Coronavirus: nel lockdown musei piu' social, ma solo uno su quattro ha piano digitale
L'emergenza coronavirus ha indotto un ripensamento degli aspetti legati alla logistica e all'organizzazione dell'esperienza culturale degli utenti nei musei italiani. Dopo i mesi di lockdown, caratterizzati da un aumento nell'uso dei social, la sfida ora è saper coniugare la visita online con una nuova fruizione dal vivo, alla luce del distanziamento sociale.
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Prima e durante i mesi di emergenza Covid-19, l'Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali della School of Management del del Politecnico di Milano ha condotto una ricerca a proposito dell'esperienza di visita on site su un campione di 430 musei, monumenti e aree archeologiche italiani.
"Se con i musei aperti il digitale ha rappresentato un complemento all'esperienza di visita, con la chiusura delle istituzioni culturali il digitale si è rivelato lo strumento necessario per poter offrire contenuti culturali. Questo ha portato inevitabilmente ad un uso diverso del canale online, social media in primis ma anche siti web, che sono divenuti da strumenti di comunicazione e di preparazione alla visita, quali erano fino ad ora, strumenti di vera e propria erogazione di contenuto", ha spiegato Michela Arnaboldi, responsabile scientifico dell'Osservatorio.
Musei e coronavirus: le tendenze prima del lockdown
Durante i mesi di blocco degli spostamenti il livello di interesse degli italiani per le attività culturali online è aumentato, lo testimonia l'aumento degli utenti che seguono le pagine social dei musei. La crescita maggiore si è registrata su Instagram (+7,2%), seguito da Facebook (+5,1%) e Twitter (+2,8%) nel mese di marzo e con un ulteriore incremento rispettivamente dell'8,4%, 3,6% e 2,4% in aprile. A parte pochi casi, il livello di interazione è però rimasto stabile.
Tuttavia, ancora oggi circa l'86% dei ricavi dei musei deriva ancora dalla vendita di biglietti d'ingresso in loco, e nell'indagine realizzata poco prima dell'emergenza l'investimento in sistemi di ticketing (presente solo nel 23% dei casi), gestione delle prenotazioni e controllo degli accessi era indicato come priorità per il futuro solo dal 6% delle istituzioni.
Rispetto alla preparazione alla visita, i siti web svolgono un ruolo centrale per raccogliere informazioni su orari, biglietti, attività e percorsi di visita. I dati derivanti dall'analisi dei servizi offerti su internet dai musei, svolta per il terzo anno consecutivo, mostrano che l'85% dei musei ha un sito web, relativo alla singola istituzione o all'interno di altri siti, come quello del Comune. Sono ancora poco diffusi strumenti, come i videogiochi per incuriosire e preparare alla visita (5%).
Il 76% dei musei è presente almeno su un canale social media, con Facebook che si conferma il più diffuso (76%), seguito da Instagram (45%, rispetto al 26% dell'anno precedente). Alcune istituzioni sperimentano anche canali social nati più di recente come TikTok.
Se l’attività sui social è raddoppiata con l’emergenza Covid e sono cresciuti i follower, prima nell'esperienza di visita on site, si è osservato come audioguide (32%), QR-code (31%) e installazioni interattive (28%) hanno rappresentato gli strumenti di supporto alla visita fisica più diffusi. È importante anche contestualizzare questi dati rispetto alle infrastrutture disponibili: sempre dall'indagine emerge come ancora il 51% dei musei non sia dotato di wi-fi.
Necessario un piano di innovazione digitale
La trasformazione di un sistema complesso come quello culturale richiede innanzitutto la presa di coscienza, da parte dei policy maker e dei responsabili della gestione delle istituzioni, della necessità di un cambio di passo nei contenuti e nei modi di proporre il valore. Questa consapevolezza, negli ultimi anni sempre più diffusa, è un passo necessario ma non sufficiente. Già nel 2017 l'Osservatorio sosteneva la necessità per le istituzioni culturali di dotarsi di un piano di innovazione digitale, ossia di uno strumento che supporti il processo di trasformazione digitale, ma dall'indagine condotta tra fine 2019 e inizio 2020 emerge che la cultura della pianificazione nelle istituzioni culturali è ancora carente: solo il 24% di esse ha redatto un piano strategico dell'innovazione digitale (il 6% come documento dedicato e il 18% all'interno di un più generale piano strategico).
