La crisi: sette suggerimenti per il libro di Alesina e Giavazzi
Per anni noi lo abbiamo fatto, anzi qualcuno lo ha fatto in nome nostro, li abbiamo letteralmente coperti di soldi, ma ad un certo punto il budget a disposizione è finito e i buoi sono scappati dal recinto.
A Giavazzi e Alesina, gli economisti autori de "La Crisi" agile e intelligente pamphlet dal contenuto facilmente intuibile, si può suggerire di annoverare tra le cause della crisi il peso di questi manager ingombranti che, passando da una partecipata all’altra, non hanno fatto che aumentare i buchi nei bilanci, a fronte di stipendi e buoneuscite gargantuesche.
Due
Da anni si parla di meritocrazia, ma sembra quasi di scontrarsi con i mulini a vento. Non esiste meritocrazia nelle università, basate sulle baronie, sui nepotismi e i clientelismi, sui concorsi fasulli già predeterminati, contro i quali è stata recentemente varata una norma, si spera dagli esiti positivi.
Non esiste meritocrazia nemmeno nei concorsi pubblici per un unico posto, normalmente già assegnato. Ai colloqui di lavoro poi le domande non sono “Dove ti sei laureato, dove hai fatto lo stage?”, ma “Chi ti ha raccomandato, come hai fatto ad ottenere quel posto?”. Lo stesso discorso si potrebbe applicare anche ai settori produttivi dell’universo privato, con qualche sorprendente e felice eccezione.
Tre
Altra causa della crisi (che manca nel libro di Giavazzi e Alesina) è l’impostazione eccessivamente umanistica degli studi secondari italiani. Con questo non si vuole rinnegare lo studio delle lingue classiche, che hanno il pregio di liberare il pensiero e di gettare le basi per il ragionamento. Il problema è che il pensiero scientifico nella scuola e nell’università italiana è stato tradizionalmente sacrificato in favore di quello letterario.
I danni di questa inferiorità sono incalcolabili, soprattutto al momento dell’ingresso nel mercato del lavoro. Per questo motivo, urge una vera riforma delle scuola secondaria, una riforma che punti ad avvicinare gli studenti alle materie scientifiche, ma soprattutto al mondo della ricerca nel campo medico (staminali, trapianti, vaccini), delle biotecnologie, della fisica e della chimica, dell’audiovisivo. Pretendere una crescita del Pil senza investire in ricerca e innovazione è assolutamente impossibile. Con i soli giornalisti, sociologi, letterati, avvocati, psicologi e bancari purtroppo il Pil non cresce. Ciò non vuol dire che queste figure siano inutili. Semplicemente da sole non bastano a sorreggere un intero sistema. Carta canta: secondo l'Ocse tra il 2003 e il 2007 il prodotto interno lordo è cresciuto solo dell’1,1%. Peggio di noi, ha fatto solo il Portogallo.
Quattro
Un invito al governo. Perché inventarsi la social card, una carta acquisti stile carta di credito che al momento della spesa rischia di non funzionare, quando invece si potrebbe caricare la stessa cifra (40 euro mensili) direttamente nella busta paga delle famiglie più bisognose o degli anziani?
Passiamo alla tassa di soggiorno per gli immigrati. Non risolve i problemi del nostro paese, non contrasta la crisi. E’ solo un modo per lo Stato di fare cassa: circa 100 milioni di euro l’anno, secondo le stime presentate dal ministro Maroni. Tre le ragioni: il balzello, nato per scoraggiare l’ingresso di nuovi immigrati extracomunitari, appare infatti discriminatorio perché basato sul principio di “indesiderabilità” degli stranieri (per dirla con il direttore di Famiglia Cristiana). Da un punto di vista pratico, inoltre, c’è da dire che un extracomunitario regolare (che secondo la legge Bossi-Fini attualmente in vigore, giunge in Italia già con un lavoro) paga le tasse nel nostro paese e non usufruisce di benefici o di particolari facilitazioni rispetto ad un italiano. La tassa va quindi a colpire l’immigrato regolare, rispettoso della legge e che punta ad integrarsi, non il clandestino che risulta irregolare e che si nasconde.
Nondimeno, la tassa è controproducente per un motivo apparentemente banale o qualunquista. Come farebbero migliaia di famiglie italiane ad andare avanti e a prendersi cura dei propri anziani, dei disabili o dei bambini? Pensiamo soltanto che la maggior parte degli infermieri presenti nelle case di cura sono ucraini, moldavi, indiani, pakistani. Di certo non sono clandestini: versano regolarmente le tasse e per il rinnovo del permesso di soggiorno o della carta d’identità devono comunque pagare il bollo per le procedure amministrative. Non viviamo più negli anni sessanta, quando le donne restavano a casa a badare alla famiglia. Con l’aumento delle speranze di vita, gli anziani sono “sempre più anziani” e necessitano di cure che le famiglie italiane non sono più in grado di dare, perché alle donne non si può più chiedere di rinunciare a lavorare, né l’idea di restare a curare ad libitum “il nido” è più così allettante.
Cinque
Impossibile non parlare di etica: dedichiamole più attenzione, soprattutto in ambito creditizio, bancario e finanziario. Non a caso ultimamente ne parlano tutti: gli imprenditori, le banche (sic!), il ministro Giulio Tremonti, Papa Benedetto XVI. Suonavano così altre due battute tratte dal film Jerry Maguire: “Il segreto di questo mestiere sono i rapporti, i rapporti personali”, ma anche, “Senza amore per il prossimo non si vende uno spillo”. Come punto di partenza si potrebbe obbligare ogni laureato in economia di leggere “Il banchiere dei poveri” del premio Nobel Muhammad Yunius.
Sei
Smettiamola di accusare i media, rei di aver gonfiato i dati sulla crisi e di aver scatenato inutili allarmismi. La crisi è innegabile perché parlano i numeri della cassa integrazione ordinaria: + 525% nel mese di dicembre. Semmai si potrebbero criticare i modelli trash e poco edificanti veicolati da una certa tivvù (reality come il Grande Fratello e i suoi epigoni, quiz show, fiction e risse in diretta, celebrazione di furbetti e di furfanti) che spingono gli italiani a credere nei falsi miti (tronisti, finanzieri di dubbia fama, veline, chirurgia plastica) e nelle scorciatoie della fortuna (non a caso nei periodi di crisi crescono in modo esponenziale gli introiti del gioco d’azzardo, dei gratta e vinci, del lotto e del superenalotto).
Sette
A chi accusa i giovani italiani di “bamboccionismo” (la polemica ormai è sterile, perché risale a quella meteora che è stata il governo Prodi bis), si può rispondere che
a) la riforma del mercato del lavoro che ha portato alla precarietà perpetua non l’hanno varata i bamboccioni
b) che la bolla speculativa del mercato immobiliare non l’hanno inventata i bamboccioni
c) i bamboccioni si disinteressano alla politica perché l’attuale sistema di accesso ai partiti non si basa su forme democratiche di partecipazione
d) i (non più) piccoli bamboccioni hanno avuto un brusco risveglio, tirano la cinghia e presto diventeranno grandi.
Sempre da Jerry Maguire: “E' così che si diventa grandi, con le palle appese ad un filo”.
(Alessandra Flora)