Porti - UE contro esenzioni fiscali in Italia e Spagna
La Commissione europea scende in campo contro le esenzioni fiscali di cui beneficiano i porti italiani e spagnoli, ritenendo che possano essere considerati aiuti di Stato.
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In Italia i porti sono integralmente esentati dall'imposta sul reddito delle società. Discorso in parte simile per la Spagna, che prevede esenzioni per le tasse portuali o i redditi derivati da contratti di locazione o concessione.
Due regimi di tassazione che, secondo Bruxelles, concedono un vantaggio selettivo in violazione delle norme UE in materia di aiuti di Stato. Per questo la Commissione ha invitato i due Paesi ad adeguare la loro legislazione per assicurare che i porti paghino, a partire dal 1° gennaio 2020, l'imposta sulle società allo stesso modo delle altre imprese attive, rispettivamente, in Italia e in Spagna.
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Il perchè della decisione europea
La concorrenza transfrontaliera svolge un ruolo importante nel settore portuale e la Commissione si è impegnata a garantire condizioni concorrenziali eque in questo fondamentale settore economico.
I porti svolgono sia attività non economiche che attività economiche:
- le attività non economiche, quali le attività di sicurezza e di controllo del traffico marittimo o di sorveglianza antinquinamento, rientrano solitamente nell'ambito di competenza delle autorità pubbliche. Tali attività sono escluse dal campo di applicazione delle norme UE in materia di aiuti di Stato;
- lo sfruttamento commerciale delle infrastrutture portuali - come la concessione dell'accesso al porto dietro pagamento - costituisce al contrario un'attività economica. A questo secondo tipo di attività si applicano le norme UE in materia di aiuti di Stato.
L'esenzione dall'imposta sulle società per i porti che realizzano profitti da attività economiche può rappresentare un vantaggio competitivo sul mercato interno e pertanto comporta un aiuto di Stato che potrebbe essere incompatibile con la normativa dell'UE.
Margrethe Vestager, commissaria responsabile per la Concorrenza, ha dichiarato: "I porti sono infrastrutture essenziali per la crescita economica e lo sviluppo regionale. Per questa ragione le norme UE in materia di aiuti di Stato prevedono che gli Stati membri dispongano di ampi margini di manovra per l'adozione di misure di sostegno e di investimento a favore dei porti. Al tempo stesso, per garantire condizioni eque di concorrenza in tutta l'UE, i porti che generano profitti esercitando attività economiche vanno tassati allo stesso modo degli altri operatori economici - né più, né meno."
La situazione in Italia e Spagna
I regimi fiscali applicabili ai porti in Italia e in Spagna esistevano prima dell'entrata in vigore in tali Stati membri del trattato sull'Unione europea. Tali misure sono pertanto considerate "aiuti esistenti" e la loro valutazione è soggetta ad una specifica procedura di cooperazione tra gli Stati interessati e la Commissione. Per gli aiuti esistenti che risultano essere stati adottati in violazione delle norme UE in materia di aiuti di Stato, i beneficiari non sono tenuti a rimborsare gli aiuti percepiti in passato.
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Italia e Spagna hanno ora di due mesi di tempo per reagire al parere della Commissione, e qualora non accettino le misure proposte, Bruxelles può decidere di avviare un'indagine approfondita per verificare la compatibilità degli aiuti esistenti.
Se dovesse giungere alla conclusione che non è compatibile con le norme UE in materia di aiuti di Stato, la Commissione può chiedere allo Stato membro di porre fine al regime di aiuti che falsa la concorrenza all'interno del mercato unico.
Le regole UE sugli investimenti pubblici a favore dei porti
Eliminare i vantaggi fiscali ingiustificati non significa che i porti non possano più ricevere contributi statali. Gli Stati membri hanno numerose possibilità di sostenere i porti rispettando le norme UE in materia di aiuti di Stato, ad esempio al fine di conseguire gli obiettivi dell'UE in materia di trasporti o di realizzare i necessari investimenti infrastrutturali che non sarebbero possibili senza l'intervento pubblico.
A questo proposito, nel maggio 2017 la Commissione ha semplificato le regole che disciplinano gli investimenti pubblici nei porti, estendendo il regolamento generale di esenzione per categoria agli investimenti non problematici nei porti. Ciò permette agli Stati membri di investire fino a 150 milioni di euro nei porti marittimi e fino a 50 milioni nei porti interni nella piena certezza giuridica e senza previo controllo della Commissione.
Il regolamento autorizza ad esempio le autorità pubbliche a coprire le spese di dragaggio dei porti e delle relative vie di accesso, e consentono agli Stati membri di compensare i porti per i costi sostenuti nello svolgimento di compiti di servizio pubblico (servizi di interesse economico generale).
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