Energia - rinnovabili centrali, pesa pressione fiscale
Detrazioni fiscali quali l’ecobonus, ma anche misure come il conto termico e i certificati bianchi hanno portato a risparmi intorno ai 3,5 miliardi di euro di mancate importazioni. Cresce anche il contributo del gas. Il punto sulla situazione energetica nazionale al 2017.
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Nel 2017, in un contesto internazionale segnato da un ulteriore rafforzamento della ripresa economica mondiale e da prezzi delle materie prime che si sono riportati su livelli elevati, l’Italia ha confermato di avere un sistema energetico sostenibile in cui rinnovabili ed efficienza energetica sono centrali.
E’ quanto riporta la relazione sulla situazione energetica nazionale al 2017 presentata al ministero dello Sviluppo economico.
Il ruolo centrale delle rinnovabili
Le fonti energetiche rinnovabili (FER) hanno consolidato il proprio ruolo di primo piano nel sistema energetico nazionale confermandosi una componente centrale dello sviluppo sostenibile del Paese, con ricadute occupazionali ed economiche importanti.
Nonostante il venire a mancare di una parte della generazione idroelettrica, per effetto della bassa piovosità, si stima che nel 2017 le FER abbiano coperto il 17,7% dei consumi finali lordi di energia, il valore più elevato mai registrato e che risulta al di sopra degli obiettivi europei al 2020.
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Con riferimento al solo settore elettrico, l’incidenza delle rinnovabili - calcolate applicando i criteri di calcolo della direttiva 2009/28/CE - sul consumo interno lordo di energia elettrica al netto dei pompaggi è stimata pari al 34,2%, in lieve aumento rispetto al dato 2016 (34,0%). Si stima che nel 2017 alle attività legate alla realizzazione e gestione di nuovi impianti alimentati da FER siano corrisposte circa 70mila unità di lavoro permanenti e 44mila temporanee.
Bene anche l’efficienza energetica
Si conferma il buon livello di efficienza energetica del nostro paese: l’indice ODEX (indici sintetici di efficienza energetica depurati dagli effetti dei cambiamenti strutturali come la crisi economica) per l’intera economia italiana nel 2016 (ultimo anno disponibile) è stato pari a 92,7 confermando i miglioramenti registrati a partire dall’anno 2005.
L’intensità energetica del PIL si è attestata intorno 106,7 tonnellate equivalenti di petrolio (tep) per milione di euro, con un decremento complessivo pari al 4,9% rispetto al 2013, uno dei valori più bassi dei paesi dell’area OCSE.
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Tale miglioramento è frutto dei molti strumenti di promozione adottati - dalle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, meglio noto come ecobonus, al nuovo Conto Termico, ai Certificati bianchi - che hanno portato a rilevanti risparmi di energia e, conseguentemente, alla riduzione delle emissioni: complessivamente, nel periodo 2005-2017, si stima che con le misure per l’efficienza energetica siano stati risparmiati 13,4 milioni di tep all’anno di energia primaria e oltre 3,5 miliardi di euro l’anno di mancate importazioni che hanno alleggerito la bolletta energetica del paese.
Italia meno dipendente da import energetico. Gas sempre più importante
La progressiva incidenza delle FER e la riduzione dell’intensità energetica hanno contribuito, negli ultimi anni, alla riduzione della dipendenza del nostro Paese dalle fonti di approvvigionamento estere.
La quota di fabbisogno energetico nazionale soddisfatta da importazioni nette rimane elevata (pari al 76,5%) ma più bassa di circa 6 punti percentuali rispetto al 2010.
Nel 2017, riprende a crescere, dopo un decennio di riduzione quasi continua, la domanda di energia primaria (+1,5% rispetto al 2016); questa è soddisfatta sempre meno dal petrolio (che comunque rappresenta un terzo del totale), dai combustibili solidi (al 6,1%) e dall’energia elettrica importata (al 4,9%).
Cresce il contributo del gas (al 36,2%) e si conferma quello delle fonti rinnovabili (pari a poco meno di un quinto).
Aumenta anche la domanda finale di energia, cresciuta dell’1,7%, che prosegue la tendenza positiva manifestatasi negli ultimi tre anni, una crescita trainata dall'agricoltura, i bunkeraggi, gli usi civili e quelli industriali.
In controtendenza invece il settore dei trasporti che mostra un lieve decremento. In termini economici, le imprese appartenenti ai settori della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata e della fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio generano un valore aggiunto che cresce del 2,7% rispetto all’anno precedente.
Pesa la pressione fiscale
Permane il divario di costi energetici che svantaggia il nostro Paese: il differenziale fra i prezzi dei prodotti energetici in Italia e nell’Unione Europea rimane positivo ma è ripreso il processo di convergenza iniziato qualche anno fa.
Si conferma un significativo premio pagato dalle imprese italiane per l’energia elettrica e uno più lieve per il gas acquistato dalle famiglie. Ciò è anche il risultato della maggiore pressione fiscale che nel nostro paese colpisce i prodotti energetici: nel 2016, ultimo dato disponibile, ogni tep di energia utilizzata era gravata da una imposta di 384 euro, un valore superiore del 64% alla media europea.
I dati del primo semestre 2018
Insieme alla relazione sul sistema energetico italiano, relativa allo scorso anno, il MISE ha presentato il monitoraggio statistico-energetico del primo semestre 2018.
Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si registra una crescita delle rinnovabili (+14,7%). Non ci sono informazioni congiunturali per biocarburanti e legna che vengono contabilizzate a fine anno.
Nello stesso periodo, crescono le vendite di auto alternative alle fonti tradizionali (+15%) e rappresentano ormai il 12,6% del nuovo venduto. Le auto elettriche (totalmente o parzialmente) rappresentano il 4,1% del nuovo venduto rispetto al 3,1% del 2017.
> Relazione sulla situazione energetica nazionale al 2017
> Monitoraggio statistico-energetico del primo semestre 2018