Startup - EY Capri, serve un piano Marshall per l’innovazione
Per le scaleup in Italia c’è ancora molto da fare. Dall’EY Capri arriva un nuovo appello al Governo per il lancio di un piano Marshall per l’innovazione, che inietti 2 miliardi di euro per catalizzare maggiori investimenti privati.
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Il 2018 è stato un anno di generale miglioramento per l’Italia delle scaleup ma il divario con i maggiori ecosistemi è ormai troppo ampio per essere colmato. Tentare di restringerlo, investendo in maniera significativa in innovazione, dovrebbe essere la priorità per il paese e per il nuovo governo.
E’ quanto afferma il nuovo Report “Tech Scaleup Italy” realizzato da Mind the Bridge in collaborazione con AGI e presentato in anteprima nell’ambito della giornata inaugurale dell’EY Capri Digital Summit moderata dal Direttore di AGI Riccardo Luna.
Tech Scaleup Italy
Nei primi sei mesi sono nate 23 nuove scaleup (oltre la metà di quelle monitorate in tutto il 2017) e sono stati raccolti 335 milioni di dollari di investimenti (più o meno quanto raccolto in tutti i 12 mesi precedenti).
Eppure non basta: il divario con i maggiori ecosistemi europei è ormai troppo ampio per essere colmato, a meno che non si provveda con urgenza attraverso significativi investimenti in innovazione, sostiene il report.
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“L’Italia deve investire più capitali in società hi-tech per ridurre il divario con gli altri paesi europei”, commenta Alberto Onetti, Chairman Mind the Bridge e Coordinatore Sep, “l’attuale ecosistema dell’innovazione in Italia non rispecchia affatto il potenziale effettivo del paese, considerate le dimensioni della sua economia, come si evince dalla Scaleup Europe Matrix da noi elaborata”.
Proseguiamo con i dati del rapporto. L’86% delle scaleup ha raccolto meno di 10 milioni di dollari, complessivamente il 33% del capitale messo a disposizione delle aziende high-tech italiane.
Il 12% ha raccolto tra i 10 e i 50 milioni, attraendo il 35% del capitale totale e solo il 3% ha raccolto oltre 50 milioni. Le Dual Company – startup italiane che hanno spostato l’headquarter all’estero – 25 in tutto, hanno raccolto in media il 50% di capitale in più rispetto alle aziende che hanno scelto la più tradizionale via locale.
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Le ragioni del ritardo italiano
I perché di questo ritardo possono essere ricondotti alla giovane età dell’ecosistema e alle tempistiche legate all’accesso ai capitali da parte delle startup, ancora molto lunghe: come dimostrano i dati, le scaleup italiane richiedono infatti più tempo per accedere a finanziamenti significativi il cui canale principale risulta essere ancora il Venture Capital (88% dei fondi, pari a $1,150M).
Le IPO hanno pesato solo per l’11%, le ICO per l’1%. Il 20% dei finanziamenti alle startup italiane arriva dagli Stati Uniti, che si conferma il principale investitore extra-europeo. ll Regno Unito pesa per l’11%.
Serve un piano Marshall per l’innovazione
“A febbraio, prima delle elezioni, avevamo raccomandato al neo governo eletto di lanciare una sorta di piano Marshall per l’innovazione in Italia, con l’iniezione di 2 miliardi di euro volti a spingere e a catalizzare maggiori investimenti privati. Questa era e resta l’unica strada per cercare di ridurre l’enorme divario che separa l’Italia dai principali paesi europei che sono a loro volta in ritardo sugli Stati Uniti e sul Regno Unito. Ora l’Italia ha un nuovo governo. La raccomandazione è ancora valida. Stare fermi non è un’opzione”, conclude Onetti.
Le scaleup non siano sole
“L’Italia è ancora un paese di piccole imprese e di piccole scaleup, come dimostrano i dati del report”, ha sottolineato Riccardo Luna, “e questa mancata concentrazione di risorse caratterizza non soltanto lo sviluppo di queste aziende ma anche la loro presenza sul territorio, distribuita su tanti piccoli hub minori oltre a Milano e Roma, cui fanno riferimento il 55% delle scaleup italiane. Nell’odierno monopolio digitale, è quindi necessario che queste aziende non siano lasciate sole. È giunto il momento che finisca l’era delle chiacchiere e si apra quella dei fatti”.