Commercialisti: la fattura elettronica e i costi per il Paese
La fattura elettronica è la punta dell'iceberg in un mondo fiscale che negli anni è diventato sempre più complesso, tra reverse, split, esterometro, regimi speciali, cedolare secca, ecc. E a complicare il quadro c'è la partenza contestuale del regime forfettario per partite Iva con ricavi fino a 65mila euro.
> Fattura elettronica - la guida dell’Agenzia delle entrate
L'infrastruttura evolve, il supporto dei consulenti va di pari passo. I due fenomeni che ci toccano si chiamano complessità e disintermediazione. L'impresa e i consulenti sono immersi in un mondo di regole sempre più asfissianti e tangibili, dettate dalle elites per fornire risposte regolamentari all'immaginazione commerciale degli operatori. E' un impulso di equità e di ordine; la fase storica è, come sempre, di transito; e chi parla di semplificazione non conosce il nostro mondo oppure è in malafede.
Esiste un limite personale alla capacità di risolvere problemi in conto terzi, c'è necessità di aggregazione e specializzazione al tempo stesso. La scollatura fra il nostro mestiere e il mondo è evidente, quando parliamo con gli "esterni" ci accorgiamo che la lingua è irrimediabilmente diversa. E se questo in generale è fisiologico, percepiamo la soglia oltre la quale si entra nel mondo della patologia.
La fattura elettronica rappresenta in pieno questo fenomeno: sembra tutto facile, nelle intenzioni e a parole; ma la complessità di sistema è ormai talmente spinta che la fattura ordinaria, fra reverse, split, esportazioni, intra, note di variazione per sola Iva, esterometro, regimi speciali, aliquote Iva in edilizia e ristrutturazioni, ha mantenuto, di comune, solo il nome.
Emettere una fattura dal sito AdE è un'impresa per gente tenace e preparata. Provare per credere. La situazione migliorerà, non ci sono dubbi, ma il costo dell'operazione, a consuntivo, sarà gigantesco. La frustrazione, intesa come distanza fra il punto in cui ci si trova e quello in cui si vorrebbe essere, è enorme.
La categoria è in trincea, quindi, fra il maglio di un'amministrazione inefficiente e tracotante, che ha scaricato il costo dell'intera operazione sul sistema dei consulenti sparsi sul territorio; e la massa degli operatori economici, a volte perplessi e più spesso inferociti che, per pochi spicci, pretende l'impossibile. Con la consapevolezza, per molti, di non potercela fare.
Assistiamo in silenzio alla presa della Bastiglia mediatica da parte dell'Agenzia delle Entrate: l’e-fattura, a 15 giorni dalla partenza, funziona perfettamente! Nessun intralcio, milioni di documenti processati, "fatture e corrispettivi" è l'affaccio sul mondo dei miracoli, il Sistema di Interscambio è il Principe che dispensa gli ingressi, facili per tutti. Come da regola, mettere le mani avanti...
Il Circo Barnum delle case di software e delle multinazionali ha battuto la grancassa per mesi, facendo montare la preoccupazione, a volte la disperazione, degli addetti ai lavori. I nostri assistiti sono stati chiamati in improvvisate aule di docenza presso i nostri studi per spiegare il funzionamento del sistema, fino al 31 dicembre 2018 solo puramente teorico, della fattura elettronica. Il 2 gennaio 2019 tutti in mare, chi non rimarrà a galla peggio per lui.
Questo in sintesi lo scenario visibile. Poi ci sono le riflessioni sottostanti, la complessità di un mondo fiscale che rappresenta la punta dell'iceberg di meccanismi che non possono più essere semplici (mondo forse inventato dalle elites, vero Baricco? Ma lei l'ha mai fatta una fattura elettronica? Quando e se mai si degnerà, altro che scollamento fra la "gente" e i "vips"...), e che è stato complicato a dismisura negli ultimi 10 anni. Split, reverse, intra, esterometro, regimi speciali, Iva ell'edilizia, cedolare secca che reitera disparità di trattamento inaccettabili, esportazioni e documenti di accompagno; per non parlare di studi di settore (ora indici di affidabilità), società di comodo, CU, 770, Irap, dichiarativi ordinari.
