Corte Conti UE: fondi PNRR più lenti del previsto e opere a rischio
La Corte dei Conti europea lancia un grido di allarme sui trend di assorbimento delle risorse del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility - RRF), segnalando come a fine 2023 i paesi europei avessero attinto a meno di un terzo dei fondi. Inoltre, del denaro trasferito da Bruxelles ai singoli paesi, solo la metà avrebbe raggiunto i destinatari finali. Ipoteche pesanti sul futuro, anche considerando che il raggiungimento dei singoli target/obiettivi di una misura non blinda per forza il suo effettivo completamento.
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E’ questa, in breve, la fotografia che emerge dalla Relazione speciale “Assorbimento dei fondi del dispositivo per la ripresa e la resilienza” rilasciata oggi dalla Corte dei Conti UE: un audit che ha riguardato il periodo compreso fra il varo dell’RRF nel febbraio 2021 e la fine del 2023.
A sintetizzare le informazioni presenti nel dossier di 70 pagine è il Membro della Corte responsabile dell’audit, Ivana Maletić. “Un assorbimento tempestivo dell’RRF è indispensabile: aiuta a evitare strozzature nell’esecuzione delle misure verso la fine del ciclo di vita del dispositivo e riduce il rischio di spese inefficienti e irregolari. Lanciamo un segnale d’allarme, perché a metà percorso i paesi UE avevano attinto a meno di un terzo dei finanziamenti previsti ed erano avanzati per meno del 30% verso i traguardi e gli obiettivi prefissati”.
Ad aggravare ulteriormente il quadro è il fatto che la normativa europea non prevede il recupero dei fondi se i traguardi e gli obiettivi sono raggiunti, ma le misure da ultimo non vengono completate.
Ciò significa, in sostanza, che i Paesi potrebbero paradossalmente ricevere parte dei fondi, senza che gli investimenti previsti siano davvero realizzati per intero.
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I PNRR tra richieste di pagamento ed esborsi: non va tutto bene
I primi parametri usati dalla Corte dei Conti europea per valutare l’andamento dei PNRR in Europa sono quelli relativi alle domande di pagamento e agli esborsi.
Per quanto concerne il primo, si ricorda che le regole UE prevedono che gli Stati membri possono presentare fino a due richieste di pagamento all’anno dopo il conseguimento dei relativi traguardi e obiettivi.
A tal proposito il report evidenzia che quasi tutti i paesi hanno presentato in ritardo le richieste di pagamento alla Commissione, spesso a causa dell’inflazione o di carenze di approvvigionamento, di incertezze circa la normativa ambientale e di una capacità amministrativa insufficiente. Ciò ha comportato che a fine 2023 era stato presentato il 70% delle richieste previste e per un ammontare inferiore alle attese di circa il 16%. Addirittura, per svariati motivi, ben 7 paesi (Belgio, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia e Ungheria) non avevano ricevuto alcun finanziamento per il soddisfacente conseguimento di traguardi e obiettivi.
In tale contesto, il dossier sottolinea che la Commissione e gli Stati membri hanno intrapreso azioni per agevolare l’assorbimento, specie nel 2023, ma è prematuro verificarne l’eventuale impatto.
Anche quando le domande di pagamento sono state presentate e approvate e gli esborsi sono stati effettuati, il quadro non diventa comunque più roseo. Su questo fronte è bene sottolineare due aspetti. Il primo è che l’RRF è uno strumento basato su “finanziamenti non collegati ai costi”, il che significa che, oltre ai prefinanziamenti, tutti i pagamenti si basano sul conseguimento, da parte degli Stati, dei pertinenti traguardi e obiettivi. Il valore di ciascuna richiesta di pagamento non si basa sui costi stimati per il conseguimento dei traguardi e degli obiettivi ivi inclusi. A questo dato si aggiunge il fatto che - ed è il secondo punto da tenere bene a mente - la normativa europea sui PNRR non prevede il recupero dei fondi se i traguardi e gli obiettivi sono raggiunti, ma le misure da ultimo non vengono completate.
