Svimez - gli effetti della Manovra si sentiranno soprattutto al Sud
I dati sul Pil evidenziano un riaprirsi della forbice tra Centro-Nord e Sud, sostiene il rapporto Svimez 2018. E l'impatto della Legge di Bilancio, che dovrebbe portare benefici soprattutto nel Mezzogiorno, in particolare per la maggiore incidenza del reddito di cittadinanza, rischia di essere eroso dall'innalzamento dello spread.
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Anche quest’anno il Paese procede a due velocità, sostiene Svimez, che nel suo rapporto 2018 stima gli effetti della Manovra sia al Centro-Nord che nel Mezzogiorno. E anche in questo caso le stime parlano di impatti diversificati, soprattutto per il reddito di cittadinanza.
Manovra: gli effetti maggiori al Sud che nel Centro-Nord
Le misure espansive andrebbero a vantaggio del Mezzogiorno. Soprattutto perché le spese per le quali si prevede l’incremento più significativo sono quelle delle prestazioni sociali e dei consumi collettivi, sostenute dal pensionamento anticipato (quota 100) e dall’avvio del reddito di cittadinanza.
L’impatto dei provvedimenti contenuti nella Manovra sull’evoluzione del Pil al Centro-Nord e al Sud, secondo l’analisi Svimez, darebbe un impulso positivo nel Mezzogiorno di circa lo 0,3% nel 2019 sull’aumento previsto del prodotto lordo dell’1%, e di poco più dello 0,4% nel 2020 sul PIL allo 0,9% ipotizzato. Nel Centro-Nord, i valori risultano decisamente inferiori, quasi lo 0,2% nel 2019 e 0,24% nel 2020.
Ciò, da un lato, va valutato positivamente, alla luce della forte caduta dei redditi nel Mezzogiorno che ha generato un significativo aumento della sofferenza sociale, ma, dall’altro, l’impatto sul Pil del Sud resta basso, e in calo negli anni, per la stagnazione del sistema produttivo. Ciò soprattutto perché non è previsto un significativo incremento degli investimenti, mentre solo maggiori risorse potrebbero stimolare la crescita dell’economia meridionale.
Ma lo spread alto danneggia più il Sud
La Svimez ha valutato anche l’effetto dell’ampliamento dello spread al Centro-Nord e nel Mezzogiorno, ipotizzando che nel 2019 e nel 2020 sia di poco inferiore ai 300 punti. Al Sud un innalzamento stabile dello spread sui livelli attuali comporterebbe una minore crescita nel 2019 di circa lo 0,33% e nel 2020 dello 0,35%. Nel Centro-Nord l’effetto sarebbe, invece, dello 0,22% il prossimo anno e dello 0,25% il successivo.
Da queste cifre scaturiscono due considerazioni: prima, un incremento stabile nel costo del debito limita fortemente l’efficacia espansiva delle misure redistributive adottate.
Secondo, l’effetto negativo dell’innalzamento dello spread sarebbe maggiore nel Sud, in quanto un maggior differenziale dei tassi comporta una diminuzione degli attivi netti del sistema bancario, riflettendosi in un razionamento dei prestiti alla clientela. E ciò colpirebbe di più gli investimenti delle imprese meridionali, le quali hanno maggiori bisogni finanziari che non sempre riescono a soddisfare.
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Reddito di cittadinanza: il 63% al Sud
In attesa dei dettagli della misura, la Svimez ha effettuato una stima sull’impatto del reddito di cittadinanza, considerando una spesa pari a 8 miliardi, al netto di 1 miliardo destinato alla riqualificazione dei centri per l’impiego.
La misura consentirebbe di ampliare significativamente la platea dei destinatari rispetto all’attuale Reddito di Inclusione ma non di assicurare il raggiungimento della soglia dei 780 euro indicata dal Governo, in quanto, secondo i calcoli della Svimez, il raggiungimento di tale soglia richiederebbe uno stanziamento di circa 15 miliardi.
