Sviluppo rurale - approccio strategico nei PSR 2014-2020
Rispetto allo scorso settennato, i nuovi PSR puntano maggiormente su conoscenza e innovazione e competitività dell'agricoltura
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Nonostante gli elementi di continuità con la programmazione precedente, i nuovi Programmi di Sviluppo Rurale (PSR 2014-2020) presentano diversi elementi di novità, dall'incremento dei budget per formazione e cooperazione alla maggiore attenzione agli obiettivi ambientali. In aumento anche il sostegno agli investimenti per la competitività del settore primario, mentre arretrano quelli per la diversificazione delle attività rurali.
Il quadro emerge da uno studio realizzato per la commissione Agricoltura del Parlamento europeo che analizza i PSR attivati nei diversi Stati membri e denuncia, ancora una volta, il peso eccessivo degli oneri burocratici.
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PSR 2014-2020, focus su ambiente e competitività
A livello generale, si legge nello studio, molti PSR hanno concentrato le risorse su una gamma più ridotta di misure rispetto al passato, aumentando le allocazioni per le misure ambientali e per gli investimenti a sostegno della competitività.
In particolare, in media circa metà della spesa degli Stati membri (46%) è stata allocata sulla Priorità 4 (Ecosystems management) cui si aggiunge, sempre in tema di ambiente, un ulteriore 8% andato alla Priorità 5 (Low carbon and climate resilience in agriculture and forestry), mentre il 21% delle risorse è stato destinato alla Priorità 2 (Competitiveness and viability).
Tra le novità dei PSR 2014-2020 rientrano anche la nuova misura per la Cooperazione e l'aumento della spesa per l'approccio Leader che viene percepito come lo strumento chiave, nell'ambito del FEASR, per lo sviluppo rurale in senso ampio.
Le misure più popolari sono le compensazioni per le aree soggette a svantaggi naturali, i pagamenti agro-climatico-ambientali e il sostegno agli investimenti, anche se la loro importanza relativa varia nei diversi Stati membri e nelle differenti Regioni di ciascun Paese Ue. Ad esempio, in Italia e in Germania, mentre alcune Regioni in ritardo di sviluppo continuano a sostenere la diversificazione economica, quelle più ricche puntano maggiormente su innovazione e semplificazione burocratica.
Questi cambiamenti, che il report spiega in parte come mosse strategiche, derivano da diversi fattori, come le performance deboli conseguite da alcune misure nel periodo 2007-2013, la pressione della Commissione europea per il rispetto dei target in materia di clima e ambiente e quella degli stakeholder che chiedono aiuti più consistenti a sostegno degli investimenti delle aziende agricole.
Alla base di queste novità, però, ci sarebbero anche tentativi di migliorare l'efficienza amministrativa, a fronte della preoccupazione per gli oneri di audit e della paura di incorrere in sanzioni, che in certi casi - rileva lo studio - stanno agendo come ostacoli ad un uso più creativo e flessibile del Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale 2014-2020. La semplificazione, conclude il rapporto, continua ad essere una priorità e dovrebbe orientare i lavori di Parlamento e Consiglio dell'Unione sulla Politica Agricola Comune (PAC) anche in futuro.
I PSR in Italia
Il report propone poi un'analisi comparativa delle scelte effettuate dalle Regioni di Italia, Francia, Germania e Spagna, che rispecchiano molti dei modelli individuati nell'analisi a 28 Stati, ma con importanti distinzioni.
Ad esempio, in Germania, l'aumento del carico amministrativo e dei controlli in relazione al FEASR ha spinto in alcuni casi a sottrarre le misure più complesse all'ambito dei PSR e a finanziarle e gestirle nel quadro di politiche nazionali distinte, notificandole come aiuti di Stato. In Francia, invece, la configurazione dei PSR è stata condizionata dalla riduzione delle risorse disponibili nell'ambito del I Pilastro, che ha condotto a un uso compensativo del II Pilastro, e dal protagonismo degli stakeholder che in alcuni casi tendono a un forte conservatorismo a favore delle misure più tradizionali.
In Italia e in Spagna, nonostante le inevitabili differenze dovute al grado di ricchezza e in generale alla diversità delle varie Regioni, si rileva un forte accento sull'occupazione e sullo sviluppo delle imprese nei settori agricolo e forestale, mentre la capacità amministrativa appare come un fattore limitante.
Più in dettaglio, quanto all'Italia, il report ricorda che la programmazione 2014-2020 si articola in due PSR nazionali e 21 PSR regionali, a valere su risorse FEASR pari a circa 10,4 miliardi di euro.
In generale, nel nuovo settennato l'allocazione delle risorse privilegia gli obiettivi ambientali e la competitività a scapito delle risorse per la diversificazione rurale. Se sommiamo i budget, le Priorità 4 e 5 assorbono infatti il 41% dei fondi, con le Regioni meno sviluppate che si distinguono per intensità degli investimenti sulla Priorità 4 e le più sviluppate che risultano sopra la media nazionale per attenzione alla Priorità 5.
