Ambientalisti bocciano riforma PAC. Greta Thunberg, non rispecchia Green Deal
Greta Thunberg chiede alla Commissione europea il ritiro della PAC, la nuova Politica agricola comune che dovrebbe entrare in vigore nel 2023. L'attivista pro-clima non è la sola a contestare la bozza di riforma oggetto del negoziato tra Parlamento europeo e Consiglio, che secondo gli ambientalisti non tiene conto degli obiettivi fissati dall'UE con il Green Deal.
> Cosa prevede l'accordo sulla nuova PAC
Confermata la proroga dell'attuale Politica agricola comune fino alla fine del 2022, PSR compresi, Parlamento europeo e Consiglio sono al lavoro sul nuovo quadro di regole della PAC che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2023. All'accordo tra gli Stati membri del 20 ottobre ha fatto seguito il 26 dello stesso mese il voto della plenaria, gettando le basi per l'avvio dei negoziati.
L'impianto della nuova PAC sarà modellato sui Piani strategici nazionali, documenti programmatici con cui gli Stati membri decideranno l'utilizzo di tutte le risorse loro assegnate, sia nell'ambito del primo che del secondo pilastro. La distanza tra le due istituzioni riguarda soprattutto l'architettura ambientale della nuova Politica agricola comune, con il PE che chiede di destinare ai nuovi eco-schemi il 30% del budget dei pagamenti diretti del primo pilastro, contro il 20% concordato dai 27, e di riservare il 35% delle risorse del secondo pilastro alle misure agro-climatico-ambientali dei Programmi di sviluppo rurale (PSR), a fronte del 30% previsto dal Consiglio.
Richieste, quelle del Parlamento, considerate comunque insufficienti dagli ambientalisti, secondo cui il progetto di riforma – presentato prima dell'European Green Deal – non è coerente con gli attuali obiettivi ambientali e climatici dell'Unione e con le strategie che li perseguono, dalla Farm to Fork a quella per la biodiversità al 2030.
Da qui la richiesta espressa da più parti, e rilanciata il 25 novembre da Greta Thunberg nel corso di un incontro con il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, di ritirare la bozza di PAC.
L'architettura verde della nuova PAC
La proposta presentata nel 2018 dall'allora commissario all'Agricoltura Phil Hogan prevedeva un'architettura verde articolata in tre componenti complementari.
Anzitutto, vi è una condizionalità rafforzata rispetto a quella attuale, che comprende anche gli impegni attualmente previsti dal greening.
Nell'ambito del primo pilastro vi è poi un nuovo regime ecologico denominato eco-schemi, una premialità aggiuntiva rispetto alla condizionalità obbligatoria che consiste in pagamenti supplementari per gli agricoltori che, facoltativamente, vanno oltre i Criteri di gestione obbligatoria (CGO) e le Buone condizioni agronomiche e ambientali (BCAA) previste per l'accesso ai fondi europei.
Infine, sono confermate le misure agro-climatico-ambientali finanziate dai Programmi di sviluppo rurale (PSR) nell'ambito del secondo pilastro.
Il Green Deal e la strategia Farm to Fork
A partire dal 2019 il dibattito sulla riforma della PAC si è intrecciato a quello sull'European Green Deal, attraverso il quale l'UE punta a raggiungere la neutralità climatica nel 2050. Il Patto verde ha gambe legislative, come la legge europea per il clima, e finanziarie, ad esempio con l'istituzione del Meccanismo per una transizione giusta e soprattutto grazie all'impegno a destinare il 30% dei fondi europei 2021-27 agli obiettivi climatici e ambientali, e affida a una serie di strategie l'individuazione dei target settoriali. Tra queste la strategia Farm to Fork, che pone obiettivi molto significativi in materia di riduzione di fitofarmaci, fertilizzanti, antimicrobici e delle emissioni di CO2, e punta a destinare almeno il 25% della superficie agricola dell'UE all'agricoltura biologica entro il 2030.
Nei fatti, però, sebbene più ambientalista rispetto all'attuale, la PAC al centro dei negoziati tra Parlamento e Consiglio non è progettata per realizzare questi obiettivi. Da qui la bocciatura degli ambientalisti e la richiesta di ritirare la proposta sostenuta anche dall'attivista svedese Greta Thunberg.
Gli schieramenti sulla PAC e le possibili soluzioni al conflitto tra competitività e ambiente
In pratica, ha spiegato Andrea Chiabrando, direttore del consorzio Monviso Agroenergie ed esperto di sistemi energetici rinnovabili, nel corso della prima edizione dell’iniziativa Innovation Agri Tour, esistono al momento tre schieramenti sulla riforma della PAC.
