Pressing delle associazioni sulla legge per l'agricoltura biologica
L'agricoltura biologica ha bisogno di una legge, e in fretta, per cogliere le opportunità della strategia Farm to Fork e del crescente interesse dei consumatori verso il bio. Così Aiab, Assobio e Federbio prendono posizione sul rischio che il passaggio alla Camera non conduca all'atteso via libera del ddl già approvato dal Senato.
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Il nodo del contendere è l'agricoltura biodinamica, secondo alcuni una disciplina senza fondamento scientifico che non dovrebbe rientrare nel perimetro del disegno di legge sull'agricoltura biologica e quindi neanche accedere al Fondo per lo sviluppo della produzione bio e ai finanziamenti per la ricerca nel settore previsti dal testo.
L’agricoltura biodinamica, così come l'agricoltura biologica, è però normata e sottoposta a certificazione obbligatoria nell’Unione europea ormai da 30 anni, obiettano Aiab, Assobio e Federbio, in un appello comune ai parlamentari affinché la legge venga confermata dalla Camera, che l'aveva approvata in prima lettura due anni fa, senza ulteriori modifiche rispetto alla versione approvata da Palazzo Madama il 20 maggio. Di tutt'altro avviso la senatrice Elena Cattaneo, che ha proposto di escludere il termine biodinamica e secondo cui, per accelerare i tempi, con un accordo unanime si potrebbero condurre i lavori direttamente in commissione in sede deliberante, portando a casa l'approvazione, sia alla Camera che di nuovo al Senato in poche settimane.
I prodotti biologici e biodinamici sono ottenuti sulla base di normative trasparenti e sottoposti a controlli e certificazione da parte di organismi accreditati, autorizzati e vigilati da Autorità pubbliche nazionali, insistono invece le tre associazioni del bio, che sollecitano l'adozione definitiva della legge per spingere “la ricerca, la formazione, il sistema dei controlli” e per dare risposte a “un mercato sempre più aperto a prodotti puliti e buoni” e alla sfida lanciata dal Green Deal europeo e in particolare dalla strategia Farm to Fork.
Mediante il Piano d’azione per il biologico, Bruxelles mira infatti a una crescita consistente del settore, con almeno il 25% dei terreni da destinare al bio entro il 2030. L'Italia muove già da una solida base di partenza, con 80mila aziende, un'incidenza di terreni dedicati al bio doppia rispetto alla media UE (quasi il 16% sul totale dei campi contro l'8% nell'Unione) e una forte presenza di giovani e donne, che possono essere il motore dell'innovazione del settore e consolidarne la leadership nel confronto con i competitor europei.
Per cogliere l'opportunità rappresentata da Farm to fork bisogna attrezzarsi da subito, sottolineano le tre associazioni, dotandosi di una legge che assicuri ancora più risorse, trasparenza e organizzazione a “un settore che entro il 2030 dovrà rappresentare almeno un quarto di tutta l’agricoltura dell’Unione europea”.
Per approfondire: Farm to fork: cosa ne pensano le organizzazioni agricole e ambientaliste
Consulta la lettera aperta di AIAB, AssoBio e FederBio ai parlamentari
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