Symbola-Unioncamere: cultura chiave per crescita e occupazione
Il sistema produttivo culturale e creativo genera più di 92 miliardi di euro. Lo rivela il Rapporto 2018 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, con la collaborazione e il sostegno della Regione Marche.
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Presentato a Roma il Rapporto 2018 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, che quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale.
I dati raccolti dimostrano che la cultura è uno dei motori dell'economia e della ripresa in Italia.
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Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo
Il rapporto analizza il Sistema Produttivo Culturale e Creativo (SPCC), ovvero tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali, ma anche tutte quelle attività che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività, che nello studio definiamo creative-driven.
Il sistema produttivo culturale si articola in 5 macro settori:
- industrie creative (architettura, comunicazione, design),
- industrie culturali propriamente dette (cinema, editoria, videogiochi, software, musica e stampa),
- patrimonio storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici),
- performing arts e arti visive,
- imprese creative-driven (imprese non direttamente riconducibili al settore ma che impiegano in maniera strutturale professioni culturali e creative, come la manifattura evoluta e l’artigianato artistico).
Dal mobile alla nautica, larga parte della capacità del made in Italy di competere nel mondo sarebbe impensabile senza il legame con il design, con le industrie culturali e creative.
La cultura che fa crescere l'Italia
Dall’analisi emerge con chiarezza quanto il ‘sistema Italia’ debba a cultura e creatività: il 6,1% della ricchezza prodotta in Italia, nel 2017, pari a oltre 92 miliardi di euro. Ma non finisce qui: perché il Sistema Produttivo Culturale e Creativo ha un effetto moltiplicatore sul resto dell'economia pari a 1,8.
In altre parole, per ogni euro prodotto dal SPCC, se ne attivano 1,8 in altri settori. I 92 miliardi e più, quindi, ne ‘stimolano’ altri 163, per arrivare a 255,5 miliardi complessivamente generati dall’intera filiera culturale; il 16,6% del valore aggiunto nazionale, col turismo come principale beneficiario di questo “effetto volano”. Più di un terzo della spesa turistica nazionale, esattamente il 38,1%, è attivata proprio dalla cultura e dalla creatività.
Le industrie culturali producono, da sole, 33,6 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,2% del complessivo nazionale), dando lavoro a 488mila persone (1,9% degli addetti totali). Contributo importante anche dalle industrie creative, capaci di produrre 13,4 miliardi di valore aggiunto, grazie all’impiego di quasi 261mila addetti.
Le performing arts generano, invece, 7,9 miliardi di euro di ricchezza e 141mila posti di lavoro; a conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico si devono 2,8 miliardi di euro di valore aggiunto e 51mila addetti. A questi quattro ambiti, che rappresentano il cuore delle attività culturali e creative, si aggiungono i rilevanti risultati delle attività creative-driven: 34,5 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,2% del complessivo nazionale) e più di 579mila addetti (2,3% del totale nazionale).
Approfondendo l’analisi è interessante individuare le varie componenti che contribuiscono alla produzione di ricchezza in ciascun settore culturale. Le performance più rilevanti, all’interno delle industrie creative, appartengono al sottosettore del design (che produce 8,6 miliardi di euro di valore aggiunto insieme all’architettura; lo 0,6% del valore complessivo) e della comunicazione (4,8 miliardi di euro, lo 0,3%). Ad alimentare la ricchezza prodotta dalle industrie culturali, invece, vi sono il comparto dell’editoria e stampa (da cui deriva lo 0,9% del valore aggiunto nazionale, corrispondente a 13,8 miliardi di euro) e quello dei videogiochi e software (0,8%, pari a 12 miliardi di euro). Due filiere che, insieme, fruttano 25,8 miliardi di euro all’economia italiana.
Nel suo complesso il Sistema Produttivo Culturale e Creativo ha prodotto un valore aggiunto e un’occupazione superiore rispetto all’anno precedente (+2,0% nel primo caso e +1,6% nel secondo). Una performance perfettamente in linea con il dato complessivo dell’economia italiana per quanto riguarda il valore aggiunto e superiore riguardo l’occupazione (+1,1%).
