TTIP - Ue, previsti benefici per Paesi in via di sviluppo
Secondo Bruxelles, la crescita delle economie UE e USA produrrà un aumento di domanda e benefici in tutto il mondo, Paesi in via di sviluppo inclusi.
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In un recente discorso tenuto a Bruxelles, presso la sede del Parlamento europeo, la commissaria europea al Commercio Cecilia Malmstroem ha messo in luce i potenziali impatti positivi del TTIP, il Partenariato transatlantico su commercio e investimenti, per i Paesi in via di sviluppo (PVS).
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TTIP e PVS: perchè è una questione importante
La politica commerciale dell'Unione europea, ha detto la commissaria Malmstroem in tale occasione, non si concentra esclusivamente sul raggiungimento di vantaggi economici per l'Unione europea. Pur essendo uno strumento per “creare opportunità economiche per i lavoratori europei, i consumatori e gli imprenditori” e per “progettare e difendere gli interessi” comunitari, l'Ue è, infatti, “un'Unione di valori, non solo di interessi”, che sostiene lo sviluppo dei Paesi più poveri.
In tale contesto, è dunque importante, ha detto Malmstroem, parlare dei potenziali benefici del TTIP sui PVS per due ragioni:
- prima di tutto, per via delle dimensioni del potenziale accordo. Insieme, l'Ue e gli Stati Uniti costituiscono quasi il 50% dell'economia mondiale, il 40% degli stock di investimenti e il 30% del commercio globale. Entrambi, inoltre, sono tra le 10 principali destinazioni delle spedizioni dei 43 maggiori Paesi esportatori a basso reddito,
- in secondo luogo, per via del carattere ambizioso dell'accordo. Con il TTIP, intenzione dell'Ue è, infatti, andare oltre le questioni commerciali tradizionali e gli accordi di libero scambio più avanzati.
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TTIP: un effetto leva in tutto il mondo
Alla luce di questi due fatti, ha spiegato la commissaria, “il TTIP avrà peso nel mondo e un conseguente impatto sui Paesi in via di sviluppo”. Impatto che, secondo i risultati dei principali studi pubblicati finora sulla questione, sembra essere positivo. Prima di tutto perchè una crescita delle economie dell'Ue e degli USA spingerebbe la domanda e il progresso anche nel resto del mondo. Di questo meccanismo, ha spiegato Malmstroem, abbiamo finora visto solo il lato peggiore, durante le recenti crisi finanziarie ed economiche. Il TTIP, invece, dovrebbe farne emergere il lato positivo.
Cio avverrebbe sia direttamente che indirettamente:
- direttamente, perchè molti Paesi in via di sviluppo sono attualmente parte delle catene di approvvigionamento degli esportatori europei e americani. Basti pensare che, attualmente, l'export Ue sostiene 800mila posti di lavoro in Brasile e oltre 2 milioni in India. Dunque, quanto più l'Unione esporta, tanto più aumentano i benefici per i suoi fornitori nei Paesi in via di sviluppo,
- Indirettamente, perchè se l'Ue e gli USA crescono, allora importano di più, anche dai Paesi in via di sviluppo.
Rispondendo ai dubbi di alcuni riguardo al fatto che il TTIP possa produrre deviazioni degli scambi e portare particolari vantaggi agli esportatori europei e americani rispetto agli esportatori dei Paesi in via di sviluppo, la Commissione ritiene che in entrambi i casi non vi sia da preoccuparsi.
In primo luogo, ha spiegato Malmstroem, perché i Paesi in via di sviluppo di Africa, Asia e America Latina sono specializzati in prodotti molto diversi da quelli che l'Ue e gli USA vendono nei rispettivi mercati. E in secondo luogo perchè, attualmente, le tariffe pagate sul commercio transatlantico sono relativamente basse. La media è inferiore al 5%. Il che, ha puntualizzato la commissaria, non significa che non vi sarà alcun impatto economico nel rimuoverle. La bilancia commerciale indica, infatti, che gli importi complessivi versati alle dogane da entrambe le parti sono di grandi dimensioni e questo, ha sottolineato, è proprio uno dei modi in cui il TTIP andrà a beneficio della Ue. Tuttavia, ha aggiunto, ciò non significa che vi sarà un impatto negativo su terze parti.