In tale contesto è evidente che “gli esborsi non riflettono necessariamente la quantità e l’importanza dei traguardi e degli obiettivi, per cui potrebbero essere versati fondi ingenti senza che le misure corrispondenti siano portate a termine dagli Stati membri”, scrive la Corte.
In ultima istanza è ben presente, quindi, “un rischio per il conseguimento delle finalità dell’RRF e, di conseguenza, per gli interessi finanziari dell’UE”. Il sistema permette infatti la possibilità di “sborsare” fondi per la realizzazione di opere, senza blindarne davvero la completa realizzazione.
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Progetti PNRR a rischio di completamento
Visti i ritardi che si stanno accumulando, che quanto ipotizzato prima possa accadere non è del tutto da escludersi.
La Corte scrive, infatti, che “vi è il rischio che non tutte le misure previste siano completate per tempo. A fine 2023 le richieste di pagamento avevano riguardato meno del 30% degli oltre 6.000 traguardi e obiettivi (cioè gli indicatori dello stato di avanzamento) totali; ne consegue che sono tanti (forse i più difficili) quelli ancora da raggiungere”.
A pesare, da questo punto di vista, è anche il fatto che molti paesi hanno realizzato innanzitutto le riforme (complessivamente, a livello europeo, sono 989) prima di procedere con gli investimenti (che invece, sempre a livello UE, sono in tutto 1.541). Una impostazione dei PNRR che rende “probabile (...) che la concentrazione di questi ultimi verso la fine del periodo utile aggravi ulteriormente i ritardi e rallenti l’assorbimento”, si legge nel dossier.
Gli investimenti però, in particolare quelli infrastrutturali, possono essere di natura piuttosto complessa e sono generalmente più sensibili ai ritardi causati da circostanze esterne, che esulano dal controllo degli Stati membri. “Di conseguenza, è probabile che la concentrazione degli investimenti verso la fine del periodo di attuazione aumenti ulteriormente il rischio di ritardi e di rallentamento dell’assorbimento”, scrive la Corte.
Della delicatezza della situazione sembrano essere pienamente consapevoli anche gli Stati membri. Oltre ad analizzare le carte, infatti, la Corte ha effettuato dei sondaggi da cui emerge che “solo due Stati membri hanno ritenuto probabile il conseguimento di tutti i traguardi e obiettivi di investimento entro la data indicata nella decisione di esecuzione del Consiglio".
I PNRR hanno un problema con i “destinatari finali”
“Affinché l’RRF possa conseguire il suo duplice obiettivo di ripresa e resilienza, è essenziale un assorbimento tempestivo dei fondi”, afferma invece la Corte. Questo infatti, secondo i magistrati contabili europei, “contribuisce a evitare strozzature nell’attuazione delle misure verso la fine del periodo di riferimento, riducendo in tal modo il rischio di un uso inefficiente dei fondi e di irregolarità”. Su tale fronte l’audit della Corte sottolinea, però, l’assenza di una definizione chiara di ‘assorbimento’ nel regolamento RRF. Secondo la Corte, dunque, per ’assorbimento’ si deve intendere “il finanziamento dell’UE versato dalla Commissione agli Stati membri”.
Pertanto nel contesto dell’RRF, da un lato gli Stati sono i beneficiari del dispositivo e i fondi sono versati dalla Commissione ad un Paese quando traguardi e obiettivi sono conseguiti in modo soddisfacente. Dall’altro, i finanziamenti sono considerati assorbiti una volta erogati agli Stati membri, in quanto beneficiari dei fondi del dispositivo.
Ne deriva che “l’assorbimento non significa che tali fondi abbiano raggiunto i destinatari finali”, scrive la Corte.
