Sviluppo: due motivi per puntare sull'Euromediterraneo
La crescita dei paesi Euromed non è solo una questione di solidarietà. Un Mediterraneo prospero, infatti, offre opportunità di crescita economica anche alle imprese europee, in primis quelle italiane. A dirlo, dati alla mano, banche e assicurazioni durante un webinar promosso dal FEBAF.
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Investimenti infrastrutturali e export. Sono questi i due principali motivi che dovrebbero spingere l’Italia e l’UE a puntare con convinzione sullo sviluppo dei paesi Euromed.
Dalla prosperità dei nostri vicini di casa, infatti, dipenderà anche molta della crescita italiana e europea dei prossimi anni. Questo, però, a condizione di agire ora, nonostante le difficoltà causate dall’emergenza Covid, anche “difendendo” il Mare nostrum dalla presenza crescente di altri player, a cominciare dalla Cina.
L’analisi è emersa durante il webinar “Euromed: il finanziamento degli investimenti nell'Euromediterraneo”, promosso ieri dalla Federazione banche assicurazioni e finanza (FEBAF).
Investimenti infrastrutturali: il caso egiziano
A dare il polso sulle opportunità offerte dalla crescita dei paesi euromediterranei, è l’Egitto. Dopo l'instabilità causata dalla primavera araba, infatti, negli ultimi anni il Paese ha avviato una grande stagione di investimenti infrastrutturali, accompagnati da interessanti riforme per attrarre investimenti esteri e favorire l’iniziativa privata.
Tra le infrastrutture Dante Campioni, Managing Director & CEO, AlexBank (gruppo Intesa Sanpaolo), cita il piano dei trasporti che prevede la costruzione di chilometri di nuove strade, l’ampliamento della metro de Il Cairo e il raddoppio del Canale di Suez.
A queste si aggiungono le infrastrutture energetiche, con l'obiettivo di incrementare sia la produzione di energia elettrica, anche da fonti rinnovabili, sia la rete di distribuzione smart grid.
Sul fronte del miglioramento del “business environment”, invece, Campioni ricorda le recenti riforme, condivise anche con l’FMI, per favorire lo sviluppo delle imprese private e attrarre investimenti esteri. Gli investimenti pubblici, infatti, ormai non bastano più e per sviluppare il Paese c’è sempre più bisogno di capitali privati, sia locali che stranieri.
Non sorprende, quindi, la volontà dichiarata del governo egiziano di favorire la privatizzazione delle industrie pubbliche, così come la presenza di incentivi fiscali per la produzione industriale in alcune aree del Paese.
Export: il Mediterraneo come gateway verso l’Africa
Ma i paesi Euromed non sono interessanti solo per la stagione di grandi opere infrastrutturali che hanno in corso. Le opportunità, infatti, sono anche di natura commerciale, sia per quanto riguarda i mercati interni di questi paesi (con i loro 780 milioni di consumatori), sia quelli dei vicini stati africani.
Anche in questo caso un esempio viene fornito dall’Egitto, per il quale - ricorda Campioni - l’Unione europea è il primo parte commerciale e industriale (con l’Italia al primo posto tra i paesi UE). Con i suoi sedici accordi commerciali che raggiungono 107 paesi nel mondo e l’avvio dal 1° gennaio 2021 del primo nucleo del mercato unico africano che sarà composto all'inizio da 30 stati, l’Egitto (ma come lui anche gli altri paesi dell’area) rappresenta il gateway tramite cui le imprese europee possono operare più semplicemente in Africa.
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L’impatto del Covid nei paesi Euromed
La pandemia, però, rischia di bloccare lo sviluppo di questi paesi. A pesare sono soprattutto:
- Il crollo del turismo, che per molti di loro rappresenta una voce importante del PIL;
- La contrazione degli scambi commerciali;
- La riduzione delle rimesse dall’estero che, come il turismo, è un’altra componente fondamentale dei flussi valutari.
A differenza dell’UE, però, le condizioni di partenza sono peggiori. Si tratta di paesi - commenta infatti Fabio Massimo Castaldo, Vice Presidente del Parlamento UE e membro della Delegazione all'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo - che hanno infrastrutture molto più fragili e che, sotto il peso della crisi, rischiano di collassare. La crisi economica causata dalla pandemia, quindi, metterà a dura prova la coesione economico e sociale interna di questi paesi, accentuando anche il rischio di radicalizzazione.
Uno scenario che l’UE non può permettersi, sia dal punto di vista della sicurezza, sia da quello dell’economia.
Per questo, conclude Cataldo, l’UE deve avere una politica di vicinato ambiziosa, stanziando fondi adeguati per la tenuta anche di questi paesi. Se così non fosse, passata la crisi, la situazione che potremmo trovarci davanti è quella di un’area impoverita, radicalizzata e confluita sotto la sfera di influenza di paesi terzi.
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L’antidoto alla crisi: una grande stagione di investimenti pubblici
Per rispondere alla crisi causata dalla pandemia, servono fondi e visione. La ripresa economica, infatti, non sarà immediata e all'inizio sarà trainata da un massiccio aumento dei debiti pubblici. Una situazione che, nei prossimi anni, richiederà l’adozione di interventi importanti di rientro del debito.
Ma nel frattempo - commenta Luca Colussa, Multi & Quant Strategies Specialist, Generali Investments Partners - vanno sfruttate le risorse messe a disposizione in questi mesi per fare investimenti e riforme, in modo da rendere la seconda metà di questo decennio una stagione di crescita e non di crisi economica.
E questo vale sia per l’UE, che per i paesi euromed. All’Italia il compito di spingere, anche in sede europea, verso questa direzione. L’augurio - conclude Paolo Garonna, Segretario Generale del FEBAF - è che la Conferenza sul futuro dell’Europa prevista nei prossimi mesi rimetta al centro del dibattito anche la rilevanza strategica del rapporto Euromed.
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