Da una parte, l'approccio produttivo, rappresentato dagli agricoltori, che chiedono di salvaguardare reddito, produzione e competitività. Gli extra costi ambientali dovrebbero infatti essere scaricati sui consumatori, che potrebbero non essere disposti a pagare di più per acquistare prodotti europei sostenibili, tanto più se il mercato interno è inondato di alimenti provenienti da Paesi terzi che non rispettano gli stessi standard e possono praticare prezzi più convienienti. L'alternativa è che gli sforzi ambientali degli agricoltori siano sostenuti con maggiori finanziamenti, il che equivarrebbe a scaricarne il costo sulle finanze pubbliche degli Stati membri, cioè di nuovo sui consumatori, in veste di contribuenti.
Il secondo schieramento è quello degli ambientalisti, che chiedono di limitare le produzioni intensive, migliorare il benessere animale, evitare il ricorso a pesticidi e fertilizzanti, per ridurre l'impatto dell'agricoltura sulle risorse ambientali e sul clima. In assenza di un maggiore contributo del settore agricolo, infatti, non solo il target UE della neutralità climatica entro il 2050 ma anche gli obiettivi dell'Accordo di Parigi appaiono difficilmente realizzabili.
Secondo Chiabrando i due fronti potrebbero trovare una via di conciliazione attraverso la posizione di un terzo schieramento, che è quello rappresentato dal mondo della ricerca e dell'innovazione, che promette di ridurre la pressione sull'ambiente facendo della sostenibilità un elemento di competitività, attraverso la digitalizzazione, soprattutto con riferimento all'agricoltura di precisione, le agroenergie e il miglioramento genetico. Quest'ultimo, però, è di nuovo un capitolo spinoso per il mondo ambientalista, per il pericolo che l'apertura alle nuove tecniche di genome editing apra le porte dell'UE alle varietà OGM.
La revisione di medio termine della PAC
Alle parole di Greta, secondo cui "il tempo per i piccoli passi è esaurito" e la bozza della PAC riflette "l'ipocrisia della politica, che vota per target lontani nel tempo ma quando si tratta di fare qualcosa nell'immediato non lo fa", il vicepresidente Timmermans ha risposto ribadendo l'impegno della Commissione a lavorare, in sede di trilogo, per una Politica agricola comune coerente con l'obiettivo di neutralità climatica.
Dal momento che il Consiglio non ha accettato l'allineamento del progetto di riforma PAC ai target di Farm to Fork e anche il PE ha respinto diversi emendamenti che avrebbero reso maggiormente coerenti le due politiche, è difficile che dal negoziato esca una Politica agricola che contribuisca maggiormente al Green Deal.
Un'opzione, però è ancora sul tavolo: una volta che gli obiettivi ambientali indicati da Farm to Fork, che per ora è solo un documento strategico, si tradurranno in atti legislativi, ha spiegato il coordinato S&D in commissione Agricoltura Paolo De Castro, in occasione degli Stati generali della Green economy, potranno essere incorporati nella PAC sfruttando la mid term review del 2025.
Il dibattito in Italia sull'impatto di Farm to Fork
Finora la linea dell'Italia è stata quella di sostenere l'obiettivo della sostenibilità in agricoltura, ribadendo però in ogni occasione, per mezzo della ministra dell'Agricoltura, Teresa Bellanova, che deve trattarsi di una sostenibilità economica e sociale, oltre che ambientale. Il sede di Consiglio Agricoltura la ministra ha detto chiaramente che il recepimento degli obiettivi della strategia UE nella nuova Politica agricola comune non dovrebbe far perdere di vista il contributo della PAC alla tutela di reddito e lavoro nelle imprese agricole e che le raccomandazioni della Commissione agli Stati membri su questo tema non dovrebbero condizionare l'approvazione dei Piani strategici nazionali della PAC.
Non a caso la ministra si era schierata contro la proposta di riservare una quota di risorse predefinita agli ecoschemi, e poi contro la soglia del 20% concordata dal Consiglio, e ha insistito per ottenere sia la flessibilità sulle misure ammesse, che gli Stati membri possono selezionare tenendo conto dei diversi modelli di agricoltura presenti in Europa, che la clausola di salvaguardia che permette di recuperare eventuali risorse residue e dirottarle sui pagamenti diretti.
Sulle stesse posizioni si collocano le maggiori organizzazioni agricole italiane, a partire dal coordinamento Agrinsieme, che riunisce Confagricoltura, Cia, Copagri e Alleanza delle cooperative italiane – agroalimentare, che in audizione alla Camera ha denunciato il rischio di ridurre la produttività e la redditività delle imprese e di aumentare le importazioni da Paesi extra UE.
Sul versamente opposto le associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica e biodinamica riunite in Cambiamo agricoltura, secondo cui la transizione verso sistemi di produzione sostenibili rappresenta un'opportunità per il mondo agricolo europeo e per l'Italia, il cui Piano strategico della PAC dovrebbe essere allineato da subito alla strategia Farm to fork.
> Per approfondire: Il punto di vista degli stakeholder sulla strategia Farm to Fork
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