Idrogeno: il MASE ha presentato la strategia nazionale

Photo by Pixabay: https://www.pexels.com/photo/water-droplet-in-shallow-photo-45229/Svelata finalmente la strategia italiana per l’idrogeno che, in linea con i piani di Bruxelles e sul tracciato del PNIEC, sviluppa tre scenari differenti e delinea le principali opportunità e sfide per il settore, nonché i progetti ad alto potenziale per lo sviluppo di un mercato italiano dell’idrogeno competitivo, indipendente e decarbonizzato.  

Le opportunità europee e nazionali di finanziamento per il settore idrogeno

E’ stata presentata oggi a Roma presso la sede del GSE in occasione di un evento cui ha partecipato anche il ministro Pichetto Fratin, la strategia nazionale per l’idrogeno, che definisce la visione del Governo rispetto al ruolo che il vettore può occupare nel percorso di decarbonizzazione del Paese, nel breve e medio-lungo termine.

Il documento - elaborato da un tavolo di lavoro costituito a gennaio 2024 e che ha raccolto i contributi dell’industria - ipotizza diversi scenari da qui al 2050 per lo sviluppo del mercato dell’idrogeno, che dipendono fortemente da variabili legate alla domanda, all’offerta e ai settori in cui il vettore può diventare competitivo in tempi brevi, come quello delle infrastrutture e dei trasporti. 

“L’idrogeno è una delle soluzioni fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, che abbiamo chiaramente delineato nel PNIEC e che devono portarci al net zero al 2050. La nostra Strategia si articola su diversi scenari, sapendo che l’affermazione del vettore idrogeno dipenderà da molteplici e trasversali tematiche”, ha spiegato a questo proposito il ministro Pichetto Fratin nel corso dell’evento. 

In questo contesto, si intravedono già i progetti su larga scala che - insieme all’adeguamento delle infrastrutture nazionali per il commercio internazionale dell’idrogeno e al proseguimento dell’implementazione di progetti su scala più ridotta già avviati come le Hydrogen Valleys - possono contribuire in misura maggiore alla promozione del vettore energetico. Primo fra tutti tra questi progetti richiamati nella strategia nazionale, il SoutH2 Corridor e, in secondo luogo, i porti. Progetti che per l’Italia acquisiscono una rilevanza particolare perché consolideranno il Paese come “hub energetico europeo”, come ribadito da Paolo Arrigoni, presidente del GSE, nel suo intervento all’evento dedicato alla strategia. 

Il contesto della strategia nazionale per l’idrogeno

La strategia nazionale per l’idrogeno si pone in continuità con il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima), con la più ampia agenda ambientale dell’UE per raggiungere il net zero al 2050, ma anche con la Strategia europea per l’idrogeno. 

Partiamo proprio dalla strategia dell’UE per l’idrogeno che, lanciata a luglio 2020 dalla Commissione, punta molto sulla diffusione dell’idrogeno verde, prodotto cioè da fonti rinnovabili, un vettore verso cui l’Unione ha deciso di destinare tra 180 e 470 miliardi di euro da qui al 2050 (3-18 miliardi, invece, per l'idrogeno blu). A proposito degli investimenti di Bruxelles per l’idrogeno, vale la pena sottolineare che esistono numerose misure di sostegno alla filiera, citate anche nella strategia nazionale: dagli Importanti Progetti di Comune Interesse (IPCEI) sull’idrogeno, alla European Hydrogen Bank, istituita dalla Commissione Europea e finanziata dall’Innovation Fund, al Connecting Europe Facility (CEF) Energy.

Oltre alla strategia europea, punto di riferimento per il Governo è anche il REPowerEU, che fissa come target al 2030 quello di raggiungere 10 megatonnellate/anno di produzione europea di idrogeno e altre 10 megatonnellate/anno provenienti da importazioni da Paesi in cui la produzione ha costi meno elevati.

