Incentivi alle imprese nella legge di Bilancio 2025: molti tagli e pochi fondi
Rifinanziamento di Nuova Sabatini e travaso di risorse dalla Decontribuzione Sud al tax credit ZES e al nuovo Fondo per l’occupazione e lo sviluppo imprenditoriale nel Mezzogiorno. Sono le principali misure di una Manovra 2025 per il resto magra di agevolazioni alle imprese, come fotografato anche dalle tabelle sugli stati di previsione dei Ministeri, da cui emerge l’impatto della spending review su incentivi di lunga tradizione, come i contratti di sviluppo e il Fondo 394.
Cosa prevede da Legge di bilancio 2025?
Si tratta dei famosi “tagli alla spesa” annunciati da mesi ormai dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, alla luce dell’entrata in vigore del nuovo Patto di Stabilità che impone agli Stati membri un percorso chiaro di risanamento delle finanze pubbliche, dopo la sospensione delle regole degli ultimi anni a causa del Covid. Nel caso dell’Italia, gli impegni assunti con il Piano strutturale di bilancio mirano a portare il rapporto deficit/PIL sotto la soglia del 3% già dal 2026, contenendo la spesa media annua su un valore medio prossimo all’1,5% in rapporto al PIL. Da qui l’operazione di spending review realizzata con la manovra, che pesa per oltre 5,6 miliardi sugli enti locali e per circa 7,7 miliardi di euro sui Ministeri e che dovrebbe contribuire a ridimensionare il peso del debito pubblico, in accelerazione negli ultimi anni anche sotto la spinta degli incentivi automatici. Bonus edilizi, Superbonus 110 in primis, ma anche crediti d’imposta per gli investimenti delle imprese, come denunciato in audizione sulla manovra dall’Ufficio parlamentare di bilancio, secondo cui nel periodo 2021-24 le compensazioni dei crediti d’imposta per gli investimenti sforano di circa 5 miliardi i 28,7 miliardi impegnati.
Dentro questo quadro si colloca la scelta del governo di usare i limitati margini di azione per mettere in campo una Legge di bilancio volta soprattutto a “rafforzare il potere di acquisto delle famiglie, con la solita attenzione particolare a quelle con bambini” e ad assicurare il “sostegno alle imprese che assumono e che creano posti di lavoro”, come spiegato dalla premier Giorgia Meloni commentando la manovra.
Una scelta politica che si è tradotta nell’apposizione del “segno meno” a tutta una serie di regimi di aiuto in questi anni particolarmente apprezzati dalle imprese italiane e che il ministro Giorgetti in audizione in Parlamento ha giustificato con la formula "la politica industriale la fanno gli imprenditori, non la deve fare lo Stato". Il pacchetto imprese della legge di Bilancio 2025 si limita quindi a poche misure, come il rifinanziamento della Nuova Sabatini e del credito d’imposta ZES Unica Sud, il nuovo Fondo per occupazione e sviluppo imprenditoriale nel Mezzogiorno e la conferma della maxi deduzione per le nuove assunzioni.
Ecco dunque cosa c’è (e non c’è) per le imprese nella Manovra 2025.
La Manovra 2025: il rifinanziamento della Nuova Sabatini
Partendo dai rifinanziamenti, la Legge di bilancio 2025 stanzia altri 1,7 miliardi per la Nuova Sabatini, dando benzina all’agevolazione fino al 2029. La nuova Manovra, infatti, prevede ulteriori 400 milioni di euro per il 2025, 100 milioni di euro per l’anno 2026 e 400 milioni per ciascuno degli anni dal 2027 al 2029.
