Basilea 3: regolamentazione bancaria uniforme e Pmi al centro del convegno annuale ABI
Due giorni per dibattere sugli elementi di criticità di Basilea 3, con impatto sia sulla gestione bancaria che nel rapporto banche e imprese. L'occasione è il Convegno annuale dell'Associazione bancaria italiana (ABI), dedicato a tutti i temi legati alle regolamentazioni di Basilea 3, in programma oggi e domani a Roma. I principali temi affrontati riguardano la necessità di ottenere una regolamentazione uniforme , quindi, una effettiva unione bancaria a livello europeo, nonchè quella di cambiare le regole per le piccole e medie imprese, in favore di misure ad hoc.
Con l'espressione Basilea 3 si indica un insieme di provvedimenti approvati dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria in conseguenza della crisi finanziaria del 2007-08, con l'intento di perfezionare:
- la preesistente regolamentazione prudenziale del settore bancario (a sua volta denominata Basilea 2),
- l'efficacia dell'azione di vigilanza,
- la capacità degli intermediari di gestire i rischi che assumono.
Il nuovo accordo impone requisiti patrimoniali più severi per l'operatività delle banche, in modo che gli istituti abbiano più risorse per resistere a una crisi come quella dei mutui subprime che ha interessato il sistema finanziario internazionale.
L'entrata in vigore sarà graduale, dal 1 gennaio 2013 per arrivare alla piena attuazione al primo gennaio 2019.
Regolamentazione uniforme
Al Convegno ABI è stato sottolineato come non sia ancora assicurata la sincronizzazione temporale della regolamentazione USA con l’UE, e soprattutto che negli Stati uniti non sembrano esservi proposte di nuove regole per la gestione del Rischio di liquidità (causa primaria della crisi finanziaria partita proprio oltre oceano).
La stessa incertezza riguarda la compatibilità dei coefficienti patrimoniali.
Ai fini, infatti, di vedere realizzata l'impostazione di un mercato europeo unico, minata anche della recente proposta di introdurre flessibilità nazionali nel fissare requisiti patrimoniali e ponderazioni più severe, occorre una misura precisa dei rischi, che consenta coerenza, tra intermediari e tra Paesi, nella modalità di computo delle attività di rischio ponderate (RWA), per evitare disparità competitive a sfavore delle nostre banche.
Piccole e medie imprese
“Banche e imprese, insieme, nei mesi scorsi hanno chiesto alla Commissione e al Parlamento europeo di riconoscere l’importanza delle piccole e medie imprese per la crescita - ha spiegato Giovanni Sabatini, Direttore generale dell’Associazione bancaria - e di verificare l’effettiva esistenza di un minor rischio aggregato, che renda ingiustificata l’estensione ai portafogli di Pmi dell’inasprimento dei requisiti minimi patrimoniali delle banche che le finanziano”.
“In un momento di scarsa crescita come quello attuale - ha aggiunto Sabatini -, è fondamentale evitare un credit crunch provocato dalle regole, che scatenerebbe i suoi effetti più rilevanti proprio su quelle piccole e medie imprese che rappresentano il nucleo del mondo produttivo italiano, composto per il 95% da realtà produttive di piccole e medie dimensioni e giocano un ruolo chiave nell’economia dell’intera Unione europea”.
Ha, poi, messo in guardia sul fatto che “una decelerazione del tasso di crescita del credito potrebbe avere effetti negativi rilevanti sulla velocità di ripresa dell’economia, con un diverso impatto tra Europa e Stati Uniti a causa della diversa dipendenza dal credito bancario che, in base alle nostre stime, per le imprese europee si attesta al 75%, mentre per quelle d’oltreoceano non va oltre il 23%”.
In tal senso, è stato ricordata, nel corso del Convegno, la prima approvazione - della Commissione Affari economici e finanziari del Parlamento europeo, lo scorso 14 maggio - di una soluzione volta ad attenuare i rigori della normativa, non applicando, per la parte dei prestiti alle Pmi, i maggiori requisiti di capitale richiesti alle banche dai regolatori dopo la crisi. Si tratta del "Pmi Supporting Factor", la proposta sostenuta in maniera congiunta da banche e imprese per una sua applicazione a livello europeo.
In pratica, sui finanziamenti concessi alle Pmi, il requisito patrimoniale richiesto alle banche resterebbe all’8% attuale senza salire al 10,5% previsto dalla normativa.
Secondo la proposta fatta dall’ABI e dalle altre rappresentanze d’impresa italiane, sostenuta con forza dalla Commissione europea e fatta propria dalle associazioni bancarie e imprenditoriali europee, il “Pmi Supporting Factor” andrebbe applicato a tutte le banche a prescindere dal metodo di ponderazione del rischio che queste utilizzano. In tal modo il fattore correttivo verrebbe applicato anche a quei piccoli istituti di credito che non adottano metodi di rating interno, ma che finanziano quasi esclusivamente Pmi, evitando così potenziali restrizioni di credito, soprattutto, per le medie e piccole realtà produttive.