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Le imprese creative e culturali
Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano conta, a fine 2017, 414.701 imprese, che incidono per il 6,7% sul totale delle attività economiche del Paese. In particolare, le imprese che operano nei settori del Core Cultura, direttamente collegate alle attività culturali e creative, sono 289.792, a cui va ad aggiungersi la stima relativa alla componente creative driven, dove confluiscono tutte le attività economiche non strettamente riconducibili alla dimensione culturale ma caratterizzate da strette sinergie con il settore (124.909 imprese).
Più del 95% delle imprese operanti nel settore Core Cultura appartiene a due soli ambiti: culturale (148mila imprese, pari al 51,1% del totale) e creativo (127.849 imprese, pari al 44,1% del totale). Rispetto al 2016, il Sistema Produttivo Culturale e Creativo cresce all’interno di tutti gli ambiti, ad eccezione dell’industria creativa (-0,8%), soprattutto per il comparto editoria e stampa (94.604 imprese, -1,7% sul 2016).
Le imprese femminili sono in aumento nella filiera: sono, infatti, ben 52.297, pari al 18% delle imprese del Core Cultura, in crescita dello 0,3% rispetto al 2016. Più di una impresa femminile su due si concentra nell’editoria (il 53,9%), cui segue, a distanza, il comparto della comunicazione (18,8%). Per quanto attiene alle imprese giovanili, queste rappresentano il 7,7% della componente Core: anche in tal caso risaltano, in primo luogo, l’editoria, che racchiude poco meno del 40% (39,6%) delle imprese “under 35”, e a seguire il comparto della comunicazione (con il 18,7%).
Hanno un’incidenza minore, ma non per questo trascurabile, le imprese condotte da stranieri, che a fine 2017 costituiscono il 3,8% del totale delle imprese del Core cultura, comunque in crescita del +2,7% rispetto al 2016.
Distribuzione geografica
La grande area metropolitana di Milano è al primo posto nelle graduatorie provinciali per incidenza di ricchezza e occupazione prodotte, con il 9,9% e il 10,1%. Roma è seconda per valore aggiunto (9,8%) e terza per occupazione (8,6%) mentre Torino si colloca, rispettivamente, terza (8,8%) e quarta (8,4%).
Seguono, per valore aggiunto, Siena (8,4%), Arezzo (7,8%) e Firenze (7,2%), Ancona e Aosta al 6,9%, Bologna al 6,4% e Modena al 6,3%. In termini di occupazione, come suddetto, la leadership per incidenza dei posti di lavoro sul totale dell’economia è da attribuire a Milano, seguita da Arezzo (8,9%), poi Roma, Torino, Firenze (7,8%), Trieste (7,4%), Monza-Brianza e Bologna appaiate al 7,3%, infine Modena e Aosta al 7,2%.
Quanto alle macroaree geografiche, è il Centro a fare la parte del leone: qui, cultura e creatività producono il 7,3% del valore aggiunto. Seguono, da vicino, il Nord-Ovest (6,8%) e il Nord-Est, la cui incidenza si attesta al 5,4%. Il Mezzogiorno, ricco di giacimenti culturali e un patrimonio storico e artistico di primo ordine a livello mondiale, non riesce ancora a tradurre tutto ciò in ricchezza; solo il 4,2% del valore aggiunto prodotto dal territorio è da ascrivere alla cultura, il che rappresenta un problema ma allo stesso tempo un’opportunità di rilancio, su cui investire nei prossimi anni.
Dinamiche simili si riscontrano per l’occupazione, con il Centro e il Nord-Ovest in testa (con il 7% sul totale dell’economia), seguito dal Nord-Est col 6,2% e infine il Sud con il 4,2%. A livello regionale, il peso delle grandi aree metropolitane a specializzazione culturale e creativa di Milano e Roma si fa sentire. Il Lazio si colloca primo (8,8%) seguito dalla Lombardia (7,2%). A seguire, Valle d’Aosta e Piemonte (6,9%), poi le Marche (6,1%). Sul fronte dell’occupazione, identico ordine di classifica: primo è il Lazio (7,7%), seguito da Lombardia (7,4%), Valle d’Aosta (7,2%), Piemonte (6,8%) e Marche (6,5%).
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