Pagamenti appalti - Bruxelles richiama ancora l'Italia
Le regole del Correttivo appalti sarebbero in contrasto con le direttive Ue.
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E’ quanto dice una lettera di messa in mora che Bruxelles ha appena inviato all’Italia. Secondo gli uffici della Dg Industria, per la precisione, le norme che affrontano il tema dei pagamenti negli appalti sarebbero in contrasto con le indicazioni comunitarie. Il decreto entrato in vigore a maggio, infatti, ha reso possibile un periodo di sospensione di 45 giorni che le pubbliche amministrazioni possono attivare prima del pagamento della fattura. In questo modo, però, si aggira il target di pagamento entro il tempo limite di 30 giorni, fissato dall’Ue.
L'articolo nel mirino
Nel mirino, nello specifico, è finito l’articolo 113-bis del Codice appalti, introdotto dal recente correttivo. Qui si stabilisce che “il termine per l’emissione dei certificati di pagamento relativi agli acconti del corrispettivo di appalto non può superare i 45 giorni decorrenti dall'adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori”.
L'emissione del Sal
In sostanza, dopo l’emissione dello stato di avanzamento lavori, che certifica l’esecuzione di una quota di appalto e quindi dà diritto all’impresa a incassare il suo denaro, possono passare fino a 45 giorni prima di arrivare all’emissione del certificato di pagamento da parte dell’amministrazione. Solo con il certificato è possibile ottenere la liquidazione della fattura vera e propria.
Le regole comunitarie
La questione, insomma, è che questo periodo di congelamento si incastra male con le regole comunitarie che – va ricordato – prevedono che i pagamenti arrivino alle imprese nel termine di 30 giorni o, in casi eccezionali, di 60 giorni.
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La lettera dell'Ue
La lettera di messa in mora di Bruxelles, allora, spiega che la norma che permette di estendere “sistematicamente a 45 giorni il termine per il pagamento delle fatture nei lavori pubblici” sembra in contrasto con la direttiva europea sui pagamenti.
I problemi del Correttivo appalti
E’ la prima volta che il Codice appalti finisce sotto la lente dell’Ue per un problema legato al tema dei pagamenti. L’idea di introdurre questo periodo di stand by, insomma, potrebbe rivelarsi particolarmente inappropriata.
La procedura di infrazione
Questo, comunque, è solo il primo passo verso la procedura di infrazione vera e propria. Adesso l'Italia avrà a disposizione due mesi di tempo per inviare una risposta alla Commissione. Potrà scegliere di adeguarsi alle indicazioni dell’Europa, modificando la norma, oppure dare una spiegazione alla sua impostazione, ritenendola compatibile con le direttive.
I ritardi nei pagamenti
Sulla questione pesa, ovviamente, anche il fatto che l’Italia resta tra i peggiori pagatori dell’Unione europea e continua, insieme ad altri Paesi come la Spagna, a liquidare le fatture alle imprese ben oltre i termini indicati da Bruxelles.
Il richiamo di Bruxelles
Sebbene la Commissione, nella missiva, riconosca il nostro impegno, sottolinea che “devono essere ancora compiuti significativi sforzi per assicurare che i ritardi medi nei pagamenti siano in linea con i tempi fissati dalla direttiva”. Lo scorso febbraio, proprio per questo motivo, eravamo stati richiamati da Bruxelles al rispetto della direttiva.