Industria 4.0 - Svimez, impatto limitato nel Mezzogiorno
Secondo uno studio Svimez, le ricadute economiche del Piano Industria 4.0 saranno minori nel Sud Italia rispetto al Centro-Nord.
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L'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno (Svimez) ha pubblicato una valutazione dei possibili effetti del Piano nazionale Industria 4.0 nei sistemi economici del Mezzogiorno e del Centro-Nord. Scopo del documento, a cura dei ricercatori Stefano Prezioso e Luca Cappellani, è cogliere con precisione gli effetti indotti dalle misure di policy a livello territoriale.
Accesso alle agevolazioni al Centro Nord e al Sud
Nella valutazione i ricercatori ricordano che il Piano Industria 4.0 costituisce, rispetto alle precedenti politiche industriali italiane, un'inversione di tendenza, il cui obiettivo è digitalizzare e interconnettere tutta la filiera produttiva - dai produttori di materie prime fino ai consumatori - grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie.
I principali interventi previsti dal Piano nazionale riguardano il prolungamento e il potenziamento delle misure generali di sostegno agli investimenti inserite nella legge di bilancio 2017: super/iper ammortamento, credito d’imposta sugli investimenti in R&S e Nuova Sabatini.
Per quanto riguarda il super/iper ammortamento, nello studio è stata effettuata una prima ripartizione territoriale della misura, dalla quale emerge, per le imprese meridionali, una quota di accesso pari al 7% delle agevolazioni stimate per l’intero Paese dalla Relazione Tecnica al Disegno di Legge di Bilancio per il 2017. In valore assoluto, le agevolazioni erogate alle imprese del Sud dovrebbero attestarsi intorno ai 650 milioni di euro - da ripartire nel periodo 2018-2027 - contro i circa 8,6 miliardi del Centro-Nord.
Per quanto riguarda il credito d’imposta sulle spese “incrementali” in ricerca e sviluppo effettuate nel periodo 2015-2019, l'analisi ipotizza una quota di accesso delle imprese del Sud a tale misura pari al 10% del totale delle agevolazioni stimate dalla Relazione Tecnica. Ciò implicherebbe, per il Mezzogiorno, circa 350 milioni di euro per il quadriennio 2018-2021, contro gli oltre 3,1 miliardi assorbiti dal Centro-Nord.
In merito alla Nuova Sabatini, i ricercatori mettono in evidenza che tra agosto 2015 e settembre 2016, il Mezzogiorno ha assorbito il 10,2% delle domande, per cui le agevolazioni previste dovrebbero attestarsi, nel Sud, intorno ai 56 milioni di euro, da ripartire nel settennio 2017- 2023, a fronte degli oltre 500 milioni destinati al Centro-Nord.
Ricadute minori al Sud
Rispetto ad altre politiche, gli effetti indotti dal Piano nazionale hanno carattere permanente, poiché mirano a una modifica strutturale dello stock di capitale, favorendo le componenti a maggior rendimento. Questo significa che il “salto aggiuntivo” di Pil e valore aggiunto durerà anche dopo la fine degli incentivi.
Tuttavia nella valutazione si evidenzia come nel Mezzogiorno le ricadute aggiuntive del Piano, al termine del periodo di implementazione, avranno un effetto più basso (0,03 del Pil) rispetto al Centro-Nord (0,2% del Pil).
L'impatto ridotto delle misure a sostegno della digitalizzazione delle imprese nel Sud Italia è legato ad alcuni elementi strutturali che caratterizzano l’industria meridionale: minori livelli di innovatività, diffusione più bassa delle tecnologie ICT e dimensioni aziendali inferiori.
Inoltre, nel Mezzogiorno i servizi di mercato sono spesso frammentati e durante la fase recessiva la capacità produttiva dell’industria meridionale, già relativamente minore, si è ridotta di più rispetto al Centro-Nord. Pertanto, suggeriscono i ricercatori, nel Sud del Paese le misure previste dal Piano Industria 4.0 dovrebbero essere affiancate da altri interventi in grado di accrescere le dimensioni assolute del sistema industriale, e possibilmente le sue interrelazioni con i servizi di mercato locali.
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