Dieci domande sul Recovery fund e sul bilancio UE
In attesa di vedere quale sarà la proposta della Commissione sul Recovery fund, la Conferenza regioni periferiche e marittime fa il punto sulle proposte presenti sul tavolo tra piano per la ripresa e bilancio pluriennale, e solleva dieci questioni chiave per il futuro dell’Ue, inclusa quella su come saranno assegnati i fondi per la coesione tra le regioni.
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Occhi puntati su Bruxelles. È prevista per domani, infatti, la presentazione della proposta della Commissione sul prossimo bilancio pluriennale e sul Recovery fund, lo strumento destinato a sostenere la ripresa economica dell’UE colpita dalla pandemia.
Una tappa fondamentale per il futuro dell’Unione su cui, però, si profila uno scontro tra i paesi meridionali (tra i più colpiti dalla crisi) e il blocco dei c.d paesi frugali che propongono solo prestiti (e non sovvenzioni) e pongono condizioni.
Nel mezzo, la proposta franco-tedesca di un Recovery fund da 500 miliardi e che dovrebbe costituire la base di mediazione tra i due fronti.
Nell'attesa di capire come evolverà la situazione, la Conferenza delle regioni periferiche e marittime (Crpm) pubblica una nota tempestiva sul futuro bilancio pluriennale, a cui sarà ancorato anche il Recovery fund, e pone dieci domande chiave.
Cosa c’è sul tavolo
Ripercorrendo velocemente le tappe che portano alla riunione di domani, si comincia dal 23 aprile quando il Consiglio dell’Ue ha dato mandato alla Commissione di preparare una versione aggiornata del prossimo bilancio pluriennale 2021-2027.
Il 18 maggio, poi, è stata la volta della proposta franco-tedesca su un Recovery fund da 500 miliardi di euro, a cui il 23 maggio, è seguita la reazione dei paesi frugali che non vogliono sovvenzioni, ma chiedono solo l'erogazione di prestiti a fronte di una serie di condizioni.
Un quadro magmatico, insomma, che suscita molti interrogativi su come andranno le cose e su come sarà in definitiva il futuro che ci aspetta nei prossimi anni.
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Le dieci domande della Crpm sul prossimo bilancio Ue e sul Piano per la ripresa
Davanti ad uno scenario così fluido, la Crpm solleva dieci domande che riguardano il futuro bilancio pluriennale e il tanto atteso piano per la ripresa e che, a seconda della risposta, tracciano scenari diversi su come cambierà l‘Ue e su quanto saranno lunghe e divergenti le conseguenze della pandemia tra le regioni europee.
La Commissione farà una proposta veramente ambiziosa?
La prima domanda che si pone la Crpm riguarda i fondi. A seconda di quanto finirà in pentola, infatti, il Recovery fund avrà un impatto più o meno ampio. Rispetto alla proposta spagnola di un fondo da 1,5 trilioni di euro, quella franco-tedesca appare certamente più modesta ma potrebbe rappresentare anche l’occasione per una vera svolta europea perché in parte si basa già sui piani della Commissione per aumentare le dimensioni del bilancio per il 2021-2027, e dall’altra anticipa gran parte del finanziamento aggiuntivo all'inizio del periodo di programmazione attraverso i programmi europei esistenti.
Quale sarà l’equilibrio tra l’affrontare l’effetto a breve termine della crisi e il realizzare gli obiettivi di lungo periodo esistenti a livello europeo?
Il secondo quesito sollevato dalla Crpm riguarda il rapporto tra le misure per contrastare la crisi causata dal coronavirus e il green deal. Su questo le intenzioni della Commissione (ma anche della Germania) sembrano chiare: la ripresa economica - ha infatti affermato Ursula von der Lyen - passerà per il green deal.
Quello che resta da chiarire, però, sono le relazioni tra il piano per la ripresa e il bilancio pluriennale, soprattutto se si parla di obiettivi. Su questo punto la Crpm cita l’istituto Jacques Delors che propone di concordare all'inizio un pacchetto di risanamento per affrontare l'impatto della crisi Covid-19, prima di passare all'adozione di un bilancio Ue di lungo termine a partire dal 2022, con l'attuale quadro pluriennale prorogato di un anno.
Il nuovo bilancio 2021-2027 sarà adottato "rapidamente", oppure verrà esteso l’attuale bilancio 2014-2020?
Nonostante la proposta franco-tedesca si mostri ottimista sulle tempistiche per un rapido accordo sia sul nuovo blanco pluriennale, sia sul Recovery fund, la Crpm ricorda come nel precedente settannato i tempi di approvazione furono molto lunghi. Un elemento da tenere a mente e a cui si somma l'incognita sui tempi per la modifica dei massimali di risorse proprie che richiederebbe la ratifica da parte dei parlamenti nazionali.
Secondo la Crpm, quindi, sarebbe meglio estendere l’attuale quadro, che dovrebbe affrontare però il problema Brexit (l’uscita del Regno Unito, infatti, lascerebbe un buco per il bilancio di emergenza 2021 che andrebbe colmato dai paesi restanti).
La contrazione dell'economia inciderà sul bilancio dell'UE in termini di volume?