Con l’incremento operato, spiegano dall’Ufficio studi della Camera, il cap.7489 – sul quale sono iscritte le somme della ‘Nuova Sabatini’ - espone uno stanziamento a DLB integrato pari a 607 milioni per il 2025, a 260 milioni per il 2026 e a 460 milioni per il 2027”. Si tratta di una delle iniezioni più rilevanti di nuove risorse destinate alle imprese che fanno riferimento alla Nuova Sabatini per effettuare investimenti (acquisto o acquisizione in leasing) in beni strumentali grazie al contributo concesso dal Ministero delle imprese e del made in Italy (MIMIT) parametrato agli interessi previsti dal finanziamento erogato da una banca.
Per approfondire: Come funziona la Nuova Sabatini?
La Manovra 2025 e il tax credit Sud
L’altra agevolazione per le imprese che beneficia di un cospicuo rifinanziamento all’interno della Manovra 2025 è il tax credit ZES Sud.
Con l'obiettivo di prorogare nel 2025 il credito d'imposta per la Zona economica speciale Sud, infatti, la nuova Legge di bilancio gli riserva 1,6 miliardi di euro. Risorse che serviranno a coprire le richieste di agevolazione che le imprese presenteranno per investimenti realizzati fino al 15 novembre 2025.
Un rifinanziamento, quello della ZES Sud, in qualche modo obbligato dal momento che l’agevolazione è diventata di fatto uno dei pochi strumenti di incentivazione espressamente rivolti al sostegno delle imprese meridionali, e reso possibile dalla cessazione della Decontribuzione Sud.
Addio decontribuzione Sud, arriva il Fondo per occupazione e sviluppo aree svantaggiate
Con la fine dell’operatività del Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato, il 31 dicembre si chiude infatti la stagione della Decontribuzione Sud, l’esonero contributivo per i datori di lavoro del settore privato operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia per cui la legge di Bilancio 2021 aveva previsto un orizzonte temporale fino al 2029. Come stabilito dalla Commissione europea con la decisione C(2024) 4512 final del 25 giugno scorso, la decontribuzione Sud cessa invece di operare a fine anno e si applica sino ad allora solo con riferimento ai contratti di lavoro subordinato stipulati entro il 30 giugno 2024.
La chiusura anticipata della misura libera risorse circa 12 miliardi di euro, che in buona parte la legge di bilancio 2025 riserva al nuovo Fondo per il finanziamento di interventi volti a ridurre il divario occupazionale e sostenere lo sviluppo dell’attività imprenditoriale nelle aree svantaggiate del Paese, istituito con l’articolo 72 della Manovra. Si tratta di uno strumento da 9,1 miliardi per il periodo 2025-2029 (2,45 miliardi di euro per il 2025, 1 miliardo per il 2026, 3,4 miliardi per il 2027, di 1,5 miliardi per il 2028 e 750 milioni per il 2029), che viene istituito nello stato di previsione del MEF e destinato non solo al sostegno all’occupazione, ma anche alla concessione di incentivi agli investimenti.
Nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, recita infatti la manovra, il Fondo potrà finanziare anche agevolazioni per l’acquisizione dei beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise e nelle zone assistite della regione Abruzzo, come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027.
A determinare gli investimenti ammissibili a finanziamento, le amministrazioni titolari degli interventi e le modalità di presentazione delle domande sarà un decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell’economia e delle finanze, di cui la legge di bilancio non specifica però i termini di adozione.
La Manovra 2025 e le altre misure per le imprese
Al netto di queste tre misure - Nuova Sabatini, tax credit ZES Unica e Fondo per il finanziamento di interventi volti a ridurre il divario occupazionale e sostenere lo sviluppo dell’attività imprenditoriale - la Manovra 2025 prevede poche altre misure per la generalità delle imprese a prescindere dal settore.
Si introduce un contributo per le imprese che entro il 31 ottobre hanno riversato il credito d’imposta ricerca e sviluppo. Per loro la Manovra 2025 ha previsto l'istituzione di un nuovo Fondo da 190 milioni di euro nel triennio 2025-2027, con cui erogare un contributo in conto capitale commisurato in termini percentuali a quanto riversato.
