Forum PA - dal GPP alle certificazioni, cosi’ cresce l’economia circolare
Il valore - economico ed ambientale - dell’economia circolare non si discute. Ma sviluppare nuovi business sostenibili non sempre è così semplice. E la PA ha il dovere di fornire soluzioni.
> PA - Italia prima in Europa e terza nel mondo per appalti verdi
Solo una domanda green può generare un’offerta green: detto in altri termini, attraverso la domanda di prodotti e servizi sostenibili, la PA è in grado di condizionare il mercato ed accompagnare la transizione verso un modello di economia circolare.
Semplice sulla carta, meno nella pratica. Perchè se è vero che molte aziende hanno iniziato da tempo ad imboccare la strada dell’economia circolare, cogliendone il valore economico, lo stesso non si può dire per le Amministrazioni pubbliche.
Il pacchetto UE - presentato alla fine del 2015 e contenente una serie di misure per incentivare la transizione dell’Europa verso un’economia circolare, rafforzare la competitività a livello mondiale e stimolare la crescita economica sostenibile e la creazione di nuovi posti di lavoro - è servito a rilanciare idee e concetti che le aziende stavano già sviluppando.
> Economia circolare - accordo su norme UE per riduzione rifiuti
Aziende pronte a sperimentare e rischiare
“Non esiste ancora una risposta di cosa significhi favorire l'economia circolare nella PA. E' difficile esercitare quelle funzioni che possono veramente stimolare la transizione verso l'economia circolare”, sottolinea Mariagrazia Pedrana, della direzione Generale Ambiente e Clima della Regione Lombardia nel corso del seminario “L’economia circolare e l’uso efficiente delle piattaforme per la sharing economy” tenutosi nella giornata conclusiva del Forum PA.
“La Regione sta cercando di capire quali sono le esigenze degli stakeholder. Abbiamo mappato una cinquantina di progetti delle aziende del territorio dedicati all'economia circolare: sono emerse tantissime opportunità in diversi settori in cui ci sono margini di miglioramento e sviluppo”. Il tessile e l’edilizia, in primis, ma anche la bioeconomia, l’agroalimentare, la plastica e i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).
“Abbiamo trovato nelle imprese una grande propensione al rischio e alla sperimentazione, nonostante le incertezze normative e le scarse garanzie di redditività”, sottolinea Pedrana.
Ma da sola tale propensione non basta, e imprese e Pubblica amministrazione si trovano a dover fronteggiare una serie di difficoltà. La prima riguarda il reperimento, spesso complicato, delle materie prime seconde, che comporta costi notevoli.
Inoltre, sussiste una certe sfiducia nei confronti dei nuovi prodotti. Si prenda il caso dell’edilizia: i prodotti riciclati esistono, hanno tutte le carte in regola per essere impiegati nelle costruzioni, eppure sussiste ancora una certa resistenza ad impiegarli.
Per superare un simile ostacolo può entrare in ballo la PA: “va certificata la performance di questi prodotti”.
Altra sfida determinante, secondo la rappresentante della Regione Lombardia, sta nel mettere in rete le aziende dei diversi settori, farle dialogare affinché possano sfruttare le occasioni di investimento e crescita offerte dall'economia circolare.
GPP e certificazione: le “armi” della PA per favorire l’economia circolare
Gli appalti pubblici rappresentano circa il 14% del PIL dell’UE, grosso modo 2mila miliardi di euro l’anno: in virtù di queste cifre, possono dare un forte impulso alla diffusione di beni e servizi sostenibili. E uno dei mezzi per farlo è il Green Public Procurement (GPP).
Nel nostro Paese il GPP ha assunto un ruolo di leva strategica capace di migliorare gli acquisti delle PA con l’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti. Con questo testo, i Criteri Ambientali Minimi sono stati introdotti in tutte le procedure d’acquisto pubblico di servizi, prodotti e lavori e, all’interno dei CAM, è stato previsto il frequente ricorso alle valutazioni di conformità accreditate, intese sia come certificazioni sia come prove di laboratorio.
“Il GPP è un grande volano per la diffusione di prodotti circolari”, sottolinea Simona Faccioli, direttrice dell’Associazione ReMade in Italy, che promuove a livello nazionale ed internazionale i prodotti “made in Italy” derivanti dal riciclo.
L’associazione ha realizzato Remade In Italy, il primo schema di certificazione accreditato in Italia sul riciclo, con regole e procedure fissate al fine di verificare la tracciabilità e la trasparenza del processo produttivo. Una sorta di “carta d’identità” del prodotto, che può essere impiegata in sede di gara, rappresentando una notevole semplificazione per la PA.