Le risorse per le infrastrutture tra PNRR e Recovery domestico
Con i soldi del PNRR e del Fondo completare da 30 miliardi, l'Italia punta con decisione sulla carta “infrastrutture”. Secondo l’ANCE tra alta velocità, immobiliare e mobilità si parla di oltre 110 miliardi, molti dei quali saranno gestiti dai Comuni che però frenano sulla selezione tramite bandi.
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In attesa del documento finale del PNRR targato Draghi, pare ormai evidente che il volto che l'Italia vuole avere dopo questa pandemia è quello di un Paese con un sistema infrastrutturale moderno, sostenibile e capace di accompagnare la ripresa economica, colmando quelle lacune che finora hanno frenato la competitività delle nostre imprese, soprattutto al Sud.
La conferma arriva non solo dalle cifre assolute presenti nel PNRR e nel Fondo complementare da 30 miliardi, ma anche da un confronto con l’impostazione seguita dall’Italia rispetto agli altri paesi europei che, infatti, avrebbero destinato alle infrastrutture molte meno risorse. Secondo l’ANCE parliamo di 113 miliardi dell’Italia, contro i 7 della Germania, i 23 della Spagna e i 22 miliardi della Francia. Numeri, certo, che trovano ragione nel fatto che il nostro Paese riceverà molti più soldi rispetto agli altri. Ma che comunque, anche in termini percentuali, segnano uno scarto che rimane evidente.
Al di là dei numeri, però, il punto cruciale restano sempre i tempi di realizzazione delle opere, su cui il governo sta intervenendo con una serie di riforme, in primis quella sulla PA. Una partita che interessa da vicino anche i Comuni che, secondo le ultime stime, dovrebbero essere chiamati a gestire ben 30 miliardi di interventi.
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I fondi del PNRR per le infrastrutture
Anche se il documento non è ancora stato presentato, si sa già che anche il Piano targato Draghi continuerà ad essere diviso in 6 missioni di cui 2 riguardano ad ampio raggio il fronte “infrastrutture e investimenti pubblici”. Parliamo della missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica” a cui sono destinati ben 57 miliardi di euro, e della missione “Infrastrutture per mobilità sostenibile” che ha invece una dotazione di 25,33 miliardi.
La conferma del rilievo dato alle infrastrutture, emerge anche nell’analisi delle 16 componenti. Tra le più grandi, infatti, c’è l’Alta velocità a cui dovrebbero arrivare 25 miliardi. Ma di tutto rispetto sono anche altre voci come quella per l'efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici che dovrebbe valere ben 11,6 miliardi.
I fondi del PNRR per i Comuni: bene i 30 miliardi, ma no ai bandi
Una parte consistente dei fondi destinati agli interventi infrastrutturali sarà gestita direttamente dai Comuni. Sul piatto ci sarebbero infatti ben 30 miliardi, cifra che non delude le aspettative dei sindaci italiani.
A preoccupare i primi cittadini è invece il fatto che gli interventi dovrebbero essere selezionati tramite i bandi. La conferma arriva in qualche modo anche dalle slides presentate in Conferenza Unificata dal ministro Enrico Giovannini dove infatti interventi come il Trasporto Rapido di Massa, le ferrovie regionali e le ZES figurano nella sezione “bandi e richieste di finanziamento”.
Una modalità che non piace molto ai Comuni, che temono tempi troppo lunghi e che preferirebbero, invece, un’assegnazione diretta delle risorse ad ogni città.
Le risorse del Fondo complementare che riguardano le infrastrutture
Come è ormai noto, infine, oltre al PNRR il governo sta anche lavorando ad un Fondo complementare al Piano che vale 30 miliardi di euro, la maggior parte dei quali destinati proprio agli interventi infrastrutturali e a quelli sul patrimonio immobiliare. Tra i numeri disponibili, infatti, spiccano:
- Gli 8,25 miliardi destinati all'ecobonus e al sismabonus al 110%;
- I 6,12 miliardi destinati, invece, alle infrastrutture per una mobilità sostenibile.
Il Fondo - lo ricordiamo - è una sorta di Recovery plan domestico, finanziato con risorse nazionali e destinato a quei progetti "esclusi" dal PNRR.
Anche se i due fondi saranno formalmente distinti, le regole di funzionamento saranno però le stesse. Le uniche differenze saranno che il Recovery domestico non dovrà essere rendicontato a Bruxelles e che potrà spesare anche qualche intervento concluso oltre il 2026.
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