Export e investimenti - SACE, Mappa dei Rischi 2017
La Mappa dei Rischi 2017 di SACE illustra le prospettive per le imprese italiane che esportano e investono all'estero.
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Il 2016 è stato l'anno del protezionismo. Dal 2008 ad oggi le misure di questo tipo introdotte a livello globale hanno superato quota 3.500. E' una delle conclusioni messe in evidenza dalla Mappa dei Rischi 2007 di SACE, il gruppo assicurativo-finanziario di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) attivo nell'export credit.
I dieci comparti industriali più colpiti dall'innalzamento di barriere protezionistiche rappresentano quasi il 41% del commercio mondiale. Commercio mondiale che, spiega SACE, dallo scoppio della crisi finanziaria ad oggi "ha subito inevitabilmente una contrazione", con un tasso medio annuo di crescita di appena il 2,9%, ben al di sotto del 7,3% registrato nel periodo 2000-2007.
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Mappa dei rischi per aree geografiche
Senza troppa sorpresa, SACE individua un aumento dei rischi per le imprese che esportano e investono in:
- Medio Oriente,
- Nord Africa,
- America Latina
- Africa Subsahariana,
Migliora, invece, la rischiosità dei Paesi avanzati e resta stabile nella "Comunità degli Stati Indipendenti", in primis in Russia. Buone performance si riscontrano anche in Asia, in particolare in:
- Corea del Sud,
- Pakistan,
- Myanmar.
In controtendenza con il trend protezionistico, SACE evidenza alcuni mercati interessanti che vale la pena esplorare, come i Paesi andini - Colombia, Perù e Cile - i Paesi dell’area Subsahariana e quelli dell’Asia, che nel 2015 hanno rappresentato "oltre 27 miliardi di euro di esportazioni italiane, più del doppio rispetto a Cina e India" messe insieme.
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Tendenze di rischi e opportunità nel 2017
La mappa dei rischi mette in luce tre principali tendenze che "influenzeranno rischi e opportunità a livello globale nel 2017".
Aumento del debito
Il primo trend è rappresentato dall’indebitamento globale, che nel 2016 ha toccato quota 325% del Pil mondiale. La tendenza all'aumento del debito continuerà anche nel 2017, rappresentando "uno dei trend di rischio più preoccupanti".
Si tratta di un fenomeno causato principalmente dalla "componente pubblica nei mercati avanzati" e dalla "componente privata in Paesi emergenti", quali:
- Brasile,
- Messico,
- India,
- Egitto,
- Turchia,
- Mozambico,
- Nigeria,
- Angola.
Caso a sè è la Cina, dove il pesante debito privato, degli enti locali e delle aziende di stato raggiunge la quota record del 240% del Pil.
L'era del "ognun per sé"
L’aumento dei rischi nei mercati emergenti, spiega SACE, ha prodotto un "consistente deflusso di capitali" e, conseguentemente, una "restrizione delle riserve valutarie e del mercato del credito e dei capitali". Sono numerosi i Paesi emergenti in cui l'introduzione di misure di contenimento si è tradotta in un "aumento del rischio di mancato trasferimento valutario per gli operatori esteri".
Alcuni Paesi esportatori di prodotti, come la Nigeria, la Mongolia e il Tajikistan, hanno reso più difficile "l’accesso alla valuta forte da parte degli operatori locali", mentre in altri Paesi, quali l'Angola, la Grecia e l'Ucraina, la "persistente scarsità di valuta forte" ha causato l'introduzione o l'inasprimento di misure restrittive ai pagamenti in dollari e in euro.
Performance positive in tal senso arrivano, invece, da
- India,
- Iran,
- Argentina,
- Ghana,
- Tunisia.
Nonostante i "profili di rischiosità non trascurabili", infatti, in queste aree migliorano decisamente rispetto al 2016 i "rischi di trasferimento e convertibilità".
La Cina è, anche in questo caso, un caso a parte. Nonostante una "rischiosità sostanzialmente bassa", dopo la perdita del 7% del renminbi (valuta della Repubblica Popolare Cinese) contro il dollaro nel 2016, Pechino ha iniziato a "instaurare dei meccanismi per frenare la caduta della moneta e la perdita di riserve valutarie", scese da 4mile a 3mila miliardi in due anni.
Instabilità geopolitica
Dopo un 2016 caratterizzato da "eventi straordinari, forte discontinuità e violenze in aumento a livello globale", anche il 2017 si presenta come un anno di incertezza e volatilità. Alcuni degli straordinari eventi avvenuti lo scorso anno, avranno infatti le loro ripercussioni più evidenti quest'anno. Tra gli altri, preoccupano soprattutto:
- l’elezione alla Casa Bianca di Donald Trump, che promette politiche commerciali ed economiche all'insegna della chiusura e del protezionismo;
- la Brexit e le altre tendenze anti-UE,
- la radicalizzazione dello scontro politico in aree a rischio.
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Il quadro delle principali opportunità
Nonostante l'aggravarsi della rischiosità, si confermano tra i mercati a maggior potenziale per l’export e gli investimenti made in Italy nel medio-lungo termine alcuni Paesi tradizionalmente promettenti, come il Brasile, la Turchia e altri "partner emergenti con elevati indici di opportunità". Tuttavia, puntualizza SACE, i rischi in queste aree "dovranno essere affrontati con strategie più evolute, che comprendano l’utilizzo sistematico di strumenti assicurativo-finanziari a tutela e a supporto del business".
Vi sono poi i mercati di alcune "aree in controtendenza rispetto al quadro generale", che le imprese italiane possono esplorare e/o approfondire. Si tratta dei Paesi andini, ma anche di "alcuni mercati più integrati all’interno dell’area Subsahariana" e "realtà asiatiche molto proiettate all’interscambio globale come la Corea del Sud".
> Internazionalizzazione: SACE, rapporto 2016-2019 su export e investimenti
Photo credit: Send me adrift. via Foter.com / CC BY-NC-ND