SACE rapporto export 2021: l’Italia tra vecchi problemi e nuove opportunità
Anche se l’export torna a correre, sulla ripresa gravano le incertezze della pandemia e la reale attuazione del PNRR. Se l’Italia però farà la brava, SACE ha calcolato che nel 2025 grazie al Recovery l’export potrebbe crescere di un ulteriore 3,5% rispetto allo scenario base presente nel rapporto, che in soldoni significa 553 miliardi di euro in più.
Cosa c’è da sapere sul servizio di SACE per la ricerca di un TEM
Mai come quest’anno il rapporto annuale di SACE sull’export rappresenta una bussola fondamentale per le imprese italiane. Il dossier infatti non solo aiuta a districarsi nell'instabilità dello scenario attuale, mettendo in fila la molteplicità dei fattori in ballo e stilando una mappa dei settori e delle economie che si riprenderanno prima. Ma fa anche i conti con le sfide e le opportunità offerte dal PNRR che il ministro dell’economia Daniele Franco - presente all’evento di presentazione del rapporto - invita a non vedere come la bacchetta magica ai cronici problemi italiani, in un richiamo alla responsabilità e alla serietà da parte di tutti: PA, imprese e cittadini.
E allora, giocando sul titolo del rapporto di quest’anno “Ritorno al futuro: anatomia di una ripresa post-pandemica”, il messaggio che emerge dalle oltre due ore di presentazione è che il futuro del nostro Paese si gioca oggi, non domani.
Il modo in cui arriveranno effettivamente a terra gli investimenti (a cominciare da quelli infrastrutturali), la capacità di fare le riforme (e di mantenerle) così come quella di “fare sistema” tra pubblico e privato (ma non solo) sono infatti i fattori su cui poggeranno o meno le basi per la crescita strutturale e sostenibile dell’Italia di domani.
Molto è stato fatto, a cominciare ad esempio proprio dalla riforma del sistema SACE che dal 2021 ha visto ampliato il proprio mandato di intervento dal tradizionale supporto all’export (comunque sempre più sofisticato grazie ad esempio alla recente alleanza con C2FO, la più grande piattaforma al mondo per il capitale circolante), a quello verso il mercato domestico (con Garanzia Italia) e gli investimenti green (grazie ad esempio ai sustainable loan).
Per approfondire: Garanzia Italia, come funzionano i finanziamenti garantiti da SACE
Molto altro, però, resta ancora da fare. Non solo sul fronte riforme, come quella del Codice appalti. Ma anche sulla capacità di fare sistema tramite l’avvio di partnership pubblico-private, ad esempio nel settore delle assicurazioni, spiega la presidente di ANIA Bianca Maria Farina. Se infatti pubblico e privato collaborassero di più, da un lato aumenterebbe la protezione di imprese e famiglie (con risparmi notevoli in caso di catastrofi naturali, ormai sempre più frequenti). Dall'altro si potrebbero convogliare maggiori risorse verso l’economia reale. Se il pubblico sostenesse infatti l’aumento della capacità di famiglie e imprese ad assicurarsi (attualmente tra le più basse in Europa), si potrebbero liberare nuove ed ingenti risorse per gli investimenti che oggi invece sono tenute ferme come “assicurazione” sugli imprevisti del futuro.
I contenuti del rapporto export 2021 di SACE
Passando ai dati presenti nel report, sono tante le fotografie che emergono dai numeri analizzati dagli analisti di SACE. Gli scambi globali ad esempio sono tornati a correre, con quelli di merci che cresceranno di circa il 10% nel 2021. Idem per le esportazioni italiane di beni che, a differenza delle precedenti previsioni di SACE, nel 2021 cresceranno in valore dell’11,3%, più che compensando quanto “perso” nel 2020. “Un recupero - sottolinea SACE - migliore rispetto a quanto previsto dal modello per i nostri principali peer europei e che consentirà all’Italia di mantenere invariata la propria quota di mercato mondiale anche nel 2021”.
Discorso diverso per il recupero dell’export italiano di servizi (+5,1%) che nel 2021 resterà ancora parziale, più colpito dalle misure restrittive e dalla persistente incertezza (soprattutto nella componente del turismo) e che quindi dovrà attendere il 2022 per una ripresa completa.
Utile anche il “medagliere” dei nostri principali partner commerciali, che sono stati suddivisi in quattro gruppi.
Tra le “medaglie d’oro” (cioè tra i paesi dove le vendite di beni italiani sono attese in rapida ripresa già nel 2021 e con una dinamica intensa anche nel triennio seguente) figurano, oltre ad alcuni importanti partner come Stati Uniti, Germania e Svizzera, anche la Cina e diversi mercati dell’Asia pacifico.
Tra gli argenti (cioè tra i paesi in cui il recupero sarà completo già nell’anno in corso, ma seguirà una dinamica più contenuta negli anni successivi) sono finiti mercati di sbocco dipendenti dai corsi delle materie prime (come Brasile, Arabia Saudita, Malesia e Ghana), nonché altre destinazioni europee (ad esempio Francia, Paesi Bassi).
Bronzo invece per paesi come il Regno Unito, la Spagna o la Turchia dove (per motivi diversi) il recupero dei valori pre-crisi resterà incompiuto nel 2021, pur mostrando buone prospettive di crescita in un orizzonte temporale più ampio.
Fuori dal podio, infine, quei mercati che scontano fragilità economiche e politiche, oppure gli effetti depressivi della domanda derivanti dalla pandemia, come la Romania, la Grecia e l’Argentina.
Il potenziale del PNRR per l’economia italiana, tra investimenti e riforme
Come anticipato però, il rapporto di SACE è prezioso non solo per la fotografia sull’export e per i due scenari alternativi che contiene (in caso di recrudescenza o di maggiore miglioramento del quadro complessivo), ma anche per l’analisi dei potenziali effetti del PNRR sulla nostra economia.
Nonostante infatti lo scenario base includa già gli effetti degli investimenti pubblici del PNRR, SACE ha condotto anche “un ulteriore esercizio al fine di valutare gli impatti economici di una piena realizzazione delle riforme strutturali annunciate e del loro mantenimento in un orizzonte di medio periodo”.
Se andasse così, “l’intensità della crescita del Pil italiano sarebbe più marcata lungo l’orizzonte di previsione, soprattutto nell’ultimo triennio” e nel 2025 l’output nazionale aumenterebbe del 2,7% rispetto al modello base.
I motivi sono presto detti. La maggiore crescita sarebbe infatti trainata da un’ulteriore spinta degli investimenti, sostenuti da un contesto istituzionale e regolatorio maggiormente efficiente e competitivo, con condizioni finanziarie.