Appalti pubblici - il futuro è digitale
PMI italiane a un bivio: chi non si adeguerà alla sfida della digitalizzazione rischierà di rimanere tagliato fuori dagli appalti pubblici.
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Mentre in Italia si lavora ancora allo sblocco dell’atteso decreto BIM, il testo chiave per la digitalizzazione della gestione degli appalti nella pubblica amministrazione italiana, ripercorriamo le ultime novità in materia con l’aiuto di Guido Sabatini, ingegnere e project manager presso l’European Digital SME Alliance, l’organizzazione che riunisce le PMI europee nel settore digitale.
Il manuale UE per il BIM nella PA
L’EU BIM Task Group - un gruppo di esperti provenienti dal settore pubblico e privato di 21 paesi - ha pubblicato l’estate scorsa il manuale per l’introduzione del Building Information Modelling nel settore pubblico.
“Si tratta di una raccolta di linee guida per gli pubblici amministratori e i legislatori, che dovranno essere presi in considerazione con l’introduzione di un approccio digitale nei processi realizzativi di lavori pubblici e nelle strategie nazionali”, spiega Sabatini. Per l’Italia hanno contribuito alla stesura del manuale Pietro Baratono, presidente della commissione BIM presso il Ministero delle Infrastrutture (nonchè "mente" del decreto BIM) e Angelo Ciribini, ordinario di Produzione Edilizia presso l’Università degli Studi di Brescia. Il vademecum sarà presto disponibile in 14 lingue, compreso l’italiano.
Il modello tedesco
Il documento dell’UE si basa sulle esperienze di paesi, come la Germania, che hanno giocato d’anticipo per digitalizzare il settore delle costruzioni, la cui spina dorsale è rappresentata dalle PMI (“mittelstand”). Sabatini ricorda che la pubblica amministrazione tedesca ha da tempo predisposto una Digital Road Map per il settore delle costruzioni e del design, che tiene conto delle difficoltà legate all’introduzione del BIM per le PMI.
Oltre a calibrare il carico amministrativo a misura di PMI, la Germania punta a prevenire situazioni di monopoli o eccessive dipendenze. Il piano strategico tedesco stabilisce obiettivi chiari per i prossimi cinque anni e mira a sostenere un’ampia trasformazione delle PMI delle costruzioni.
Tali misure includono pratiche di condivisione dei dati progettuali in formato aperto che non specifichino soluzioni restrittive legate ai fornitori.
Il decreto BIM
In Italia il testo del Decreto BIM, in linea con i principi delle linee guida europee, fissa nella sua prima versione l'obbligo dell’uso del Building Information Modelling a partire dal primo gennaio 2019. Si comincerà con le opere di importo superiore a cento milioni, per poi progressivamente introdurre tale obbligo per opere di importo inferiore, fino ad arrivare al primo gennaio 2025, quando anche le opere sotto il milione saranno sottoposte alle misure attualmente in discussione.
Sabatini sottolinea che il contenuto del Decreto assume particolare importanza per quanto riguarda la competitività delle PMI nel settore edile. In Europa le piccole e medie imprese sono insieme responsabili dell'80% dell’output del settore, mentre le sole piccole imprese - quelle con meno di 50 dipendenti - sono responsabili del 60% della produzione e impiegano il 70% della popolazione attiva del settore.
"Le PMI generano l’80% della produzione nelle costruzioni. E’ fondamentale, quindi, che non restino indietro nel processo di digitalizzazione", è stato il commento di Eugenio Quintieri, segretario generale di EBC, European Builders Confederation, l’organizzazione europea che rappresenta le PMI del settore edile.
"Il BIM rappresenta un’opportunità unica per il settore della costruzione. La sua diffusione, però, sarà garantita solo se le esigenze delle micro e delle piccole e medie imprese saranno prese in dovuta considerazione nello sviluppo di un approccio europeo standardizzato per il BIM". continua. "Questo vuol dire che è importante garantire negli appalti pubblici un passaggio graduale dai metodi tradizionali a quelli basati sul BIM per permettere alle PMI della costruzione di adattarsi al processo di trasformazione. Inoltre, bisogna promuovere l’adozione di strumenti relativi al BIM adattabili al mercato della ristrutturazione edilizia e dare impulso programmi di formazione che non si limitino all’utilizzo di un software specifico, ma che siano piuttosto finalizzati a guidare tutti i professionisti delle costruzioni verso la transizione digitale”.
La European DIGITAL SME Alliance ha acceso i riflettori su questo tema organizzando un workshop nell'ambito di SMAU – la kermesse italiana sull'ICT – il 25 ottobre a Milano. Oliver Grün, Presidente della European DIGITAL SME Alliance, ha sottolineato: “Le imprese del settore digitale sono pronte ad offrire tecnologie e competenze necessarie alla transizione dell’Industria 4.0. Diversi settori industriali, sostenuti da politiche di incentivi, stanno investendo nella trasformazione digitale. Noi crediamo che l’edilizia, in Italia come in Europa, abbia un grandissimo potenziale di rinnovamento e che il mercato offra soluzioni sempre più adatte ai bisogni delle PMI operanti nel settore”.
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All’evento, organizzato in collaborazione con CNA, hanno partecipato, tra gli altri, Quintieri di EBC, Lutz Köppen, policy officer della Commissione Europea, la deputata PD Chiara Braga e Mario Turco di CNA Costruzioni. Al centro del dibattito l’integrazione delle strategie europee e italiane per l’evoluzione digitale del settore.
Competenze digitali: un vuoto da colmare
Le scarse competenze digitali e la lentezza dei processi relativi alla trasformazione digitale delle imprese rappresentano il tallone d’Achille del nostro paese.
Ma la “sete” di competenze digitali è riscontrabile in tutta Europa. La Commissione europea stima che entro il 2020 ci saranno circa 500 mila posti di lavoro vacanti correlati all’ICT.
Lo studio “Competenze digitali per il lavoro”, pubblicato quest’anno dalla DG Connect, mostra come le tecnologie digitali siano ormai trasversali a tutti i settori, compresi i più tradizionali, come l’agricoltura e le costruzioni. Nel settore edile, ad esempio, il 50% dei posti di lavoro richiede delle competenze digitali di base. In media l’uso dell’ICT è aumentato del 90% negli ultimi 5 anni in tutti i settori, ma le micro imprese – spiega la ricerca - non sempre hanno tenuto il passo.
Preoccupa un dato fra tanti: l’88% delle imprese non ha attivato alcun percorso formativo per colmare la carenza di competenze. La perdita di produttività (46%) e la diminuzione dei clienti (43%) sono tra gli effetti più evidenti e devastanti.
A che punto è l’Italia? Secondo gli ultimi dati di Eurostat, nel nostro paese, purtroppo, si riscontra la percentuale di competenze digitali elevate più bassa (29%) se paragonata alla Francia (33%), alla Spagna (37%), alla Germania (39%) e al Regno Unito (50%) e al di sotto della media dell’Europa a 28 (37%).