Ue-Cina - al via vertice. Malmstroem, Pechino apra mercato
La commissaria indica le priorità dei rapporti economici e commerciali Ue-Cina. Intanto le associazioni industriali Ue manifestano contro il MES a Pechino.
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Si apre oggi a Pechino il diciottesimo summit bilaterale Ue-Cina. Sul tavolo vi sono sia le relazioni politiche ed economiche tra Bruxelles e Pechino che le questioni globali.
18° vertice Ue-Cina: protagonisti e temi centrali
A rappresentare l'Unione al vertice sono i presidenti della Commissione e del Consiglio europeo Jean-Claude Juncker e Donald Tusk. Presenti per l'Ue nella capitale cinese anche l'alto rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Federica Mogherini, il vicepresidente della Commissione Jyrki Katainen e il commissario al Commercio Cecilia Malmstroem.
Tra i temi più urgenti al centro del summit:
- l'Agenda strategica 2020 Ue-Cina per la cooperazione,
- l'Accordo globale in materia di investimenti Ue-Cina, su cui si aspetta un orientamento politico condiviso e un primo elenco di progetti sulla connettività,
- la questione dello Status di economia di mercato della Cina,
- l'attuazione della Dichiarazione congiunta Ue-Cina sui cambiamenti climatici del 29 giugno 2015,
- la mobilità e la migrazione, la cooperazione su politica estera e il dialogo Ue-Cina sui diritti umani,
- la preparazione al vertice del G20, che si terrà in Cina il 4 e 5 settembre 2016.
Ue-Cina: Malmstroem, priorità su commercio e investimenti
Alla vigilia del summit la commissaria al Commercio Cecilia Malmstroem ha tenuto un discorso presso l'Università di economia e commercio internazionale di Pechino, individuando le priorità e le principali urgenze nelle relazioni economiche e commerciali tra Unione europea e Cina.
In particolare, sono tre le maggiori sfide che Bruxelles e Pechino devono affrontare per tutelare i reciproci benefici.
La prima sfida riguarda soprattutto Bruxelles. In un momento di incertezza come quello attuale l'Unione europea, ha detto la Malmstroem, deve trovare il modo di garantire una crescita più rapida, di cui possano usufruire tutti i cittadini europei e, al contempo, deve continuare a incoraggiare lo sviluppo anche in altre parti del mondo, compresa la Cina.
Tutto questo, ha spiegato la commissaria, è possibile solo con “una politica commerciale e di investimento di tipo aperto e attivo”, che fornisca nuovi posti di lavoro e prosperità. In tal senso, Bruxelles intende lavorare con Pechino e con gli altri partner per raggiungere “accordi che creino opportunità economiche e innalzino gli standard”.
La seconda sfida individuata dalla Malmstroem si rivolge, invece, più esplicitamente a Pechino e riguarda l'esigenza di rivedere le strategie per una crescita della Cina.
Il modello basato su esportazioni e investimenti, che ha portato lo sviluppo del Paese fino a qui, ha spiegato la commissaria, “non fornirà gli stessi risultati in futuro”. L'abbondanza di lavoro e l'intervento massiccio dello Stato non riusciranno, da soli, a portare la Cina all'avanguardia nel campo dell'innovazione, dove invece dovrebbe essere. Inoltre, ha specificato la responsabile Ue, è di vitale importanza promuovere la “crescita dei consumi interni”.
Ciò che serve ora alla Cina è un percorso di riforma che preveda azioni concrete. In tal senso le preoccupazioni maggiori riguardano:
- la scarsità di progressi nella creazione di zone di libero scambio,
- l'assenza di tutela dei diritti di proprietà intellettuale,
- la discriminazione delle imprese Ue in territorio cinese,
- la nuova legge sulla sicurezza nazionale, che conferisce alle autorità ampio potere di controllo e potenziale limitazione di diritti umani,
- la mancanza di prevedibilità e trasparenza dei sistemi giuridici e normativi.
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La terza sfida riguarda, infine, la necessità di mantenere equamente aperti i mercati dell'Ue e della Cina, in modo garantire vantaggi reciproci a entrambe le parti.
Nella riunione del G20 dei rappresentanti del commercio tenutasi nei giorni scorsi a Shanghai è stata ribadita, ha ricordato la Malmstroem, l'esigenza di “combattere il protezionismo e fare di più per aumentare l'apertura dei mercati”. Ma se, da un lato, l'Ue garantisce un alto grado di “apertura alle importazioni e agli investimenti diretti esteri”, dall'altro lato, la Cina non fa lo stesso.
Ci si chiede, dunque, “perché le ditte cinesi possono fare acquisti di alto profilo in Europa”, come nel caso degli aeroporti in Germania, del porto del Pireo in Grecia, della Pirelli in Italia e della Volvo in Svezia, mentre “gli investitori europei devono affrontare pesanti ostacoli, quali il tetto massimo di investimenti esteri, le costrizioni sul trasferimento tecnologico o le restrizioni di licenza in settori come l'automotive, le ferrovie, l'edilizia e i servizi ambientali? E ancora, ha chiesto la Malmstroem, “perché i produttori di acciaio europei devono licenziare i lavoratori quando sono in competizione con imprese cinesi che beneficiano di enormi sovvenzioni?”. E infine, “perché le imprese cinesi che operano in Europa ottengono un trattamento imparziale dalle autorità di regolamentazione indipendenti e lo stesso non avviene in Cina?”.
Da una recente indagine condotta dalla Camera di Commercio europea in Cina è emerso che “più della metà delle imprese europee con base in Cina pensa sia sempre più difficile fare affari”. Dallo stesso report è apparso, inoltre, che vi è una grande "discrepanza tra impegni di riforma e azioni intraprese."
Per mantenere il mercato Ue aperto, a grande vantaggio della Cina e dell'Ue stessa, è indispensabile una risposta alle “richieste di apertura reciproca”, ha concluso la Malmstroem.
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Organizzazioni Ue contro il MES a Pechino
Nelle stesse ore in cui Cecilia Malmstroem parlava all'Università di Pechino, nella capitale cinese un gruppo di associazioni europee ha manifestato contro la concessione dello Status di economia di mercato (Market Economy Status, MES) alla Cina.
L'appello è stato lanciato dall'Aegis Europe, che rappresenta oltre 30 associazioni industriali europee di diversi settori, affinchè Commissione e Consiglio Ue si schierino apertamente contro il rilascio del MES a Pechino, che, lo ricordiamo, avrebbe dirette conseguenze sulla capacità di Bruxelles di proteggere l'economia degli Stati membri dai danni derivanti da prodotti cinesi oggetto di dumping, esportati cioè ad un prezzo molto più basso di quello di mercato.
La questione del MES alla Cina si fa sempre più urgente man mano che ci si avvicina all'appuntamento di dicembre 2016, mese in cui scadranno alcune disposizioni del regime transitorio imposto a Pechino al momento della sua adesione all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), nel dicembre 2001. Le disposizioni in scadenza, infatti, hanno finora consentito ai partner commerciali della Cina membri dell'OMC di utilizzare una metodologia da economia non di mercato per il calcolo del dumping e per l'imposizione dei relativi dazi compensativi all'importazione.
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