Previsioni export 2020: la nuova mappa Sace su dove investire ed esportare
E’ online la nuova mappa dei rischi 2020 di Sace e Simest che offre alle imprese italiane una bussola per orientare i propri piani export e di investimenti esteri. La mappa contiene aggiornamenti puntuali sul rischio di credito e su quello politico in ogni paese ed elenca i principali fattori di instabilità internazionali per il 2020.
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Per le aziende italiane che operano sui mercati esteri il 2020 non sarà un anno facile. Il quadro dei rischi globali 2020, infatti, non si discosta molto da quello che è stato lo scenario complesso in cui si sono trovate ad operare le imprese nel 2019 e, in alcuni casi, assiste ad un aumento delle criticità economico-finanziarie e politico-sociali in alcune aree del mondo.
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Quali sono i principali fattori di instabilità nel 2020?
A tenere banco anche quest’anno sul fronte delle instabilità commerciali internazionali è il tema dazi e la Brexit. Nonostante infatti, in entrambi i casi, nel 2019 ci siano stati dei progressi, la situazione su tutti e due i fronti resta fluida.
Sul fronte della guerra commerciale a preoccupare sono soprattutto tre fattori:
- Le elezioni presidenziali americane autunnali che potrebbero portare il Presidente Donald Trump, in cerca di un secondo mandato, ad una svolta protezionistica in chiave elettorale;
- Le tensioni con la Cina, nonostante la sigla della Fase 1 dell’accordo tra i due paesi. L'agreement siglato il 15 gennaio scorso, infatti, non solo non risolve molte questioni spinose, ma non ha ancora portato ad una riduzione significativa dei dazi americani sulle merci cinesi. A pesare poi sulle prospettive dell’accordo è il Coronavirus che potrebbe ostacolare la capacità di Pechino di onorare gli impegni raggiunti con gli USA in materia di importazioni di prodotti americani;
- E infine le tensioni commerciali tra USA e UE a seguito dei dazi da 7,5 miliardi imposti da Washington sulle esportazioni europee, nell'ambito della disputa Airbus-Boeing. Una tensione commerciale che riguarda anche l'agroalimentare italiano, finito parzialmente nella black list di prodotti sottoposti a dazi ulteriori. Anche su questo fronte la situazione è in costante evoluzione, anche se per ora il resto del Made in Italy si è salvato dal nuovo aggiornamento della black list del 14 febbraio scorso.
A preoccupare, poi, c’è il nuovo accordo di partenariato UE-UK post-Brexit. Nonostante lo scampato pericolo di un no-deal, infatti, lo scenario per le imprese che operano nel Regno Unito resta ancora incerto. La prossima settimana si apriranno i negoziati per definire i futuri rapporti tra le due sponde della Manica, incluso il tema legato all’import-export di merci e servizi, nonché quello sugli investimenti.
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A pesare inoltre sul contesto internazionale saranno anche:
- L’aumento dell’indebitamento globale, che ha raggiunto i 253 mila miliardi di dollari nel terzo trimestre del 2019 (+3,6% rispetto alla fine del 2018);
- La crescita più contenuta del Pil mondiale, su cui pesa il rallentamento di importanti economie sia avanzate (Francia, Germania, Giappone, Stati Uniti), sia emergenti (Cina) e che rappresentano il mercato di sbocco di gran parte del Made in Italy.
Ma a preoccupare è anche l’impatto del Coronavirus sulla crescita cinese che, secondo Oxford Economics, potrebbe aggirarsi sullo 0,6% in meno rispetto alle stime di crescita del Pil di inizio anno. Un impatto che, chiaramente, non sarà uguale per tutti i settori. I più colpiti saranno:
- Il comparto del lusso, i metalli e l’oil, che risentiranno del calo dell’import di Pechino;
- L'elettronica, le apparecchiature elettriche, il tessile e l’automotive, accomunati dal metodo di approvvigionamento (just-in-time) e che, pertanto, potranno andare incontro a interruzioni delle attività a causa della carenza di componenti in arrivo dalla Cina;
- Il turismo, specie nei Paesi che attirano significativi afflussi di visitatori cinesi.
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Rischio del credito e rischio politico
Ad orientare le strategie di export e di investimenti all’estero, poi, è anche il rischio paese calcolato anzitutto nelle sue componenti del:
- Rischio del credito, il pericolo cioè che la controparte estera (sovrana, bancaria o corporate) non sia in grado o non sia disposta a onorare le obbligazioni derivanti da un contratto commerciale o finanziario;
- Rischio politico, distinto in: rischio di guerra e di disordini civili; esproprio e violazioni contrattuali; restrizioni al trasferimento e alla convertibilità valutari.
Per quanto riguarda la prima tipologia di rischio, secondo Sace su 199 paesi analizzati, il rischio di credito diminuisce in 67 paesi (soprattutto Europa emergente, CSI e Asia), mentre peggiora in 43 paesi (soprattutto in Medio Oriente, Nord Africa e America Latina).
Sul fronte dei rischi politici, invece, a preoccupare sono soprattutto, di nuovo, il Medio Oriente, il Nord Africa e l’America Latina dove si registra un aumento dei rischi in più della metà dei Paesi delle rispettive aree.
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