Con le risorse attuali, prendendo a riferimento le famiglie con ISEE inferiore a 6mila euro e pur tenendo conto che circa il 50% potrebbe avere una casa di proprietà, è possibile erogare un sussidio compreso tra i 255 euro per una famiglia monocomponente e i 712 per una con 5 o più componenti, a circa 1,8 milioni di famiglie.
Ciò avvantaggerà il Mezzogiorno che assorbirà circa il 63% del reddito di cittadinanza. Considerando che i beneficiari si concentreranno, prevalentemente ma non esclusivamente, al Sud, un primo limite è dato dal fatto che si tratta di una misura esclusivamente monetaria, neanche mitigata da meccanismi di premialità a chi integra il sussidio con redditi di lavoro, come avviene in altri Paesi.
Inoltre, l’efficacia di un sussidio monetario in zone, quali le periferie urbane, le aree interne del Sud come del Nord in cui sono estremamente deboli le strutture pubbliche che offrono servizi al cittadino, dipenderà dal collegamento tra il beneficio economico e la partecipazione a programmi di attivazione e di accettazione di offerte di lavoro. E ciò, nel Mezzogiorno soprattutto, rischia di non potersi realizzare per le attuali, scarse potenzialità dei centri per l’impiego.
Infine, solo la effettiva disponibilità di posti di lavoro nelle aree meridionali può consentire di non trasformare questa misura in assistenziale. Secondo la Svimez, a partire dalle risorse del reddito di cittadinanza, è prioritariamente necessario creare un sistema integrato di servizi per le fasce più deboli della popolazione, attraverso interventi mirati volti a contrastare l’abbandono scolastico, a integrare i servizi socio-sanitari (asili nido, strutture socio assistenziali per anziani) oggi carenti, a rafforzare le politiche attive del lavoro migliorando così la qualità della vita, per fare in modo che sussidi economici temporanei possano diventare parte di un progetto di inclusione più ampio.
Investimenti ed export in crescita
Nel 2017 il Pil è cresciuto nel Mezzogiorno dell’1,4%, rispetto al +1,5% nel Centro-Nord (+1,5%). L’anno precedente al Sud era aumentato dello 0,8%. Prosegue quindi la lenta ripresa, seppur in un contesto di grande incertezza e col rischio di una frenata dell’economia meridionale. La crescita è legata al forte recupero del comparto manifatturiero (+5,8%), in particolare nelle attività legate ai consumi, e, in misura minore, delle costruzioni (1,7%).
Nel corso del 2018 gli investimenti, che rappresentano la componente più dinamica della domanda, crescono in maniera più marcata al Nord (+6,2%), ma salgono anche al Sud (+3,8%). L’export meridionale a fine 2018 dovrebbe segnare un +1,6% rispetto al +3% del Centro Nord.
Troppa lentezza nell’uso dei Fondi UE
I primi dati di attuazione confermano il forte ritardo accumulato nell’avvio della programmazione per il ciclo 2014-2020.
La Svimez è preoccupata non solo perché questi primi dati segnalano il ritardato avvio del nuovo ciclo di programmazione della Politica di coesione europea, ma soprattutto perché la Politica di coesione nazionale, essenzialmente finanziata con l’FSC, è rimasta al palo. E ciò provoca una duplice sostitutività dei Fondi strutturali europei, da un lato per l’insufficiente spesa in conto capitale ordinaria e dall’altro per un mancato utilizzo delle leve nazionali della Politica di coesione.
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In particolare, dai dati della ragioneria sull’andamento del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il 2014-2020, si vede che, su un totale di risorse programmate che ammonta complessivamente a 32 miliardi, gli impegni non arrivano a 1,7 miliardi mentre i pagamenti ammontano a circa 320 milioni.
Si tratta di un livello di attuazione fermo, tre anni dopo l’avvio previsto della programmazione, all’1% delle risorse programmate. Particolarmente deludente l’attuazione finanziaria del FSC 2014-2020 all’interno dei Patti per lo sviluppo, ferma anch’essa all’1,1%. Per la SVIMEZ si tratta di un sostanziale fallimento.