CESE: imprese e lavoratori divisi sulla proposta di salario minimo
Anche il Comitato economico e sociale europeo (CESE) dà il suo contributo al dibattito sul salario minimo, avviato dalla Commissione UE a gennaio, confermato tra le priorità della presidenza tedesca dell'Unione e rilanciato dalla presidente Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo Stato dell'Unione.
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Dopo che la Commissione ha annunciato l'avvio dei lavori su uno strumento giuridico per garantire ad ogni lavoratore dell'UE un salario minimo, il Parlamento europeo ha chiesto al CESE di esprimersi sull'argomento. Il Comitato che riunisce le parti economiche e sociali dell'Unione ha quindi approvato il parere “Salari minimi dignitosi in tutta Europa”, curato dai relatori Stefano Mallia e Oliver Röpke.
Punto di partenza dell'opinione del CESE è il dato in base al quale nell'UE circa un lavoratore su dieci guadagna un salario prossimo o inferiore al salario minimo legale nazionale, che tra l'altro in diversi Paesi non risulta adeguato a consentire ai lavoratori di uscire dalla povertà grazie al solo lavoro. E' il fenomeno dei working poors, persone che pur lavorando versano in una situazione di indigenza.
E' invece l'occupazione di qualità, secondo il Comitato, la via migliore per uscire dalla povertà, una qualità che passa per la combinazione di salari minimi equi e politiche attive di inclusione integrate e incentrate sulla persona.
Misure che, oltre a promuovere la convergenza salariale verso l'alto, permetterebbero di agire anche sul divario retributivo di genere, dal momento che le donne costituiscono attualmente la maggioranza dei lavoratori a basso reddito, insieme ad altri gruppi vulnerabili, come i lavoratori più anziani, i giovani, i migranti e i lavoratori con disabilità.
Il punto di vista di datori di lavoro e sindacati sul salario minimo
Il parere del CESE è il risultato di consultazioni online con le parti interessate di cinque Paesi, scelti sulla base dei loro meccanismi di determinazione del salario minimo, cioè Germania, Polonia, Romania, Spagna e Svezia, e di un'audizione pubblica virtuale, cui hanno contribuito il commissario per il Lavoro e i diritti sociali Nicolas Schmit, vari europarlamentari, e membri di alcune delle principali organizzazioni rappresentative europee dei datori di lavoro, dei lavoratori e di altre organizzazioni della società civile, come BusinessEurope, la Confederazione europea dei sindacati (CES) e la Piattaforma sociale.
La varietà degli attori coinvolti spiega la non univocità delle risposte, anche considerando la complessità di un intervento sui meccanismi di determinazione dei salari, che per tutti deve essere necessariamente – sottolinea il CESE – “equilibrato e prudente”, “basarsi su un'analisi accurata della situazione negli Stati membri e rispettare pienamente il ruolo e l'autonomia delle parti sociali, nonché i diversi modelli di relazioni industriali”.
Tuttavia, i tre gruppi del CESE, che rappresentano i datori di lavoro, i sindacati e le organizzazioni della società civile dell'UE, hanno opinioni divergenti sulla via da seguire.
Per il gruppo Datori di lavoro, rappresentato dal relatore Stefano Mallia, i salari minimi sono un argomento delicato in termini di conseguenze economiche, ancora di più in un contesto fortemente condizionato dalla crisi del Covid-19, ma in generale l'UE non ha la competenza su un tema che deve essere affrontato a livello degli Stati membri, nel rispetto degli specifici sistemi nazionali di determinazione dei salari minimi e di contrattazione collettiva. La via più praticabile sarebbe quindi quella di intervenire per affrontare esigenze specifiche dei singoli Paesi in cui le parti sociali sono più deboli hanno bisogno di sostegno, evitando un approccio "fits for all".
Di avviso opposto l'altro relatore del parere, Oliver Röpke, che rappresenta il gruppo Lavoratori, secondo cui il momento è opportuno per intervenire, perché la crisi del Covid-19 ha messo in luce le disuguaglianze presenti nei nostri mercati del lavoro e nella società e l'insicurezza del reddito e del lavoro sperimentata da tantissimi europei. “Garantire che i lavoratori di tutta l'UE beneficino di salari minimi dignitosi deve essere un elemento essenziale della strategia di ripresa dell'UE”. Ferme restando le diverse competenze tra UE e Stati membri, ha affermato Röpke, il compito della Commissione potrebbe essere quello di promuovere il ruolo della contrattazione collettiva a sostegno dell'adeguatezza dei salari.
In Italia, intanto, il Governo sta già valutando la possibilità di prevedere un salario minimo orario per migliorare il reddito dei lavoratori. Secondo quanto anticipato dalla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, lo strumento con cui ogni Paese UE gestirà le risorse del Recovery Fund, dovrebbe rientrare anche "un salario minimo orario collegato alla previsione di una detassazione dell'incremento salariale derivante dal rinnovo dei contratti, in modo che i minimi retributivi attualmente definiti dai contratti di primo livello possano gradualmente adeguarsi all'importo del salario minimo orario che sarà individuato nel nostro Paese".
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