Rapporto Cerved Confindustria: PMI Mezzogiorno tornano a investire
La 4° edizione del rapporto PMI Mezzogiorno, a cura di Confindustria e Cerved, segnala una ripresa degli investimenti al Sud. Una tendenza che deve essere sostenuta, migliorando l'accesso ai finanziamenti e sfruttando i fondi europei.
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Le PMI del Mezzogiorno stanno crescendo a ritmi superiori rispetto alla media nazionale, ma la velocità con cui il tessuto imprenditoriale meridionale sta uscendo dalla crisi non è sufficiente a consolidare la crescita. Secondo il rapporto curato da Confindustria e Cerved, con la collaborazione di SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, presentato giovedì a Cosenza, per sfruttare questo trend positivo, bisogna favorire lo sviluppo delle piccole imprese, migliorare l'accesso al credito, non solo bancario, e sfruttare meglio i fondi europei.
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Il numero delle PMI meridionali torna a crescere
Il rapporto si basa su un campione di circa 26mila PMI di capitali tra 10 e 250 addetti, con un fatturato di oltre 130 miliardi di euro e un valore aggiunto di quasi 30 miliardi di euro, poco meno del 10% del PIL meridionale. Un tessuto imprenditoriale tornato a crescere, dopo una severa flessione tra il 2007 e il 2014 (da 29mila a meno di 25mila imprese, -14%), con ritmi anche superiori a quelli nazionali (nel 2016 +4,1% contro +3,6%) e tendenze incoraggianti in termini di nascite e cessazioni, anche se all'appello mancano ancora circa 2 mila imprese.
Il numero di PMI uscite dal mercato è infatti tornato su livelli fisiologici, con un netto cali di fallimenti (-25% tra 2016 e 2017), procedure concorsuali (-18%) e chiusure volontarie. La natalità si conferma elevata e tocca, con 35mila nuove imprese, un nuovo record. Si tratta, però, in buona parte di Srl Semplificate e piccolissime imprese, per cui risulta decisiva la sfida del salto dimensionale.
Aumenta il fatturato, meno la redditività
Secondo il rapporto, anche i conti economici delle PMI meridionali stanno sperimentando una fase di ripresa, con un aumento del fatturato (+2,7%) superiore alla media italiana e analogo ai livelli pre-crisi e il valore aggiunto cresciuto del 4% tra il 2015 e il 2016.
Più contenuti i miglioramenti della redditività lorda, con il MOL, in crescita dell’1,6% e ancora lontano dai livelli del 2007, rispetto ai quali le PMI meridionali hanno perso più di 30 punti percentuali. Migliora anche la redditività netta, con il ROE all’8%(dal 7,5% dell’anno precedente), ma inferiore rispetto alla media nazionale (10,2%).
Debito più sostenibile
Tra il 2015 e il 2016 è cresciuta anche la capitalizzazione delle PMI meridionali (+5,3%, con un incrementi di 1/3 rispetto ai livelli pre-crisi) rendendo più sostenibile il debito e, grazie anche ai bassi tassi di interesse, il peso degli oneri finanziari.
L'aumento del credito interessa soprattutto le regioni dove è più robusto l’apparato produttivo e si accompagna a un calo del numero delle imprese meridionali fortemente dipendenti dal credito bancario, ormai quasi in linea con la media nazionale.
Anche il miglioramento dell’affidabilità creditizia testimonia la maggiore robustezza dell’apparato produttivo meridionale: metà delle imprese osservate sono valutate positivamente come sicure o solvibili (passando dal 40% al 48,4%). E i movimenti dello score indicano comunque che le PMI che migliorano la propria classe di rischio (35,6%) sono significativamente di più di quelle che la vedono peggiorare (25,6%).
Investimenti in crescita in tutto il Sud
Segnali positivi anche sul fronte degli investimenti, che accelerano in tutte le regioni meridionali, con le immobilizzazioni materiali che passano dal 5,9% del 2015 all’8,5% del 2016, al di sopra della media nazionale (7,8%). Un dato che sale al 10% se si guarda alle immobilizzazioni delle imprese industriali in Campania, Puglia e Sicilia.
Secondo il rapporto, si tratta di un potenziale con ampi margini di crescita, considerando che le circa 7 mila PMI meridionali con fondamentali più solidi potrebbero aumentare il proprio indebitamento fino a 9,4 miliardi di euro, mantenendo un livello di rischio molto contenuto: un incremento consistente, pari al 22,4% dell’attivo, che se trasformato in investimenti potrebbe aumentare significativamente la capacità produttiva meridionale.
Oltre la metà di questo potenziale, 5 miliardi di euro, si riferisce a 6 mila piccole imprese che, anche grazie a questo ulteriore indebitamento “sostenibile”, potrebbero ricevere una spinta significativa alla loro crescita dimensionale e produttiva.
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Il potenziale di Industria 4.0
Non stupisce se 1,8 miliardi di euro di nuovo, potenziale indebitamento “sostenibile” si riferisce a circa un migliaio di PMI ad alta automazione: secondo il rapporto anche al Sud Industria 4.0 rappresenta la strada maestra per l’irrobustimento del tessuto produttivo, soprattutto della parte industriale.
Tra le imprese osservate, quelle industriali sembrano aver pagato i costi maggiori della crisi, ma mostrano ora i maggiori segnali di vitalità. Il duro processo di selezione ha fatto scendere il numero di PMI di capitali tra il 2007 e il 2014 da 6.330 a poco più di 5.000 unità, con un calo del 20%, percentuale quasi doppia di quella nazionale. Il 2015 fa registrare un primo, piccolo ma importante, segnale di inversione di tendenza: sia a livello nazionale, sia al Sud , il numero delle PMI industriali cresce dello 0,7%.
I risultati delle PMI dell’industria rimaste sul mercato sono incoraggianti: il loro fatturato cresce al Sud del 4,8% (2016), quasi il doppio del complesso delle PMI dell’area e più della media nazionale (3,1%). I margini lordi delle piccole e medie imprese industriali aumentano del 3,2%, il doppio del complesso delle PMI, ma meno di quelle italiane (+4,6%).
Anche le imprese industriali scontano, dunque, il peso di diseconomie esterne che ne limita le performance. Un peso che continuerà a farsi sentire, anche in una congiuntura che si conferma positiva.
Le sfide per consolidare la ripresa
Secondo le previsioni del rapporto di Confindustria e Cerved, nel 2018 e nel 2019, fatturato e valore aggiunto delle PMI di capitali del Sud continueranno a crescere con tassi non lontani da quelli del resto del Paese, ma i margini si manterranno più bassi della media nazionale, a conferma della rilevanza di fattori esterni che ancora pesano sulla profittabilità delle imprese meridionali.
Questo significa che, a fronte di prospettive moderatamente positive, occorre intervenire per accelerare l’intensità della crescita in direzione di un miglioramento complessivo della situazione economica e sociale dei territori meridionali.
Tra le sfide principali da affrontare, secondo il rapporto, vi sono il sostegno alle piccole e alle medie imprese di capitali, il miglioramento dell'accesso alle fonti di finanziamento, non solo bancario, l'utilizzo sinergico di credito, finanza e strumenti di incentivazione e un uso intelligente dei fondi europei per ridurre le diseconomie territoriali.
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Photo credit: Municipalidad Antofagasta