Riforma PA – Confindustria, correttivo peggiora decreto partecipate
Per Confindustria il decreto correttivo sulle partecipate indebolisce l'intervento di riordino delle società a partecipazione pubblica
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A febbraio il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera preliminare al decreto correttivo del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (dlgs n. 175 del 19 agosto 2016) approvato in attuazione della riforma della PA e censurato dalla Corte Costituzionale nella parte in cui stabilisce che i decreti legislativi attuativi siano adottati previa acquisizione del parere reso in Conferenza unificata, anziché previa intesa.
Prima dell'ok definitivo del CdM al decreto occorrono quindi l’intesa della Conferenza Unificata e i pareri delle Commissioni parlamentari competenti, che in questi giorni stanno discutendo il testo con rappresentanti delle imprese e degli enti locali, sindacati ed esperti. “C'è il rischio concreto di indebolire di molto la portata del processo di riforma” ha dichiarato in audizione in commissione Bilancio alla Camera il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci, secondo cui i contenuti del decreto correttivo dell'Esecutivo sono peggiorativi e il parere della Conferenza unificata impone ulteriori condizioni che aggravano la situazione.
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A fornire il quadro della situazione sono i dati del Ministero dell'Economia: le partecipate sono quasi 9mila (precisamente 8.893), per il 94,3% in mano a Regioni ed Enti locali, spesso sono sistematicamente in perdita, ma soprattutto provocano un onere complessivo ingente sulla finanza pubblica: se si guarda ai bilanci 2014 delle partecipate locali censite dalla Corte dei Conti (4.200 circa), ha sottolineato Panucci, si vede uno stock di debiti per oltre 83 miliardi di euro, di cui 13 miliardi verso gli enti partecipanti, a fronte di 34,6 miliardi di crediti, di cui 7,5 miliardi verso gli enti partecipanti.
Un quadro di forte dipendenza dalle pubbliche amministrazioni partecipanti e di ridotta capitalizzazione, ha continuato Panucci, cui il Parlamento in sede di legge delega e il Governo con il decreto legislativo n. 175 del 2016 avevano risposto proponendo sostanzialmente due novità rispetto alla legislazione degli anni precedenti: la razionalizzazione del quadro normativo con previsioni omogenee, assoggettando queste società a norme privatistiche, a partire dal codice civile e dalle legge fallimentare, e il rafforzamento della tutela della concorrenza con maggiori strumenti di monitoraggio e controllo e sanzioni.
Questi contenuti sono stati però peggiorati dal decreto correttivo dell'Esecutivo e ancora di più dal parere della Conferenza unificata che impone ulteriori condizioni per la razionalizzazione delle partecipate, ha proseguito.
Tra i limiti del correttivo proposto dal Governo individuati da Confindustria rientrano:
- l'estensione ai presidenti delle Regioni del potere di disporre deroghe ed esclusioni dall'ambito di applicazione della normativa in favore di singole società regionali;
- l'allargamento dell'ambito delle attività consentite a nuovi settori anche di puro mercato, come quello della produzione di energia da fonti rinnovabili;
- l'eliminazione di uno dei profili motivazionali necessari per la costituzione di nuove partecipate, cioé il riferimento alla possibile destinazione alternativa delle risorse pubbliche impiegate;
- l'esenzione ingiustificata delle Regioni dalla sanzione, da 5mila a 500mila euro, per la mancata adozione del piano di razionalizzazione.
A questi problemi, ha sottolineato Panucci, si aggiungono le modifiche contenute nel parere della Conferenza unificata, tra cui:
- la possibilità per le società sussidiate di partecipare a gare anche al di fuori dei confini del territorio delle ente partecipante, sottraendo indebitamente quote di libero mercato;
- il limite di un milione di euro sulle partecipate da dismettere o razionalizzare che viene differito e nelle more ridotto a 500mila euro, preoccupante soprattutto per il rischio che con ulteriori provvedimenti si proceda a nuovi rinvii in occasione delle successive scadenze;
- le deroghe a varie tipologie di partecipate, come case da gioco e spazi fieristici;
- la limitazione di alcuni poteri ispettivi del Dipartimento della Funzione pubblica e della Ragioneria.
Il risultato è una disciplina molto più debole di quanto auspicato, ha dichiarato il direttore generale di Confindustria. Il rischio, ha concluso, è che anche queste norme finiscano per non portare a una razionalizzazione delle partecipate.