I Confidi minori come soggetti gestori di agevolazioni
Alcuni confidi "non 106" hanno gestito con successo la funzione di “sportello” di erogazione di fondi pubblici. Come evitare che l'esperienza maturata vada dispersa?
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Dopo aver affrontato il tema dei controlli interni, vale la pena di tornare ancora sul tema dei confidi minori, per alcuni aspetti operativi e di tutela della platea delle imprese assistite; in particolare, sulla gestione di alcune misure che le strutture “non 106”, ormai immesse nel “recinto” dei soggetti 112, hanno di recente egregiamente gestito e che hanno trovato più che positivo riscontro nelle esigenze delle piccole e piccolissime imprese.
Uno dei temi sul tavolo, pertanto, è quello della gestione di alcune misure particolari, operata dai Confidi di maggiori dimensioni all’interno del comparto 112; non si tratta quindi della gestione dei fondi terzi, sempre possibile a favore delle imprese socie qualora accompagnata dal rilascio di garanzia a favore delle stesse, ma piuttosto di attività svolte al di fuori di tale ambito con modalità tuttavia molto simili in termini di istruttoria; peraltro, nella maggior parte dei casi, a favore di soggetti interni alla compagine sociale.
Premessa è che, in base alla nuova impostazione normativa e regolamentare, i Confidi 112, oltre all’attività tipica di rilascio della garanzia, possono erogare solo servizi ad essa “connessi” (vale a dire consulenza in materia di finanza d’impresa limitatamente ai propri soci e nell’ambito del rilascio della garanzia) e “strumentali”, quindi: acquisto di immobili funzionali all’esercizio dell’attività principale; assunzione di partecipazioni esclusivamente in altri confidi o banche di garanzia collettiva fidi o altri intermediari finanziari che rilasciano garanzie).
Nella Regione Lazio, in particolare, verrebbe ad aprirsi il caso della gestione della misura cosiddetta “Microcredito”, lanciata nel corso del 2016 e portata a compimento a fine febbraio 2017, il cui meccanismo di funzionamento è a metà strada fra:
- l’attività tipica di rilascio della garanzia di piccola entità, almeno per quel che attiene alle istruttorie e alla gestione amministrativa,
- la gestione di fondi pubblici per effetto del conferimento di un mandato all’esercizio della funzione,
- quanto previsto con il titolo “Microcredito” dall’art.111 TUB.
In concreto quindi alcuni “vecchi vigilati 107”, sebbene poi non transitati all’albo 106, hanno portato a compimento tali attività di erogazione diretta, senza assunzione di rischi in proprio, con piena soddisfazione delle micro e piccole imprese.
La gestione della misura, da considerarsi a posteriori di largo ed efficace impatto, dato il completo conseguimento degli obiettivi quantitativi, ha imposto una modalità di erogazione diretta a fronte dell’assunzione dell’impegno del front office e della gestione amministrativa, senza tuttavia assumere rischi diretti, comunque, da parte delle strutture designate.
Cosa sarà ora di queste professionalità e del servizio reso? Nell’eventualità di ulteriori reiterazioni della misura, la stessa potrà continuare a essere gestita da strutture “non 106”? Visto il successo riscosso anche nei confronti di soggetti non soci delle strutture mandatarie, vale la pena di “spegnere” un’attività che è stata svolta in maniera vantaggiosa per tutti (Regione, imprese, Confidi)?
A completamento dell’informativa bisogna ricordare quanto previsto dall’art.112 comma 4 TUB per i confidi iscritti all’albo 106, i quali “…possono svolgere, prevalentemente nei confronti delle imprese consorziate o socie, le seguenti attività:
- prestazione di garanzie a favore dell'amministrazione finanziaria dello Stato, al fine dell'esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate o socie;
- gestione, ai sensi dell'articolo 47, comma 2, di fondi pubblici di agevolazione;
- stipula, ai sensi dell'articolo 47, comma 3, di contratti con le banche assegnatarie di fondi pubblici di garanzia per disciplinare i rapporti con le imprese consorziate o socie, al fine di facilitarne la fruizione”.
Da ultimo, sembra andar stretta ai soggetti in esame anche l’ipotesi di cui all’art.111 TUB, che disciplina proprio la fattispecie del Microcredito: in deroga all’articolo 106, comma 1, “i soggetti iscritti in un apposito elenco, possono concedere finanziamenti a persone fisiche o società di persone o società a responsabilità limitata semplificata di cui all’articolo 2463-bis codice civile o associazioni o società cooperative, per l’avvio o l’esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa, a condizione che i finanziamenti concessi abbiano le seguenti caratteristiche:
- siano di ammontare non superiore a euro 25.000 e non siano assistiti da garanzie reali;
- siano finalizzati all’avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali o all’inserimento nel mercato del lavoro;
- siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati.”
La differenza, rispetto alla fattispecie disciplinata dal TUB, è che la gestione del Microcredito Regione Lazio descritta non è stata posta in essere mediante la concessione di finanziamenti derivati da risorse proprie, ma fungendo da vero e proprio “sportello” di erogazione di fondi pubblici, e quindi per finalità di interesse più vasto.
In conclusione, per le strutture che hanno maturato quest’esperienza con successo in tempi recenti, le vie di uscita potrebbero essere:
- ingresso immediato e di diritto all’elenco 111 per tali soggetti, duplicando quindi l’iscrizione 112, prevedendone l’allargamento alle attività svolte “per conto terzi” in connessione all’impostazione dell’ormai “superato” art.155 TUB, in sostanza mediante conferimento di mandato senza l’assunzione di rischi diretti;
- diretta ammissione di tale operatività per le strutture di ridotte dimensioni che, operando in rete, raggiungono comunque la soglia critica di cui all’art.106 TUB (come peraltro previsto dal comma 54 della Legge di Stabilità 2014 in tema di contributi alla patrimonializzazione).
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Con la collaborazione di Rosella Scacchetti ed Emiliana Vitolo.