Sul fronte nazionale, il pilastro alla base della strategia italiana è senza dubbio il PNIEC (nella sua versione aggiornata al 2024), le cui stime prevedono che entro il 2030 circa 10 TWh (terawattora) di generazione elettrica rinnovabile siano destinati alla produzione di idrogeno verde. Allo stesso tempo, in linea con quanto stabilito dalla strategia europea per l’idrogeno, il piano evidenzia la necessità di promuovere il vettore energetico anche nella sua versione a basse emissioni di carbonio (idrogeno blu), in combinazione con l’utilizzo di tecnologie per la cattura della CO2 (CCS), ma anche con il ricorso all’energia nucleare. Rispetto alla produzione di idrogeno, il PNIEC fissa come target una quota prodotta da fonti rinnovabili nel 2030 pari al 54%. 

In merito ai consumi di idrogeno, invece, il PNIEC stima che nel 2030 raggiungano i 0,25 Mton all’anno e, inoltre, prevede che almeno il 70% di tale domanda sia prodotta su territorio nazionale (e che il 30% venga da importazione).

Lato incentivi, il piano stabilisce che la produzione di idrogeno venga promossa sia tramite i contributi in conto capitale del PNRR, sia attraverso una nuova misura tarrifaria (preannunciata nel corso dell’evento in riferimento alla prossima pubblicazione del “Decreto tariffe idrogeno”, che punta ad abbattere i costi legati all'uso dell'idrogeno, promuovendo la sua adozione negli usi finali), che renderà equamente remunerativi gli investimenti in un settore ancora lontano dalla competitività. Nuovi sistemi di supporto finanziario al settore si rendono necessari dato che, come ricordato da Pichetto all’evento, “oggi il settore dell’idrogeno può già contare su risorse complessive ai 6 miliardi di euro, ma ha ancora bisogno di sviluppare un mercato solido e va dunque accompagnato con nuovi strumenti”. 

Cosa prevede la strategia nazionale per l’idrogeno

La strategia elaborata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) - come ribadito dal Capo Dipartimento Energia del MASE, Federico Boschi - “è solo un punto di partenza per elaborare misure concrete”. La strategia, in particolare rappresenta una linea guida per lo sviluppo e l’implementazione dell’utilizzo dell’idrogeno, definendo scenari di penetrazione differenti su un orizzonte temporale di lungo periodo in virtù del livello di decarbonizzazione individuato, delle diverse opzioni net zero esistenti e delle possibili alternative di produzione e approvvigionamento del vettore energetico.

Da un punto di vista della domanda - che è la componente da cui dipende maggiormente lo sviluppo della filiera - la strategia stima una “domanda nazionale” tra 6 e 12 Mtep (scenario alta diffusione), pari al 31,3% dei consumi totali dei trasporti e al 17,7% dell’industria hard-to-abate (percentuale che varia in base alla convenienza - o meno - per ciascun settore di ricorrere all’idrogeno come vettore per la decarbonizzazione), con una corrispondente necessità di elettrolizzatori variabile da alcuni GW fino ad alcune decine di GW a seconda delle condizioni di contesto. 

Sul fronte dell’offerta, la strategia italiana punta in primis sul pieno sviluppo dell’idrogeno ottenuto da fonti rinnovabili, senza trascurare però il contributo potenziale dell’idrogeno blu parallelamente allo sviluppo in corso dello studio sulla CCS, nonché il contributo dell’idrogeno ottenuto da fonte nucleare. “Tutto ciò consente di legare strategie differenti e di offrire elementi di flessibilità e di economicità che è opportuno cogliere”, ha sottolineato Federico Boschi. In questo contesto, le valutazioni sui costi attualmente stimabili dell’offerta di idrogeno danno conto di una differenza tra idrogeno rinnovabile e idrogeno blu, apparendo quest’ultimo verosimilmente più economico nel breve termine. L’idrogeno rinnovabile elettrolitico sconta, ad oggi, una bassa maturità tecnologica ed economie di scala ancora da raggiungere, nonché in alcuni casi prezzi mediamente elevati dell’energia elettrica. Tuttavia, la continua riduzione dei costi delle tecnologie (filiera delle rinnovabili, filiera degli elettrolizzatori), nonché l’incremento di efficienza degli elettrolizzatori, dovrebbero condurre progressivamente a costi finali dell’idrogeno elettrolitico alimentato da FER più competitivi. 

Esplorate le variabili legate a domanda e offerta, la strategia analizza in particolare il settore delle infrastrutture e dei trasporti, che giocano un ruolo fondamentale nella programmazione e implementazione della filiera dell’idrogeno, in quanto possono permettere di collegare i centri di produzione di idrogeno con i poli di consumo, sia a livello italiano che europeo, nonché di garantire all’Unione e all’Italia un certo grado di indipendenza in termini di produzione di idrogeno. 

Il nostro Paese possiede già numerosi asset strategici infrastrutturali che potranno fungere da supporto allo sviluppo di un’infrastruttura di trasporto e distribuzione capillare dell’idrogeno. E’ tuttavia fondamentale che le infrastrutture dedicate all’idrogeno siano realizzate in modo coordinato, per accompagnare la crescita della domanda, minimizzando i costi e garantendo la sicurezza di approvvigionamento. “Nel medio-lungo periodo lo sviluppo di una produzione su larga scala e di un’infrastruttura dedicata permetterà di abbattere i costi di produzione sfruttando l’effetto delle economie di scala e massimizzando i volumi prodotti e importati, mentre una logistica su gomma di idrogeno gassoso e liquido potrà essere di supporto sul medio periodo laddove la rete non raggiunga l’utilizzatore finale”, si legge nel documento. 

In questo contesto, il progetto italiano SoutH2 Corridor, di cui la dorsale italiana è parte integrante, è inserito nella visione di sviluppo europea di un’Hydrogen Backbone che, oltre a contribuire alla copertura della domanda italiana, renderà l’Italia un hub europeo dell’idrogeno, favorendo i flussi di importazione (dal Nord Africa via pipeline e da altre zone anche via nave). A tal fine l’Italia dovrà dotarsi di opportuni strumenti capaci di conciliare le opposte prospettive dei soggetti che operano ai lati estremi della catena di approvvigionamento: da un lato i produttori esteri, con l’esigenza di garanzie di lungo periodo sulla domanda per avviare gli investimenti sui grandi impianti produttivi in zone particolarmente vocate; dall’altro gli off-taker nazionali, con l’esigenza di flessibilità nell’approvvigionamento e la possibilità di accedere a forme contrattuali di breve periodo.

Come evidenziato nella strategia, i porti rappresenteranno un altro importante punto di ingresso. Lo sviluppo complementare dei terminali portuali potrà integrare la produzione di idrogeno domestica con ulteriori volumi da riconversione (ad esempio ammoniaca verde, metanolo verde e carburanti sostenibili per l’aviazione), provenienti sia dal Mediterraneo che dal Medio Oriente. 

In ultimo, ma non per importanza, la strategia presenta una prima stima degli investimenti legati alla produzione e al consumo di idrogeno, analizzando due diversi casi limite che potrebbero verificarsi al variare della quota di produzione nazionale e di importazione. Il primo, si basa su uno scenario con alti volumi di produzione nazionale (70%), con una stima di investimenti cumulati complessivi tra 13 e 24 miliardi di euro. Il secondo caso limite, invece, si verificherebbe con una quota di produzione nazionale inferiore ai volumi importati (80%). In tal caso, “i rilevanti investimenti previsti nei sistemi di produzione di idrogeno del primo caso limite faranno spazio ad un maggiore dispiegamento e sviluppo delle infrastrutture, con i relativi investimenti”, si legge nel documento. In particolare, lato consumi, si possono stimare circa 16- 33 miliardi di euro di investimenti cumulati relativi ad ammodernamento, sostituzione e installazione di nuove tecnologie e impianti. Nel settore dell’industria potrebbero attivarsi quasi 2-4 miliardi di investimenti, mentre nel settore dei trasporti, gli investimenti ammonterebbero a circa 14-29 miliardi di euro, con i principali contributi ascrivibili ai camion (in primis) e ai bus.

Osservazioni sulla strategia nazionale per l’idrogeno

Tra i commenti relativi alla strategia nazionale per l’idrogeno emersi durante il convegno, quello di Alberto Dossi, presidente di H2IT, si distingue certamente per l’entusiasmo. “La strategia è per noi un momento storico che aspettavamo dal 2020, quando Bruxelles ha pubblicato la strategia europea”, ha osservato Dossi. Secondo il presidente, infatti, la strategia rappresenta una guida per sbloccare gli investimenti necessari per abbattere i costi di produzione troppo elevati (e di conseguenza alti prezzi per i consumatori) che oggi ostacolano lo sviluppo della filiera. Messo da parte l’entusiasmo iniziale, Dossi ha anche evidenziato che per dare concretezza alla strategia è ora necessario procedere con azioni ordinate per incanalare il potenziale del documento. “Nel breve termine, in particolare, occorre mettere a terra tutti i progetti in ambito PNRR, che includono 52 Hydrogen Valleys. Se però la scadenza del PNRR fissata al 30 giugno 2026 resta è probabile che solo il 15% dei progetti verrà portato a compimento, il che sarebbe un’opportunità sprecata per il Paese”, ha spiegato Dossi. Guardando al medio-lungo periodo, invece, secondo il presidente di H2IT ad essere fondamentali sono i progetti su larga scala come SoutH2 Corridor.

Meno ottimista il punto di vista di Aurelio Regina, delegato del presidente di Confindustria per l’Energia che, pur evidenziando il valore della strategia nazionale sul vettore energetico, ha da subito richiamato l’importanza della tutela della competitività del tessuto industriale italiano (ed europeo), messo più volte a rischio negli ultimi anni. “Questa tutela passa in primis dalla vera realizzazione di un mercato unico europeo, che può attuarsi solo in presenza di costi di produzione per l’energia più allineati (attualmente quelli italiani sono più elevati, ad esempio, di quelli di Germania e Spagna). Ma la garanzia della competitività passa anche dal rendere competitivi vettori energetici come l’idrogeno rinnovabile. E in questo contesto la strategia nazionale svolge un ruolo fondamentale, anche perché parte da un approccio di ascolto degli attori industriali, che devono essere supportati nel processo di transizione”. Secondo Regina, poi, il problema della competitività va affrontato anche a livello europeo, introducendo misure di finanziamento per la transizione che attivino investimenti privati, in linea con quanto previsto dai competitor USA (con l’Inflation Reduction Act) e Cina (con Made in China 2025). 

Interessanti anche gli spunti di riflessione offerti da Piero Ercoli, direttore esecutivo dell’Unità di Decarbonizzazione di Snam, società coinvolta in prima linea nel progetto SoutH2 Corridor. A proposito del corridoio, Ercoli ha evidenziato come il progetto sia stato strutturato nel pieno rispetto delle caratteristiche del Paese, valorizzandone i punti di forza: “da un lato l’infrastruttura preesistente può essere riutilizzata - con appositi interventi - per l’idrogeno, garantendo una riduzione di costi e tempi. Dall’altro, il progetto sfrutta la posizione geografica dell’Italia, che si trova al centro tra i Paesi esportatori dei vettori del Nord Africa e quelli che rappresentano la quota più alta di domanda di idrogeno in Europa, Germania e Austria”. 

Lo sviluppo del settore dell’idrogeno richiede che vengano fatte anche considerazioni legate al contesto regolatorio, fornite nel corso dell’evento da Massimo Ricci, direttore della Divisione Energia di ARERA, autorità cui dovrebbero essere affidati i poteri di regolazione per la filiera del vettore energetico. La chiave del successo tanto della strategia nazionale quanto di quella europea risiede, secondo Ricci, nella capacità di coordinamento sia tra gli attori coinvolti a livello UE, sia tra quelli italiani. Un coordinamento che, per quanto necessario, comporta diverse criticità legate al fatto che a dover essere regolamentato è un settore al momento poco conosciuto e con un mercato ancora non sviluppato.  

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