Non meno rilevante è anche la quarta domanda, che si interroga su quanto si ridurrà il nuovo bilancio alla luce del crollo del Pil in tutti gli stati membri, nonostante il presumibile aumento della quota di budget coperto con risorse proprie.
Gli aiuti del Recovery fund saranno prestiti o sovvenzioni?
Rispetto al Recovery fund, la domanda cruciale è sicuramente quella che riguarda la forma dei futuri aiuti. Rispetto alla proposta franco-tedesca che prevede un mix di prestiti e sovvenzioni (in una percentuale ancora da definire però), i paesi frugali fanno muro e propongono solo prestiti. Come sciogliere il nodo sarà il punto principale dei negoziati.
Come funzionerà il "frontloading"?
La sesta domanda della Crpm riguarda il frontloading, cioè il meccanismo di anticipo dei fondi previsto dal piano franco-tedesco.
Se il tema di anticipare le risorse sembra un’idea ormai piuttosto matura, quando e come questo avverrà è ancora tutto da decidere ed è strettamente connesso anche all’eventuale proroga del bilancio attuale, ovvero all’avvio del nuovo.
Quali saranno le relazioni tra il piano di risanamento, il Bicc e il programma di sostegno alle riforme e come sarà collegato il piano di risanamento alla governance economica dell'Ue?
Piuttosto complessa è anche la settima domanda sul possibile ruolo sia del Programma di sostegno alle riforme (Rsp), sia dello Strumento di bilancio per la convergenza e la competitività per l'area dell'euro (Bicc) all’interno del piano per la ripresa. Sembra infatti che l’intenzione della Commissione sia di usare anche questi due strumenti per sostenere la ripresa economica, ma ad oggi non è chiaro come.
I nodi da sciogliere infatti sono ancora numerosi, a partire dalla dotazione degli strumenti, dalla possibile revisione delle loro disposizione, così come di un loro potenziale adeguamento per dirottare le risorse verso i paesi più colpiti. Particolarmente complesso, inoltre, è il tema della condizionalità che riguarda parte di questi strumenti e sulla quale i paesi del sud sono pronti a dare battaglia, a cominciare dall'Italia che non intende accettare condizionalità per accedere alle risorse.
Come saranno spesi i finanziamenti extra nell'ambito della politica di coesione?
L’ottava domanda sposta il focus sulla politica della coesione, interrogandosi su quale sarà il suo ruolo nei programmi di ripresa. In particolare su questo fronte bisognerà capire come saranno spesi i finanziamenti "extra" in relazione agli obiettivi già esistenti, se l'architettura della politica di coesione cambierà per adattarsi a questi sviluppi, così come capire che ruolo avrà la politica di coesione nel lungo periodo rispetto a temi come il green deal.
I metodi di assegnazione delle risorse della politica di coesione cambieranno in modo da intercettare i territori più colpiti? E quali indicatori saranno utilizzati?
Sempre sul fronte “coesione”, poi, un altro integrativo riguarda il metodo che sarà usato per allocare i fondi tra le regioni, in modo da sostenere la ripresa economica dopo la pandemia. Se sul principio (dare più soldi alle regioni più colpite) sembra che non ci siano obiezioni, resta ancora da decidere come fare.
Le opzioni sono diverse (creare un nuovo fondo "COVID" con una propria metodologia di allocazione basata sull'impatto della crisi sulle economie regionali, oppure modificare il metodo attuale di assegnazione, includendovi nuovi indicatori in modo da orientare i finanziamenti verso le regioni più colpite). Indipendentemente da come fare, però, restano diversi punti aperti:
- Fino a che punto si potranno spostare i finanziamenti dai paesi dell'Europa centrale e orientale ai paesi più colpiti come Spagna o Italia?
- Inoltre molte delle regioni più colpite (come la Lombardia, l’Ile de France, Madrid) sono anche le regioni più ricche di questi paesi in cui viene prodotta una parte consistente del Pil. Sostenere la ripartenza risulta quindi cruciale per la ripresa economia. D’altra parte, però, il lockdown ha causato ancora più problemi nelle regioni più deboli (pensiamo al nostro Sud), con un picco atteso nelle disparità territoriali. In tale contesto, quindi, il metodo di assegnazione dovrebbe trovare un delicato equilibrio tra i due aspetti.
- Infine: la crisi causerà un grande rimpasto in tutte le categorie di regioni, con il declassamento di diverse di loro? E in che modo la Commissione ne terrà conto, considerando che i dati sul Pil saranno disponibili a febbraio 2021, quando il negoziato sul bilancio dovrebbe essere chiuso?
Quale sarà impatto sulla programmazione dei fondi della politica di coesione?
Infine la decima domanda, anche se di natura tecnica, rischia di avere conseguenze molto concrete. Dato che il nuovo bilancio e il piano per la ripresa avranno implicazioni sulla programmazione della politica di coesione 2021-2017, la Crpm si chiede se le modifiche ai regolamenti saranno talmente sostanziali da richiedere una nuova procedura legislativa, con il rischio di aumentare il ritardo.
> Bilancio UE 2021-27: le Regioni contro i tagli alla politica di coesione
In attesa di vedere come andranno i negoziati, il futuro della politica di coesione sarà deciso nei prossimi e da questo dipenderà molto che tipo di Europa avremo.