In Gazzetta ufficiale il testo della direttiva salario minimo
Dopo l'ok della plenaria del Parlamento UE a metà settembre e il via libera definitivo del Consiglio il 4 ottobre, la direttiva UE 2022/2041, volta ad assicurare salari adeguati e dignitosi ai lavoratori dell’Unione, è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale europea del 25 ottobre. Ecco cosa prevede la nuova normativa europea sul salario minimo.
Il parere di imprese e lavoratori sulla proposta di salario minimo
La direttiva salario minimo entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. A quel punto gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire la nuova normativa nei rispettivi ordinamenti nazionali.
L'accordo raggiunto il 7 giugno dopo otto tornate negoziali, e formalizzato tra settembre e ottobre con i voti di Parlamento UE e Consiglio, accoglie la richiesta degli eurodeputati di estendere la copertura della contrattazione collettiva nei Paesi europei che hanno meno dell'80% dei lavoratori coperti da questi accordi, anzichè solo in caso di copertura della contrattazione collettiva inferiore al 70% come avrebbero voluto gli Stati membri.
“I prezzi dei generi alimentari, delle bollette energetiche e degli alloggi stanno esplodendo. La gente fa davvero fatica ad arrivare a fine mese. Non abbiamo tempo da perdere, il lavoro deve tornare a pagare", ha sottolineato la co-relatrice per il PE Agnes Jongerius (S&D) in occasione del voto in plenaria. "Questa direttiva - ha aggiunto - stabilisce gli standard per un salario minimo adeguato. Allo stesso tempo, stiamo dando un impulso alla contrattazione collettiva, in modo che un maggior numero di lavoratori sia maggiormente tutelato".
"Questa legislazione è un messaggio di speranza per chi è costretto a contare i centesimi a causa della crisi energetica. I salari minimi e la contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari sono strumenti poderosi che possono essere utilizzati per garantire a tutti i lavoratori salari che consentano un tenore di vita dignitoso", ha commentato invece il vicepremier e ministro per il lavoro e gli affari sociali della Cechia Marian Jurečka, a margine del voto del Consiglio.
Ipotizzata da anni e sempre rimandata, la direttiva per il rafforzamento dei regimi di salario minimo dovrebbe assicurare un reddito dignitoso a tutti gli europei senza interferire con le competenze e le tradizioni nazionali degli Stati membri e con la libertà delle parti sociali. La proposta presentata nell'ottobre 2020 dalla Commissione europea rappresenta una risposta all'impatto della crisi del Covid-19, particolarmente duro per i lavoratori a basso salario, come gli addetti alle pulizie e alle vendite al dettaglio, gli operatori sanitari e quelli impegnati nell'assistenza residenziale e a lungo termine, ma mira anche a gettare le basi per una ripresa economica sostenibile e inclusiva.
Se fissati a livelli adeguati, secondo l'Esecutivo UE, i salari minimi non solo hanno un impatto sociale positivo, ma apportano anche benefici più ampi all'intera economia, perchè riducono la disuguaglianza salariale, aiutano a sostenere la domanda interna, contribuiscono a ridurre il divario retributivo di genere e, proteggendo i datori di lavoro che pagano salari dignitosi ai lavoratori, garantiscono una concorrenza leale tra le imprese.
La direttiva presentata da Bruxelles rispetta i diversi approcci alla materia presenti negli Stati membri, l’autonomia delle parti sociali e la libertà della contrattazione collettiva, e si propone come un quadro di riferimento per fare in modo che i livelli minimi di retribuzione dei lavoratori siano proporzionati, applicati correttamente, aggiornati nel tempo e monitorati.
Nei fatti non si impone l'istituzione di un salario minimo nei paesi che non lo prevedono, ma ci si limita a promuovere l'adeguatezza e il rispetto dei regimi di salario minimo dove sono già presenti e a spingere gli Stati membri che non li prevedono – sei paesi tra cui l'Italia, dove circa l'80% dei lavoratori è coperto dalla contrattazione collettiva – ad assicurare l'applicazione delle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi.
Trattandosi di una direttiva, e non di una semplice raccomandazione, però, una volta in vigore, la normativa deve essere obbligatoriamente recepita negli ordinamenti nazionali entro due anni. In questo modo, anche senza intervenire sul livello dei salari, di fatto dovrebbe spingere tutti i paesi UE verso una maggiore protezione del reddito dei lavoratori.
In particolare, la direttiva prova a migliorare le condizioni salariali nell'Unione in tre modi.
Anzitutto, nei 21 paesi che prevedono salari minimi legali, si punta a favorirne l'adeguatezza mediante la definizione di procedure e criteri stabili e chiari per determinarli e aggiornarli e un maggiore coinvolgimento delle parti sociali per la loro definizione. Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno convenuto che gli aggiornamenti dei salari minimi legali avverranno almeno ogni due anni (o al massimo ogni quattro anni per quei paesi che utilizzano un meccanismo di indicizzazione automatica) e che i Paesi UE potranno determinare un paniere di beni e servizi a prezzi reali, o fissarlo al 60% del salario mediano lordo e al 50% del salario medio lordo.
Negli altri paesi, invece, si mira a promuovere maggiormente la contrattazione collettiva. Gli Stati membri dovranno quindi definire un piano d'azione per aumentare progressivamente il tasso di copertura della contrattazione collettiva laddove questo risulti inferiore alla soglia dell'80%.
Infine, Parlamento e Consiglio hanno concordato una serie di misure per migliorare l'accesso effettivo dei lavoratori alla protezione del salario minimo, tra cui controlli da parte degli ispettorati del lavoro, informazioni facilmente accessibili sulla protezione del salario minimo, lo sviluppo della capacità delle autorità preposte di perseguire i datori di lavoro non conformi e un'attività di monitoraggio in tutti gli Stati membri.
Consulta il testo della direttiva UE sul salario minimo
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