Bilancio UE 2021-27: le Regioni contro i tagli alla politica di coesione
Centralità della Politica di coesione, più investimenti in blue economy, un Just Transition Fund che tuteli le regioni. Sono alcuni dei principali fattori che, secondo la Conferenza delle regioni periferiche e marittime (CRPM), potranno garantire una crescita sostenibile, equilibrata e duratura. Ce ne parla Davide Strangis, Executive Director dei Programmi UE della CRPM.
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Fondata negli anni ‘70, la CRPM è un organismo che rappresenta 150 regioni di paesi UE ed extra-UE, incluse diverse regioni italiane. Divisa in sei commissioni geografiche (tra cui una sul Mediterraneo) la CRPM - oltre a sviluppare progetti di cooperazione connessi alle principali politiche di sviluppo territoriale sostenibile nell’ambito dei principali programmi UE - ha l'obiettivo di tutelare gli interessi delle sue Regioni, con attività di advocacy e di studio.
Un ruolo che in questi mesi è particolarmente rilevante, dato l'avvicinarsi della nuova fase di programmazione settennale europea che avrà, inevitabilmente, grandi ripercussioni anche sulle Regioni.
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Il futuro dell’UE dipende anche dal ruolo delle Regioni nella nuova programmazione
Tra meno di un anno entreremo nel nuovo settennato europeo, con un nuovo bilancio pluriennale, nuove priorità (su tutte il Green Deal) e strumenti operativi in parte rinnovati. Uno scenario caratterizzato da molteplici novità e grandi sfide che coinvolgeranno tutti i territori europei.
In tale contesto la definizione del ruolo che avranno le Regioni non è un fattore secondario. Da questo, infatti, dipenderà come saranno gestiti i fondi UE, quale sarà il coinvolgimento dei territori nell'attuazione del Green deal o della politica di vicinato.
Una partita importante da giocare e su cui la CRPM è intervenuta con il Manifesto politico approvato a Palermo lo scorso ottobre (“Le regioni al centro di una nuova Unione Europea”), in cui viene indicata quale dovrebbe essere - secondo le sue 150 Regioni - la strada da percorrere nei prossimi anni.
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Fare della Politica di coesione la principale politica di investimento UE
I cardini da cui partire sono un bilancio ambizioso e la tutela della Politica di coesione. Sono questi, infatti, i fattori su cui è possibile costruire uno sviluppo territoriale equilibrato in tutta Europa, nel rispetto degli obiettivi climatici.
Secondo le Regioni della CRPM - che hanno adottato il Manifesto all'unanimità - per creare un’Europa ecologica e socialmente giusta, pronta a entrare nell’era digitale, bisogna “fare della Politica di coesione la principale politica di investimento europea”. “I nuovi ambiziosi obiettivi della Commissione per l’Europa - si legge nel Manifesto - dovrebbero tradursi negli obiettivi politici della Politica di coesione”, la cui attuazione a livello regionale “favorisce la collaborazione con le regioni al di là delle frontiere nazionali per rafforzare lo sviluppo congiunto dell’UE”.
Ma per una vera attuazione delle politiche europee sui territori, secondo la CRPM l’Unione europea dovrà anche:
- Definire le priorità con le autorità regionali in gestione condivisa, e migliorare la qualità degli accordi di partenariato ai livelli regionale, nazionale ed europeo nell’ambito dei programmi (in particolare i finanziamenti per la Politica di coesione e il FEAMP);
- Definire condizioni eque per tutti i fondi e gli strumenti finanziari europei a favore dei investimenti (con gestione centralizzata o condivisa) sulla base del principio della governance multilivello;
- Ridurre le pratiche burocratiche a carico dei beneficiari e delle autorità di gestione dei fondi europei grazie a un quadro normativo chiaro che porti ad una vera e propria semplificazione.
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Le Regioni CRPM dei paesi frugali sostengono un bilancio ambizioso
La posizione della CRPM sull’importanza della Politica di coesione si conferma anche in occasione del Consiglio straordinario sul bilancio UE 2021-2027.
Ad intervenire in questo caso sono state le Regioni della CRPM appartenenti ai cosiddetti Paesi frugali, che hanno espresso nuovamente preoccupazione per i danni che i tagli alla Politica di coesione causerebbe ai territori europei, oltre a ostacolare le ambizioni dell'UE di guidare la transizione verso un'economia a emissioni zero.
A preoccupare del progetto presentato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel sono in particolare due aspetti: il limite agli stanziamenti per i paesi più ricchi e una riduzione del 20% per le regioni più sviluppate rispetto alla proposta della Commissione.
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Just transition Fund
La centralità della Politica di coesione si confronta inevitabilmente anche il nuovo Just transition fund (JFT) annunciato nei mesi scorsi dalla Commissione nell’ambito del Green Deal.
Pur concordando sull’impostazione alla base del Fondo - quella di “non lasciare indietro nessuno” nell’affrontare la transizione ecologica e digitale che ci attende - la CRPM individua una serie di potenziali criticità che dovranno essere affrontate nei prossimi mesi.
La prima è, appunto, quella del rapporto che si instaurerà tra la Politica di coesione e il Just Transition Fund. Secondo la CRPM, infatti, “la conservazione di un budget ambizioso per la Politica di coesione post 2020 deve rimanere la priorità principale nella lotta ai cambiamenti climatici a livello territoriale.” Pertanto il Just Transition Fund non dovrà essere finanziato drenando risorse dalla Coesione.
A preoccupare le Regioni, poi, sono una serie di altri nodi che riguardano il Fondo per la transizione equa e che andranno sciolti nel prossimo futuro. Tra questi, due su tutti:
- La potenziale sovrapposizione dei temi e delle priorità del FESR e del FSE con quelle del Fondo, che rischia di bloccare l’obiettivo di razionalizzare e semplificare i programmi 2021-2027;
- La dimensione fortemente nazionale del Just Transition Fund, che attribuisce ai governi centrali l'identificazione degli obiettivi che saranno finanziati con il nuovo Fondo. Una caratteristica che rischia di privilegiare alcune regioni a discapito di altre.
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Il ruolo delle Regioni per lo sviluppo della Blue economy
Ma se la Coesione è uno dei principali su cui si concentra l'attenzione della CRPM, la Conferenza si occupa anche di altre politiche tra cui quelle: marittime, dei trasporti, del clima e dell’energia, delle migrazioni.
Tutte tematiche che confluiscono in parte nella Blue economy, un settore cruciale per la crescita delle regioni della CRPM.
Per questo nell'immediato futuro, secondo Strangis, sarà anche importante trovare le modalità migliori per fare sinergia e collegare i grant e gli aiuti agli investimenti garantiti a livello europeo, con le misure regionali.
In tale contesto uno strumento particolarmente interessante potrebbe essere la Piattaforma Blue Investment della DG Mare, assieme con il nuovo Blue Invest Fund recentemente annunciato dalla Commissione Europea.
Come altri attori internazionali, infatti, anche l’UE ha identificato nella partnership tra capitali pubblici e capitali privati il fattore essenziale per mobilitare una quantità adeguata di investimenti, capaci di sostenere un vero sviluppo della Blue economy. Una partita essenziale e su cui le Regioni dovrebbero riuscire a giocare un ruolo adeguato.
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