Conflitto di interessi - ANAC, come migliorare regole e prassi
Con la pubblicazione di due nuovi working paper, l’ANAC prosegue l'approfondimento sullo scottante tema del conflitto di interessi, focalizzandosi su due aspetti: la sua presenza nello svolgimento di incarichi amministrativi e la prassi sviluppata dall’ANAC sul tema.
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La Collana scientifica dell'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) si è arricchita di due nuovi studi: “L’ANAC e la disciplina dei conflitti di interessi” e “La prassi dell’ANAC in materia di conflitto di interessi”.
Entrambe le ricerche - condotte da Angelo Lalli, Arianna Moreschini e Marco Ricci - contribuiscono a far luce sull’evoluzione in Italia del quadro normativo in materia di conflitto di interessi approfondendo, ciascuna, un aspetto specifico.
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La disciplina dei conflitti di interessi negli incarichi pubblici
Nel descrivere il quadro normativo sui conflitti di interessi nello svolgimento degli incarichi amministrativi, lo studio mette in luce la complessità dell’apparato italiano sul tema - sia sul fronte delle misure di prevenzione che su quello dei principali rimedi - e che è generata dalla presenza di numerose norme e dalla loro frequente intersezione.
In tale contesto, l’ANAC svolge un ruolo importante sia in termini di vigilanza, sia sotto il profilo di interpretazione della normativa.
Si tratta, tuttavia, di un ruolo che possiede ancora degli elementi ambivalenti che, invece, andrebbero definiti. Fra questi c’è sicuramente il rapporto tra l’ANAC e il Responsabile della corruzione, prevenzione e trasparenza (RPCT).
Gli autori, infatti, si soffermano sulla “incoerenza tra l'attribuzione all'Autorità di un potere di accertare la nullità di un atto di conferimento dell'incarico” e la possibilità per il RPCT (chiamato dalla legge ad esprimere un'ulteriore dichiarazione di nullità) “di «ribaltare» gli esiti del procedimento dell'ANAC, decidendo altresì di non contestare alcuna inconferibilità”.
La questione - che anche secondo il Consiglio di Stato dovrebbe essere velocemente risolta perché «socialmente utile» - costituisce “una problematica di assoluta rilevanza”.
Per gli autori dello studio, una soluzione efficace “potrebbe consistere nel riconoscere all'Autorità una legittimazione speciale in virtù della quale poter impugnare i provvedimenti del RPCT di segno contrario rispetto alle proprie delibere. Tale aspetto - proseguono i ricercatori - rappresenterebbe l'elemento di chiusura del sistema di prevenzione e repressione dei conflitti di interessi”.
Del resto l’ANAC “è titolare di una legittimazione speciale in materia di contratti pubblici (...) e anche nel caso dei conflitti di interessi l’Agenzia dispone di specifici poteri di vigilanza”. Si tratta di una situazione in base a cui, secondo gli autori della ricerca, sembrerebbe sussistere un ulteriore argomento a favore dell'attribuzione all’ANAC di una legittimazione straordinaria anche per le violazioni del decreto” n. 39 del 2013 in materia di conflitto di interessi.
L’altro punto attualmente dolente - perchè non pienamente disciplinato - è quello che riguarda il conflitto di interessi degli organi amministrativi e di controllo delle società pubbliche (che non rientra tra le tipologie di conflitto normate dal d.lgs n. 39 del 2013).
Su questo fronte, secondo gli autori, sarebbe auspicabile identificare formalmente un'autorità competente a vigilare su questo tipo di conflitto di interessi e tale autorità dovrebbe essere l’ANAC. L’Autorità, infatti, già da tempo è chiamata a rilasciare un parere prudenziale su queste forme di conflitto e, data la rilevanza che esse assumono nel panorama nazionale nonché l'indiscussa competenza dell’ANAC in materia, una attribuzione formale di tale autorità all’Agenzia contribuirebbe a rinsaldare le misure di prevenzione e di contrasto al fenomeno.
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Il ruolo dell’ANAC nell’interpretare le norme
Il secondo studio si sofferma, invece, sulla prassi sviluppata dall’ANAC in materia di conflitti di interessi.
In tutti questi anni, infatti, l’Autorità ha spesso portato alla luce le criticità presenti nella normativa in materia di conflitti di interessi. Si pensi, ad esempio, alla lacuna - rilevata dall’ANAC - presente nell’art. 12 del Decreto 39/2013, “relativa alla mancata previsione dell’incompatibilità tra gli incarichi dirigenziali in amministrazioni statali e le cariche di indirizzo politico presso enti di livello regionale, comunale o provinciale”.
Si questo tema come su altri, l’ANAC ha sempre provveduto a segnalare al legislatore le criticità rilevate senza che però, a tali segnalazioni, sia sempre seguito un pronto adeguamento normativo.
Su questo fronte, quindi, gli autori della ricerca auspicano adesso un cambio di passo capace di portare ad una predisposizione del “quadro normativo funzionale al contrasto dei conflitti di interessi” e capace di sanare le numerose criticità evidenziate in questi anni dall’Autorità.
Altro punto particolarmente delicato, su cui si sofferma l'analisi, è quello che riguarda l’individuazione di adeguate misure di contrasto ai conflitti di interessi c.d. «strutturali» che spesso - rileva lo studio - non possono essere sanati tramite il rimedio dell'astensione.
Su questo punto i ricercatori confermano, in linea generale, il funzionamento della strategia attualmente in vigore e che si basa esclusivamente su di una fattiva collaborazione tra l'ANAC e le varie amministrazioni coinvolte. La ricerca, però, non manca di evidenziare che la condizione essenziale per il reale funzionamento di questo rapporto collaborativo debba comunque essere l'attuazione finale delle valutazioni dell’ANAC da parte delle amministrazioni coinvolte, evitando che tali indicazioni restino, invece, lettera morta.
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