La trasformazione implica anche investimenti in strumenti di supporto al customer journey, sia online che onsite. Negli ultimi due anni l'83% dei musei, monumenti e aree archeologiche italiane ha investito in innovazione digitale, concentrandosi prevalentemente su servizi di supporto alla visita in loco (48%) e catalogazione e digitalizzazione della collezione (46%), attività entrambe propedeutiche a un ripensamento della value proposition sia online che onsite. Spostandosi sul futuro, le stesse voci costituiscono anche la priorità di investimento per i prossimi due anni (rispettivamente per il 33% e il 22% delle istituzioni), seguite da comunicazione e customer care (14%) e attività educative e didattiche (13%).
L'investimento in sistemi di ticketing, gestione delle prenotazioni e controllo degli accessi, invece, è stato indicato tra le priorità per il futuro solo dal 6% dei rispondenti (questo nonostante solo il 23% abbia attualmente un sistema di online ticketing), così come la digitalizzazione delle attività di sicurezza e sorveglianza. Ancora oggi l'86% dei ricavi da biglietteria deriva dalla vendita diretta in loco. Inoltre, tra i musei che hanno un sistema di controllo accessi (93%) prevale lo stacco del biglietto d'ingresso (71%), rispetto a sistemi automatizzati come lettori di codici a barre (11% su carta e 6% su display) e tornelli o varchi contapersone (7%).
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Strumenti per lo sviluppo futuro
Un'ulteriore condizione abilitante la trasformazione è l'investimento sulle persone: attualmente il 51% dei musei non si avvale di nessun professionista, interno o esterno, con competenze legate al digitale. Il restante 39% dispone di competenze interne e/o ricorre a consulenti esterni per la gestione del digitale, ma solo il 12% ha un team dedicato composto da più persone.
Una competenza che sarà sempre più rilevante, anche alla luce dello spostamento del baricentro verso l'attività online, riguarda l'analisi e l'utilizzo strategico dei dati. Conoscere i clienti, le loro abitudini e esigenze, il livello di gradimento dell'esperienza vissuta sono informazioni che consentono di gestire i rischi e migliorare il servizio offerto; monitorare specifici indicatori di performance relativi alla propria organizzazione permette di migliorare la pianificazione e l'efficacia delle attività.
"Considerando che entrate da biglietteria e finanziamenti pubblici potrebbero essere impattati negativamente dalla crisi generata dall'emergenza sanitaria, da un lato a causa del contingentamento degli accessi che inciderà sul numero di biglietti staccati, dall'altro a causa dello stress sulle finanze pubbliche che potrà avere ripercussione anche sui finanziamenti per la cultura, è utile concentrare l'attenzione su fonti di ricavo alternative a queste", ha dichiarato Eleonora Lorenzini, Direttore dell'Osservatorio.
In particolare, è interessante soffermare l'attenzione su servizi come la vendita di immagini per finalità di ricerca, riproduzione e commerciali (già offerti dal 32% dei musei) e sui servizi di abbonamento per l'accesso a servizi tramite sito web e applicazione (2%). Questi ultimi, in particolare, sono tra i modelli che ultimamente sono stati proposti per ottenere introiti legati all'attività online dei musei. Diversi esponenti dell'ecosistema culturale, infatti, hanno sostenuto la necessità di studiare forme di abbonamento o biglietto più ricche di quelle attualmente a disposizione, che contemplino l'accesso a itinerari e percorsi tematici, in cui l'integrazione online-onsite permetterà di tornare più volte al museo e accedere a contenuti sul web on demand.
"Il contesto attuale si presenta particolarmente favorevole per sperimentazioni sia da parte delle istituzioni culturali che da parte del pubblico che manifesta interesse verso nuovi approcci, con preferenza verso quelli a maggior grado di interazione" ha concluso Lorenzini.
> Consulta il report dell'Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali