Sharing economy - studio su impatto turismo in Ue
Uno studio pubblicato dalla commissione TRAN del Pe su impatto, sfide e opportunità della sharing economy nel settore del turismo
- Turismo - al via domande di contributo per reti di impresa
- Turismo culturale - al via il progetto Europetour
Sharing economy: cos'è
La sharing economy, in italiano consumo collaborativo, è un modello socio-economico che si basa su un insieme di pratiche di scambio e condivisione di beni materiali, servizi o conoscenze da parte di persone e organizzazioni diverse.
Alcuni esempi tra i più conosciuti di consumo collaborativo sono:
- il car sharing per la condivisione delle spese di trasporto,
- il baratto per lo scambio di beni e servizi,
- la banca del tempo per la condivisione delle conoscenze.
Lo studio
Un gruppo di esperti dell'Università del Lancashire Centrale ha realizzato per la commissione Trasporti e Turismo del Parlamento europeo lo studio dal titolo Turismo e Sharing economy: sfide e opportunità per l'Ue, che analizza i principali vantaggi e svantaggi prodotti dalla rapida crescita del consumo collaborativo nel settore del turismo in Ue.
Scopo e obiettivi principali
La relazione esplora tre questioni prioritarie:
- la situazione attuale e gli sviluppi globali della sharing economy nel contesto del turismo;
- i vantaggi e gli svantaggi in relazione agli obiettivi della politica Ue sul turismo;
- le buone pratiche di distribuzione e comunicazione attraverso cui attuare un “turismo alternativo" all'interno dell'Ue e le principali differenze dal turismo tradizionale
Tendenze
Accolta inizialmente con molto entusiasmo, la sharing economy, spiegano i ricercatori nel loro studio, ha mostrato nel tempo anche i suoi aspetti contraddittori e le conseguenze negative, soprattutto in rapporto all'economia tradizionale.
Negli ultimi anni, si legge nella relazione, la sharing economy è cresciuta rapidamente, per un valore stimato a circa 26 miliardi di dollari nel 2013. Una cifra che può apparire impressionante, sottolineano gli studiosi, ma che nel contesto dell'economia globale rappresenta solo lo 0,035%. Le aziende più importanti di consumo collaborativo sono legate al turismo, dove questo modello costituisce circa l'1% del valore dell'intero settore.
Nella concorrenza tra le piattaforme di condivisione si va consolidando l'effetto che i ricercatori dell'Università del Lancaster Centrale definiscono “chi vince prende tutto”, con inevitabili effetti negativi per i competitor più piccoli.
Molte di queste piattaforme, inoltre, partono con un modello non-profit basato su “motivazioni ideali”; tuttavia, quando acquistano successo e ottengono l'attenzione degli investitori, si spostano verso un modello a fini di lucro. Inoltre, la condivisione peer-to-peer (tra pari) tende spesso a spostarsi verso quella business-to-consumer (tra azienda e consumatore). Esempi di questa tendenza sono il sito di alloggi CouchSurfing, che è passato da un modello peer-to-peer non-profit a uno sempre peer-to-peer ma a fini di lucro, e la società di trasporto urbano Uber, che ha affiancato al modello peer-to-peer/a fini di lucro anche quello business-to-peer/a fini di lucro.
Tra i fattori chiave dello sviluppo del consumo collaborativo lo studio individua:
- l'innovazione tecnologica (es: piattaforme di rete e dispositivi mobili),
- motivazioni tra pari (as: responsabilizzazione, apertura, altruismo),
- fattori economici (es: costi marginali quasi a zero),
- pressioni ambientali (es: cambiamenti climatici e sfruttamento delle risorse),
- nuove istituzioni digitali (es: meccanismi di feedback tra pari).
Buone pratiche e lezioni apprese
All'inizio del 2015, si legge nel documento, esistevano quasi 500 piattaforme di sharing economy connesse al settore del turismo. Di queste, l'11% riguardava viaggi e alloggi, il 50% i trasporti e il 39% il tempo libero.
I principali problemi legati al consumo collaborativo riguardano l'evasione di regolamenti, licenze e tasse, causa di:
- mancati ricavi fiscali,
- un contesto economico impari con l'economia tradizionale,
- maggiori rischi sia per produttori che per consumatori.
Le principali piattaforme per la ricerca dell'alloggio a livello globale sono: Tripping, Airbnb, Homeaway e Housetrip. Per il trasporto, le più grandi sono Uber, Lyft e BlaBlacar. Subito dopo arrivano le piattaforme di condivisione di biciclette e barche come Spinlister e Boatbound.
Da un punto di vista prettamente normativo lo studio sottolinea come l'attuale legislazione sia destinata ad un'economia basata sulla proprietà e meno adatta a governare un'economia basata sulla condivisione. Non esiste, aggiungono i ricercatori, alcuna politica Ue sulla gestione del consumo collaborativo e la ricerca a sostegno di policy di questo tipo è quasi inesistente.
Conclusioni e Raccomandazioni
Nonostante la rapida espansione, dicono gli esperti, la dimensione della sharing economy è ancora inferiore all'1% dell'economia tradizionale. La maggior parte delle piattaforme di condivisione nasce e si sviluppa molto rapidamente, ma alcune di esse hanno già raggiunto la fase di massima maturità, lasciando pochi margini per un'ulteriore crescita.
Il consolidamento del potere delle grandi piattaforme - nell'ottica dell'effetto già definito "chi vince prende tutto" - riduce, inoltre, il potere concorrenziale di altri attori minori della sharing economy.
I limiti di questo tipo di economia dipendono principalmente dal fatto che le imprese di sharing economy di maggior successo tendono a spostarsi da piattaforme non profit che stabiliscono transazioni peer-to-peer a piattaforme a scopo di lucro di commercio business-to-customer, uscendo così dalla sharing economy ed entrando a far parte dell'economia tradizionale. In tal senso, la sharing economy perde parte della sua importanza come "forma pura di economia" e acquista, piuttosto, un ruolo decisivo in termini di maccanismo di promozione e innovazione dell'economia convenzionale.
Photo credit: Got Credit