Quanto al tema della competitività, mentre le Regioni in ritardo di sviluppo hanno dato maggiore enfasi al ricambio generazionale in agricoltura, in quelle più avanzate l'attenzione è volta soprattutto allo sviluppo della filiera alimentare.
La principale novità del periodo 2014-2020 riguarda però il Programma di sviluppo rurale nazionale 'Gestione del rischio, infrastrutture irrigue e biodiversità animale', che può contare su oltre 2 miliardi di euro, con un aumento della spesa pubblica del 18% rispetto al periodo 2007-2013, riconducibile soprattutto al passaggio degli strumenti di gestione del rischio dal I al II Pilastro e quindi alla possibilità di finanziarli nell'ambito dei PSR.
Gli strumenti di gestione del rischio, infatti, possono essere gestiti in maniera più efficiente a livello nazionale, perché richiedono regole comuni e un'expertise amministrativa non ancora disponibile a livello delle singole Regioni.
Strumenti di gestione del rischio in agricoltura nel periodo 2014-2020
Il tema degli strumenti di gestione del rischio e del loro finanziamento nell'ambito dei Programmi di sviluppo rurale è stato affrontato anche da un altro studio presentato al Parlamento Ue, 'State of play of risk management tools implemented by Member States during the period 2014-2020, che analizza le disposizioni attuative adottate dagli Stati membri.
Nel periodo 2007-2013 le possibilità per finanziare gli strumenti di gestione del rischio erano date dalla PAC, con l'articolo 68 del Regolamento e alcune condizioni specifiche per ortofrutta e vino, e dalla normativa sugli aiuti di Stato, con riferimento agli aiuti ex ante, con le sovvenzioni per le assicurazioni sui raccolti e le mutue, e con gli interventi ex post, cioè gli aiuti di crisi ad hoc.
Nel periodo attuale questo quadro è cambiato: la PAC mantiene infatti il sostegno specifico all'ortofrutta e al vino, ma gli strumenti di gestione del rischio (assicurazioni sui raccolti, mutue, strumenti di stabilizzazione del reddito) sono stati spostati dal I al II Pilastro. L'Italia è tra i Paesi che hanno scelto di sfruttare questa opportunità, che secondo lo studio richiede però alcune riflessioni.
Innanzitutto, nell'Ue non esiste un quadro armonizzato per la gestione del rischio, ma modelli diversi per livelli di copertura e strumenti. L'appello per il futuro è a progettare una riforma del quadro attuale che preveda norme comuni, ma che sia compatibile con i modelli esistenti e cioè che consenta agli Stati membri di fare affidamento sull'esperienza accumulata, senza mettere in pericolo i sistemi che funzionano e che hanno fornito un sostegno prezioso agli agricoltori.
Inoltre, si legge, è essenziale che i rischi siano stratificati in base a diversi livelli di gravità, per posizionare ogni strumento all'interno di una piramide attraverso la quale il rischio può essere trasferito, condiviso e messo in comune. La chiarezza nella definizione dei livelli consentirebbe ai settori pubblico e privato di costruire partenariati efficaci di coassicurazione/riassicurazione per le crisi più gravi, quali catastrofi o rischi sistemici.
Secondo lo studio, le misure di gestione del rischio dovrebbero essere contemplate in un pilastro specifico di gestione dei mercati della PAC e la riserva di crisi dovrebbe essere programmata al di fuori del bilancio. Le crisi dei mercati agricoli sono infatti generalmente imprevedibili e all'interno del bilancio il principio dell'annualità non permette la flessibilità necessaria.
Per evitare che i rischi assicurabili vengano compensati con i pagamenti ad hoc, proseguono gli autori, l'ammissibilità a questi meccanismi dovrebbe essere condizionata alla precedente partecipazione degli agricoltori ai fondi comuni di investimento, agli strumenti di stabilizzazione del reddito o a programmi di assicurazione. Ciò aumenterebbe la corresponsabilità e l'autosufficienza degli agricoltori.
Quanto alla prevenzione delle crisi, infine, si raccomanda l'attivazione di un osservatorio comune dei mercati agricoli che permetterebbe l'attivazione di meccanismi di allerta rapida per far scattare gli aiuti automaticamente e in maniera trasparente.
Infine, organizzazioni e associazioni di organizzazioni dei produttori dovrebbero potere effettuare misure di adeguamento della produzione per prevenire le emergenze, assicurando che questa si regoli sulla domanda in termini di quantità e di qualità. Al contrario, le norme attuali sono, secondo lo studio, i principali ostacoli all'implementazione di pratiche di prevenzione delle crisi da parte di OP e AOP.
> Programmes implementing the 2015-2020 Rural Development Policy