Green economy: il primo ‘mattone’ del nuovo Recovery Plan di Draghi
Nel suo discorso in Parlamento, Draghi traccia un manifesto di politica industriale partendo dal rafforzamento del Recovery Plan in primis per la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’alta velocità, la mobilità elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno.
Il Recovery Plan secondo Draghi: progetti fattibili e riforme
“Il cambiamento climatico, come la pandemia, penalizza alcuni settori produttivi senza che vi sia un’espansione in altri settori che possa compensare. Dobbiamo quindi essere noi ad assicurare questa espansione e lo dobbiamo fare subito”, ha dichiarato Mario Draghi nel suo discorso al Senato per chiedere la fiducia al nuovo Governo.
Gli strumenti indicati dal premier sono l’accesso al capitale e al credito, oltre a politiche monetarie e fiscali espansive in grado di dare impulso agli investimenti.
Strumenti che di fatto tracciano il profilo di una politica economica di lungo termine, che non può non tener conto dei fondi europei del Recovery Fund.
“La risposta della politica economica al cambiamento climatico e alla pandemia dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create”.
Il rafforzamento del Recovery Plan parte dalla green economy
Il Piano nazionale ripresa e resilienza, prosegue Draghi, finora è stato costruito in base ad obiettivi di alto livello e aggregando proposte progettuali in missioni, componenti e linee progettuali.
Un lavoro elogiato dal premier, ma che dev’essere rafforzato puntando sulla dimensione strategica del Recovery. E il primo punto su cui si sofferma l’attenzione di Draghi è proprio la green economy.
Il rafforzamento del PNRR parte quindi dagli obiettivi riguardanti “la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’inquinamento dell’aria e delle acque, la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione dell’energia per i veicoli a propulsione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno”.
Un puzzle cui l’ex presidente della BCE aggiunge la digitalizzazione, la banda larga e le reti di comunicazione 5G.
Nell’attuale versione del PNRR, gli interventi sono spesso abbozzati e non accompagnati, per ora, da progetti immediatamente cantierabili. Il cambio di passo voluto da Draghi sta proprio nell’approccio agli interventi: “Non basterà elencare progetti che si vogliono completare nei prossimi anni. Dovremo dire dove vogliamo arrivare nel 2026 e a cosa puntiamo per il 2030 e il 2050, anno in cui l’Unione Europea intende arrivare a zero emissioni nette di CO2 e gas clima-alteranti”.
Il ruolo decisivo del Ministero della Transizione ecologica
Competenze, quelle relative alla green economy, che con il Governo Draghi ricadono sotto il neonato Ministero della Transizione ecologica, che di fatto unisce alle competenze del dicastero dell’Ambiente quelle “energetiche” del MISE.
Nel tempo i diversi incentivi e le gare inerenti il green si sono stratificati senza poter contare su un riferimento univoco, ricadendo ora nelle competenze dell’uno o l’altro Ministero. Sarà fondamentale dunque il lavoro del neo ministro Roberto Cingolani, soprattutto per quella delega a presiedere il Comitato interministeriale per le attività sulla transizione ecologica, centro deputato a collocare in una visione di futuro policy altrimenti disordinate.