Vi è poi il rifinanziamento del credito d’imposta IPO (Initial Public Offering), il bonus che sostiene le spese sostenute dalle imprese in servizi di consulenza in vista della quotazione in borsa. La nuova legge di bilancio, infatti, finanzia l’incentivo con 12 milioni di euro spalmati sul triennio 2025-2027.
Tra le altre misure che, in modo un po’ indiretto, vanno a sostegno della competitività del sistema produttivo italiano si possono citare i 300 milioni di euro stanziati nel biennio 2027-2028 per sostenere l’attività dei centri nazionali, dei partenariati estesi e delle iniziative di ricerca in ambito sanitario finanziate dal PNRR e dal Piano nazionale complementare (PNC). Organismi che, dal 2026, si sarebbero trovati altrimenti privi di finanziamenti e che comprendono al loro interno anche soggetti industriali. L'obiettivo è quello di concedere a queste strutture - strategiche per la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico - una boccata d’ossigeno di altri due anni, prima di farle camminare solo con le proprie gambe. Le risorse saranno però concesse solo a quelle strutture che rispettino gli indicatori di prestazione che saranno messi a punto dal Ministero della ricerca, così da sostenere finanziariamente solo progetti che presentino un livello qualitativo “misurabile”.
Infine, c’è un capitolo occupazione, che comprende la conferma degli incentivi per le assunzioni di giovani, donne e lavoratori nella ZES Mezzogiorno e la maxi deduzione per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, prorogata fino al terzo periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024.
Manovra 2025: tagli per contratti di sviluppo e Fondo 394
A parte le misure indicate, per le imprese la Manovra 2025 non prevede molto altro, se non una lunga serie di tagli. Tagli che rientrano nella cura dimagrante da 7,7 miliardi imposta alle amministrazioni centrali, di cui 2,64 miliardi nel solo 2025. Tra i dicasteri maggiormente interessati dai tagli ci sono il MEF e il MIMIT, che, tradizionalmente, gestiscono una parte consistente delle misure per le imprese.
Nel caso del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la cura dimagrante viaggia a nove zeri. Rispetto alla Manovra 2024, infatti, il dicastero guidato da Adolfo Urso assiste ad un decremento della spesa nel 2025, in termini assoluti, pari 1,13 miliardi nel prossimo triennio (366 milioni nel 2025, 376 milioni nel 2026 e 388 milioni nel 2027). Complessivamente gli stanziamenti di spesa del MIMIT autorizzati dal disegno di legge di bilancio si attestano, in termini di competenza, nell’anno 2025, in misura pari all’1,7% della spesa finale del bilancio statale. Una percentuale che nell’esercizio precedente era del 2,1%.
Entrando nel merito, i tagli hanno interessato diverse agevolazioni. Tra questi i contratti di sviluppo nel settore industriale, che registrano una riduzione di 67,2 milioni per ciascun anno del triennio 2025- 2027. Il capitolo di spesa relativo ai contratti di sviluppo è interessato anche da riduzioni nell’ambito della Sezione II (-40 milioni nel 2025, - 30 nel 2026 e 24,5 milioni nel 2027), ed espone uno stanziamento, a DLB integrato, pari a 961,3 milioni per il 2025, a 750,8 milioni per il 2026 e a 750,8 milioni per il 2027. Una scelta che va collegata anche al finanziamento del regime di aiuto nell'ambito del PNRR, che con la modifica approvata dall'Ecofin l'8 dicembre 2023 si è arricchito, nella Missione 1 Componente “Digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo” dell'Investimento 7 “Supporto alla transizione ecologica del sistema produttivo e alle filiere strategiche per le net zero technologies”. Dei 2,5 miliardi dell'investimento, infatti, 7,2 miliardi sono stati destinati al sottoinvestimento M1C2I 7.1.1 «Tecnologie a zero emissioni nette», dedicato ad efficienza energetica, produzione di energia da fonti rinnovabili per l’autoconsumo e trasformazione sostenibile del processo produttivo, mentre 500 milioni sono assegnati al sottoinvestimento M1C2I 7.1.2 «Competitività e resilienza delle catene di approvvigionamento strategiche», che invece riguarda le catene di approvvigionamento industriali.