E proprio su questo tema (i destinatari finali dei fondi PNRR) si apre un altro fronte delicato. Gli orientamenti della Commissione hanno definito come “destinatario finale” il soggetto ultimo che riceve fondi e che non è un appaltatore o un subappaltatore. A partire da marzo 2023 gli Stati sono tenuti a pubblicare e aggiornare due volte l’anno gli elenchi dei 100 destinatari finali che ricevono l’importo più elevato di finanziamenti per l’attuazione delle misure incluse nei rispettivi PNRR, al fine di aumentare la trasparenza per quanto riguarda l’utilizzo dei fondi RRF.
Nell’analisi di tali elenchi, tuttavia, la Corte ha rilevato che l’interpretazione della locuzione “destinatario finale” varia da uno Stato membro all’altro per misure analoghe. A titolo di esempio:
- per le misure relative all’erogazione di finanziamenti alle imprese, i destinatari finali, secondo l’interpretazione di alcuni Stati membri, comprendevano le istituzioni che concedono i finanziamenti a livello nazionale o addirittura dell’UE (come la Banca europea per gli investimenti, il Fondo europeo per gli investimenti o la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo), mentre per altri Stati membri andavano intese le imprese che ricevono il finanziamento;
- per le misure relative alla riqualificazione energetica degli edifici pubblici, in alcuni Stati membri erano registrati come destinatari finali ministeri o città e in altri Stati membri società pubbliche di servizi energetici o imprese private;
- per le misure relative alla fornitura di dispositivi digitali nel sistema dell’istruzione, in alcuni Stati membri erano registrati come destinatari finali ministeri o comuni e in altri Stati membri le università o le scuole stesse.
Un’ambiguità che, stando al report, sarebbe stata confermata di fatto anche dalle stesse autorità nazionali intervistate. I Paesi hanno infatti dichiarato che “l’attuale definizione di destinatario finale lascia spazio all'interpretazione".
In tale contesto, per tentare di ovviare alla carenza di informazioni, la Corte ha chiesto agli Stati membri di indicare:
- la percentuale di finanziamenti dell’RRF erogati dal bilancio nazionale ai destinatari finali;
- la collocazione dei finanziamenti dell’RRF finora ricevuti dalla Commissione.
Ebbene, dei 22 Stati contattati ad ottobre 2023 dalla Corte, tali informazioni sono state fornite solo da 15 Paesi: ne è emerso che “circa la metà dei fondi ricevuti aveva raggiunto i destinatari finali".
Le raccomandazioni della Corte per "salvare" i PNRR
Alla luce di tali criticità, la Corte ha rilevato che “permangono rischi per l’assorbimento e il completamento delle misure nella seconda metà del periodo di attuazione dell’RRF”.
In tale contesto, la Corte invita la Commissione a seguire le seguenti raccomandazioni:
- assicurare un’applicazione uniforme della definizione di “destinatario finale”;
- fornire agli Stati membri ulteriori orientamenti e sostegno;
- monitorare e attenuare il rischio di mancato completamento delle misure e le relative ricadute finanziarie.
A queste se ne aggiunge una quarta, particolarmente rilevante in un periodo in cui inizia il dibattito sull’impostazione da dare al prossimo Quadro finanziario pluriennale, nel quale molti spingono per l’applicazione del “modello PNRR”, potenzialmente anche alla Politica di Coesione. Da questo punto di vista, la Corte raccomanda infatti alla Commissione di “rafforzare l’impostazione, sotto il profilo dell’assorbimento, di strumenti futuri basati su finanziamenti non collegati ai costi”.
Nel caso venissero concepiti strumenti analoghi ai PNRR, per la Corte, la Commissione dovrebbe da un lato “assicurare un forte nesso tra le erogazioni e i progressi compiuti nel conseguimento degli obiettivi”; dall’altro “colmare l’assenza della possibilità di recuperare fondi se le misure non sono completate”.
Per maggiori informazioni, consulta la Relazione della Corte dei Conti europea
Foto di Fernando FLeitas da Pixabay