Infine, il TTIP riguarderà anche regole che disciplinano questioni legate al commercio, per esempio come rendere compatibili le verifiche dei requisiti o come disciplinare i sussidi governativi. Tutte “questioni essenzialmente non discriminatorie”, ha detto Malmstroem nel suo discorso al PE, che, dunque, non dovrebbero sottoporre terze parti ad alcun tipo di svantaggio.
Il lavoro sul TTIP, che ha potenzialmente una dimensione globale, comprende, inoltre, norme in materia di sviluppo sostenibile, imprese di proprietà statale, ma anche di dogane e facilitazione degli scambi a beneficio delle piccole e medie imprese.
Per quanto riguarda gli ostacoli normativi al commercio, i Paesi all'infuori dell'Ue e degli Stati Uniti potrebbero avere dei benefici diretti. Nella misura in cui Bruxelles e Washington concordano approcci comuni - per esempio il reciproco riconoscimento delle norme di sicurezza relative alle auto - tutti i prodotti che soddisfano tali norme sarebbero legali in entrambi i mercati. Il che semplificherebbe la questione della conformità.
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Oltre il TTIP: accordi in essere e prospettive future
In ultimo, ha continuato la commissaria Malmstroem, “il TTIP non sta avvenendo in isolamento”. L'Ue, ha spiegato, prosegue il suo lavoro a lungo termine per semplificare l'accesso al mercato comunitario da parte dei Paesi in via di sviluppo attraverso una serie di iniziative:
- in Centroamerica e in Sudamerica, con la presenza di accordi commerciali con la stragrande maggioranza dei Paesi latino-americani, con la riapertura dei negoziati con il Mercosur e con il lavoro per rinnovare gli accordi esistenti con Messico e Cile,
- in Africa, con la sigla, a inizio giugno, dell'accordo tra Ue e Comunità di sviluppo dell'Africa meridionale (SADC), con gli accordi tra Ue e Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS) e Comunità dell'Africa orientale (EAC), con la garanzia di accesso senza dazi né contingenti al mercato Ue per i restanti Paesi africani (e per le altre economie meno sviluppate in tutto il mondo).
Inoltre, ha proseguito Malmstroem, a prescindere dal TTIP, tutti i 162 membri dell'Organizzazione mondiale del commercio, e in particolare i Paesi in via di sviluppo, hanno “un'occasione d'oro per migliorare l'efficienza dei propri scambi commerciali con l'Unione europea, gli Stati Uniti e il resto del mondo", attraverso la ratifica e l'attuazione dell'Accordo di facilitazione del Commercio del 2013.
Le inefficienze alle dogane, ha spiegato la commissaria, minano le capacità dei Paesi di esportare e di importare:
- nell'area OCSE, in media, lo sdoganamento prevede l'uso di 5 documenti separati, richiede 10 giorni e costa 750 euro a container,
- al contrario, in Africa sub-sahariana è richiesto quasi il doppio di documenti, le merci impiegano 35 giorni per essere esportate e 44 giorni per essere importate, il tutto a un costo per container di 1300 euro per le esportazioni e di 1500 euro per le importazioni.
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Le riforme alle procedure doganali in Etiopia, ha aggiunto Malmstroem, hanno quasi raddoppiato le operazioni di importazione ed esportazione e hanno portato ad un incremento dei ricavi del 51%. Guadagni di questo tipo, ha concluso la commissaria, “farebbero impallidire qualsiasi impatto del TTIP sui Paesi partner”. Questo, e più in generale un percorso di riforma economica, è ciò che realmente consentirebbe a tutti i Paesi in via di sviluppo di trarre vantaggio da un'economia globale connessa.
Photo credit: Sinn Féin via Remodel Blog / CC BY