Tra le misure ridimensionate rientra anche il Fondo di garanzia per le PMI, un'operazione in realtà attesa alla luce della netta riduzione del fabbisogno registrata con l'uscita dal regime straordinario introdotto in risposta al Covid e l'applicazione del regime transitorio nel 2024. La manovra prevede quindi impegni, per il 2025, entro il limite di 160 miliardi di euro, riferibili all'esposizione di garanzie in essere al 31 dicembre 2024 e all'ammontare di nuove garanzie concedibili nel corso dell'esercizio finanziario 2025.
Perde qualcosa anche il Fondo IPCEI, che registra una riduzione di 1,5 milioni per il 2025, di 0,9 milioni per il 2026, di 1,8 milioni per il 2027, così come il Fondo per la prosecuzione della salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività di imprese, decurtato di 30 milioni per il 2025.
Diversi tagli interessano anche le politiche a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese. Da un lato, infatti, si riduce di 300 milioni di euro (150 milioni l’anno nel biennio 2025-2026 si tolgono ) la dotazione del Fondo 394/81, lo strumento gestito da SIMEST per la concessione di finanziamenti agevolati a sostegno del processo di internazionalizzazione delle imprese italiane in paesi extracomunitari, che in questi anni ha dato prova di essere molto gradito dalle aziende. E il cui finanziamento potrebbe avere importanza strategica considerando che - come sottolineato dall’Ufficio parlamentare di bilancio nella sua audizione sulla Manovra - “l’obiettivo di crescita del PIL nel 2025 poggia sull’ipotesi che si rafforzi la domanda estera grazie al rafforzamento del commercio mondiale, esposto però a diverse criticità”.
Al taglio del Fondo 394, si accompagnano poi altre sforbiciate sui capitoli della Farnesina che si occupano di commercio internazionale. Ad essere colpiti sono in particolare l’Agenzia ICE e il Fondo per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese, che registra una riduzione di 7,5 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2025-2027.
Fondo automotive: tagliati oltre 4,6 miliardi a favore dell’industria della difesa
Il comparto che però - stando alle tabelle che interessano sempre il MIMIT - perderebbe più risorse di tutti è l’automotive. Da qui al 2030, infatti, il governo ha disposto un taglio di oltre 4,6 miliardi di euro sui 5,8 miliardi previsti originariamente. Una riduzione pari, insomma, all’80% della dotazione complessiva del Fondo che adesso si ritrova in tasca solo 1,2 miliardi fino al 2030, con il conseguente depotenziamento dello strumento che incentiva sia il lato della domanda che quello dell’offerta.
Allo strumento fanno infatti capo sia le agevolazioni per la filiera produttiva, per sostenere la riconversione all’elettrico, sia gli incentivi all’acquisto di auto a basse emissioni. Sullo sfondo ci sarebbe lo scontro con Stellantis e l’intenzione del governo di convogliare le risorse soprattutto verso la componentistica che però, per bocca dell’Anfia, si dichiara preoccupata per i tagli subiti dallo strumento.
La partita dell’automotive si lega a quella dell'industria della difesa. Le risorse prelevate dal Fondo automotive, infatti, sarebbero state usate per finanziare il comparto difesa che da qui al 2039 riceverà oltre 11,3 miliardi di euro da impiegare sulle seguenti voci: programmi tecnologici per la difesa aerea nazionale, sviluppo tecnologico del settore aeronautico, unità navali Fremm e contributi al settore marittimo-difesa nazionale. Una scelta di politica industriale che fa il paio con l’aumento delle spese per difesa e armamenti comune a molti paesi.
Photocredit: MEF