Bilancio Ue: Vertice, si lavora gia' a un nuovo compromesso
Nessuna decisione, come da attese. Il Vertice europeo sul budget dell’Ue per il periodo 2014-2020 si è chiuso senza vincitori né vinti. Erano troppe le differenze tra i tagli chiesti dai paesi 'rigoristi', come Germania e Gran Bretagna, e la spinta delle componenti più progressiste, come il Parlamento europeo. In mezzo, poi, c’erano questioni intricatissime, come il nodo della Politica agricola comune e dei fondi strutturali. Alla fine, allora, si è preferito rimandare tutto a inizio 2013. Anche se già in questi giorni si comincerà a lavorare, tramite colloqui informali, a un accordo.
Sarà il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy a mettere a punto una nuova bozza di compromesso, proseguendo i suoi colloqui con i membri. Per la convocazione di un nuovo Vertice, a conti fatti, non c'è fretta. Il termine massimo per prendere una decisione scade a marzo dell'anno prossimo. La base, comunque, sarà la proposta alla quale si è lavorato nel corso del Vertice, definita da più parti come “un buon punto di partenza”. Anche se ancora incompleto.
L’ipotesi in questione prevede 80 miliardi di euro di tagli rispetto alla bozza della Commissione Ue (1.091 miliardi per i sette anni): il consuntivo, insomma, è identico alla prima bozza Van Rompuy. Quello che cambia è come si raggiungono queste cifre. Sono, in sostanza, stati ammorbiditi i tagli che, nella prima versione, colpivano per circa 55 miliardi la Politica agricola comune e le Politiche di coesione. Queste due voci hanno guadagnato quasi 19 miliardi che dovrebbero essere pagati in questo modo: circa 13 con tagli sui fondi destinati allo sviluppo, circa 5 con fondi dedicati alla politica estera e poco più di un miliardo sulla voce di spesa dedicata alla giustizia e alla sicurezza. Anche questo compromesso, come il precedente, ha però scontentato tutti.
A partire dai due paesi che hanno ricevuto risposte alle loro istanze: Francia e Italia. L’Italia già venerdì mattina ha parlato di avanzamenti “insufficienti”. Mentre il presidente francese Francois Hollande ha ammesso che le sue richieste sono state parzialmente ascoltate, ma ha anche precisato di non “essere ancora soddisfatto”. Per i due paesi è necessario fare qualche sforzo in più sul fronte della politica agricola e dei fondi strutturali.
E non sono stati soddisfatti nemmeno quelli che volevano tagli robusti al bilancio. Per il premier britannico David Cameron, infatti, la proposta da 80 miliardi è ancora troppo timida: considerando che la sua richiesta puntava ad almeno 150 miliardi, per trovare un compromesso bisognava arrivare almeno a quota 130. Grossomodo lo stesso pensiero della cancelliera tedesca Angela Merkel, l’unica ad avere pubblicamente dubitato sin dal primo minuto sulla fattibilità di un accordo entro il fine settimana: per lei bisogna recuperare almeno un’altra ventina di miliardi, toccando quota 100. Insomma, per l’ala “rigorista” servono ancora altri tagli, non meno di 20/30 miliardi.
Ad aggravare la situazione, poi, ci sono le posizioni del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, che ha ribadito la posizione dell’assemblea, orientata a non votare un bugdet pluriennale che si discosti dalla proposta della Commissione europea. Rispetto a queste bisogna ricordare che il Parlamento dovrà votare l’intesa del Consiglio, una volta licenziata. E che, quindi, detiene un potere di veto molto pesante, che potrebbe decidere di esercitare. Mandando all’aria il lavoro dei paesi membri.