Corte Conti UE: bene Fondo europeo difesa, ma attenzione ai rischi
La proposta di dotare il Fondo europeo per la difesa di risorse significative nell'ambito del bilancio UE post 2020 va nella giusta direzione, ma servono controllo della spesa e maggiore coordinamento tra gli Stati membri e con la NATO. L'analisi della Corte dei Conti europea.
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Nonostante l'ambito della difesa rimanga saldamente in mano agli Stati membri, negli ultimi anni sono stati compiuti diversi sforzi per aumentare la collaborazione a livello europeo, attraverso iniziative come la Cooperazione strutturata permanente (PESCO) e la Revisione coordinata annuale sulla difesa (CARD).
Nel 2017, inoltre, la Commissione UE ha presentato un Fondo europeo per la difesa per integrare gli investimenti nazionali in ricerca e per rendere più efficiente la spesa dei paesi UE sul fronte dell'acquisizione di capacità.
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Lo strumento è stato lanciato in via sperimentale con due finestre di finanziamento - da una parte, l'Azione preparatoria sulla ricerca in materia di difesa 2017-2019, dall'altra, il Programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa (EDIDP) 2019-2020 - e dovrebbe essere stabilizzato nel Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 con una dotazione complessiva di 13 miliardi di euro.
Un primo passo nella giusta direzione, secondo una nuova analisi della Corte dei Conti europea, che però avverte: il livello di cooperazione e le capacità militari attuali degli Stati membri non corrispondono al nuovo livello di ambizione della politica di difesa dell’UE e le iniziative dell'Unione dovrebbero operare in sinergia con altri quadri di difesa e sicurezza, a cominciare dalla NATO.
Attenzione all'incremento della spesa
La prima questione critica sollevata dalla Corte riguarda il fatto che la Commissione europea ha proposto un marcato incremento del bilancio UE per la difesa e la sicurezza esterna. Se ai 13 miliardi del Fondo europeo per la difesa si aggiungono i 10,5 miliardi proposti per lo Strumento europeo per la pace si arriva ad un totale di oltre 23 miliardi per il periodo 2021-2027, contro i 2,8 miliardi del ciclo 2014-2020.
Secondo i giudici di Lussemburgo, vi è il rischio che i sistemi di controllo esistenti non siano in grado di far fronte a questo incremento della spesa UE.
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Troppa frammentazione tra gli Stati membri
Non bisogna poi sottovalutare il fatto che la difesa è un elemento centrale della sovranità nazionale e che attualmente esistono evidenti differenze strategiche tra gli Stati membri, che non percepiscono le minacce alla sicurezza e non intendono il ruolo dell’UE in materia di difesa nello stesso modo, hanno regole d’ingaggio diverse e un ampio ventaglio di opinioni sull’uso della forza militare. Inoltre, anche dal punto di vista tecnico non si hanno al momento norme comuni, il che limita fortemente l’interoperabilità delle forze armate europee.
Di conseguenza, ne conclude la Corte, esiste un un netto divario tra ciò che gli Stati membri dovrebbero fare e ciò che sono in grado di concordare e realizzare. E "in assenza di fattori critici di successo e di una chiara definizione degli obiettivi - avverte Juhan Parts, il membro della Corte responsabile dell’analisi - le attuali iniziative UE in materia di difesa rischiano di rimanere lettera morta e sfociare in un nulla di fatto".
In sintesi, quindi, il futuro dell’Unione nel settore della difesa dipende completamente dalla volontà politica degli Stati membri.
L'impatto della Brexit
Tra l'altro, segnala la Corte, negli ultimi anni i tagli ai bilanci nazionali della difesa hanno condotto ad investimenti insufficienti nel settore. Il risultato è che attualmente le capacità militari dei paesi membri non corrispondono al livello di ambizione dell’Unione e occorrerebbero svariate centinaia di miliardi di euro per colmare tale divario, se l’Europa dovesse difendersi da sola senza assistenza esterna.
Il quadro è peggiorato dalla prospettiva della Brexit: il Regno Unito occupa infatti il primo posto in Europa per la spesa militare e sostiene circa un quarto della spesa totale degli Stati membri dell’UE.
Difesa UE sia complementare alla NATO
Infine, osserva la Corte, l'UE dovrebbe essere in grado di svolgere in futuro un ruolo complementare a quello di altri sistemi di sicurezza ed evitare duplicazioni e sovrapposizioni.
L'analisi fa riferimento in particolare alla NATO, che per 22 Stati membri rimane il quadro di riferimento più importante nel campo della difesa collettiva.
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