo fotovoltaico, nell’intento del legislatore europeo e anche negli orientamenti che leggiamo in Italia si fa riferimento a energie rinnovabili, quindi in diversi contesti territoriali le CER potranno dare impulso anche allo sviluppo di altre rinnovabili come per esempio il mini-idroelettrico e la biomassa.