In questa complessità, inutile descrivere tutto quello che non funziona; la vicenda tecnica non è alla portata di tutti, annoia terribilmente sapere che non si possono usare i caratteri speciali in fattura elettronica dalla terza riga in poi, e non vale nemmeno la pena raccontarle, queste piccolezze.
Quello che fa orrore è il calcolo del tempo. 100.000 professionisti che hanno speso in media 100 ore a testa, fra preparazione personale e diffusione del messaggio, prove sul campo e tentativi di risolvere errori generati da altri, fanno 10.000.000 di ore. Quanto ci viene addebitato dalla multinazionale delle auto per la manodopera necessaria a sostituire una scheda? 40 Euro l'ora? Facciamo che noi ne costiamo 50? L'operazione è costata al sistema almeno 5 miliardi, ma la stima è certamente per difetto: con i dipendenti degli studi e gli amministrativi operativi in Italia il numero andrebbe moltiplicato per 5; 100 ore di preparazione sono poche; e anche 50 Euro l'ora sono il costo di una ripetizione per il figlio alle prese con la versione di latino...
Forse 15 miliardi allora. A chi giova? Non a noi, che abbiamo sopportato e stiamo formando le competenze del tutto gratuitamente (ferie? Permessi? XII o XIV? Tfr? Welfare aziendale? Bah....). Per la lotta all'evasione se ne avvantaggia l'AdE (2 miliardi la stima dei maggiori introiti, contro i 15 di costi), ammissione del direttore. Per il business abbiamo fatto ponti d'oro alle multinazionali...
Rimane poi da valutare, ancora a livello di visione globale, se qualcuno abbia un minimo riflettuto sulla partenza contestuale di fattura elettronica e forfettario per le categorie economiche a volumi contenuti di affari (65k). 2/3 delle partite Iva rientrano in questo segmento, secondo le stime più attendibili. E i forfettari non hanno interesse per la loro stessa natura ad avere oneri detraibili o deducibili (non versano Irpef ma la sostitutiva), oltre che costi professionali (già riconosciuti al 22% per il gruppo più numeroso). Si chiama incentivo al nero, che azzererà le stime dell'Agenzia sul recupero dei 2 miliardi.
In più abbiamo le odiose rendite di posizione dei proprietari di immobili (cedolare secca al 10 o 21%) ad uso abitativo, con disparità di trattamento per i proprietari di A/10 (esproprio del reddito dalla somma di Irpef e addizionali per il 46% + Imu a volte pari al 50% dei canoni di locazione). E con professionisti e dipendenti che, ad aliquota marginale, sfiorano il 50% di prelievo senza contare la parte previdenziale. Allora ci stiamo trasformando nel paese dei balocchi e dei b&b?
Quale bambino capriccioso sarebbe stato in grado di creare un caos così palpabile? Le poche forze ancora dotate di spinta economica imbrigliate da operazioni a perdere, a cui si aggiunge la beffa dell'essere additate quali incapaci di semplificare la vita all'imprenditore.
Abbiamo assistito per 30 anni (1960 - 1990) al più enorme, sistematico e raggelante trasferimento di ricchezza mai congegnato al mondo, dallo Stato alle Famiglie (baby pensioni, rendite vitalizie con un sottostante non versato, tolleranza a tutti livelli dell'evasione del lavoro nel settore pubblico e dell'evasione fiscale in quello privato). Ora quel trasbordo è diventato insostenibile ed è iniziata la caccia al colpevole; il problema è tutto italico, con l'abnorme massa di debito pubblico che ci sovrasta; gli altri paesi europei hanno ancora leve per rabbonire le masse, noi no.
Le elite di cui facciamo probabilmente parte sono ormai chiuse nella loro asfissia, nonostante lavorino h24 sette giorni su sette; la fattura elettronica e i nuovi regimi di tassazione ci dicono, a ben vedere, che le "masse escluse" reclamano panem et circenses: non c'è più tempo per costruire sistemi durevoli in spirali positive con uno sguardo da statista e un orizzonte oltre il breve periodo. Rimane solo da chiedersi se sia il caso di uscire allo scoperto, da parte della classe politica, e di proclamare le proprie intenzioni, una volta per tutte.
> Legge Bilancio 2019 – regime forfettario dei minimi, novita' per partite IVA