SACE-Simest: l’export della Sicilia tra vecchi e nuovi rischi
Nel corso di un convegno a Catania, il Polo dell’export e dell’internazionalizzazione del Gruppo CDP, costituito da SACE e SIMEST, ha fatto il punto sulle performance delle imprese siciliane in termini di export e sui potenziali rischi, anche alla luce di possibili scenari di squilibrio regionali o mondiali.
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Nel corso dell’evento sono state approfondite alcune delle più rilevanti tematiche che potrebbero incidere negativamente sulle capacità esportative delle imprese, non solo siciliane, contribuendo ad orientare le aziende verso altre scelte.
Al centro delle analisi dei rappresentanti di SACE e SIMEST, infatti, hanno trovato posto alcuni dei principali rischi che stanno connotando questo 2019 come le turbolenze nei paesi emergenti, il rallentamento dell’economia cinese, la guerra commerciale e la Brexit.
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“Lo scenario internazionale è sicuramente complesso”, ha dichiarato Alessandro Decio, Amministratore Delegato di SACE, “ma è comunque pieno di opportunità per l’export italiano che non ha ancora realizzato il suo potenziale, soprattutto nei Paesi emergenti. Il nuovo Made in Italy, e quindi i settori e le regioni tradizionali ma anche nuovi comparti e sempre di più anche le regioni del Sud, può continuare a crescere”.
L’export delle imprese siciliane
Nel 2018 l’export siciliano ha superato i 10 miliardi di euro. “La Sicilia”, ha affermato Decio, è “da sempre un crocevia strategico per il nostro Paese e continua a dar prova di grande dinamismo, fronteggiando le sfide del mercato internazionale e traducendole in ottime performance di crescita. Nel 2018, un anno complesso, l’export siciliano è cresciuto del 15% e crediamo fortemente che ci sia il potenziale per fare ancora meglio”.
Sono tre i settori chiave che trainano le esportazioni siciliane e che, da soli, rappresentano il 75% del valore totale dell’export dell'isola:
- i raffinati, che, con un +15,3% rispetto al 2017, hanno raggiunto i 6,3 miliardi di euro;
- la chimica, che ha fatto registrare un +14,4% per un totale di 1,1 miliardi di euro;
- gli alimentari e le bevande, arrivati a circa 650 milioni di euro con un +10,9%.
In termini di territori, Siracusa si aggiudica il primo posto con 6,7 miliardi di euro di esportazioni, seguita da Catania (oltre 1,5 miliardi di euro) e da Messina (oltre 1,1 miliardi di euro). Le tre province rappresentano l’87,2% del totale delle esportazioni regionali, ma la crescita più significativa l’ha raggiunta, invece, Palermo con un +53,9% rispetto all’anno precedente.
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Per quanto riguarda, invece, la mappa dei primi tre mercati di destinazione delle esportazioni siciliane nel 2018, al primo posto c’è la Turchia che assorbe il 18,2% dell’export e dove le vendite sono aumentate del +47,3% rispetto al 2017 raggiungendo quota 689 milioni di euro. Gli altri due posti del podio sono occupati dagli Stati Uniti, con 679 milioni di euro e una crescita del +36,7%, e dalla Spagna, con 577 milioni di euro e una crescita del +21,5%.
Gli analisti di SACE e SIMEST sulla base dei principali prodotti siciliani esportati hanno, però, identificato anche altri potenziali mercati di sbocco, paesi che contribuirebbero a diversificare i paesi di destinazione delle merci provenienti dall’isola, riducendo così anche i rischi che derivano da un’eccessiva concentrazione geografica.
Per i raffinati, se è vero che gli USA e la Spagna restano le destinazioni più strategiche, emergono anche altri paesi come l‘Algeria, anche se caratterizzata da un profilo di rischio più alto. Il Messico, invece, mostra evidenze incoraggianti per la chimica, assieme all’Indonesia e alla Turchia.
Gli alimentari e le bevande siciliane, invece, potranno intercettare la crescita della domanda asiatica (Giappone e Cina), e, a fronte di rischi più alti, brasiliana. Germania, Arabia Saudita e Turchia mostrano interesse per i prodotti agricoli.
Infine i prodotti elettronici potrebbero penetrare mercati come le Filippine, la Malesia e la Russia.
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