PNIEC, per il Net Zero l'Italia punta al nucleare

PixabaySì alla decarbonizzazione, sì ad accelerarne il processo, ma tenendo «in attenta considerazione i vari aspetti di sostenibilità economica e sociale, nonché di compatibilità con altri obiettivi di tutela ambientale». Anche per questo - secondo il governo - il nucleare è una scelta "pragmatica" e necessaria, superando «approcci velleitari del passato». È quanto si legge nel PNIEC, il Piano integrato energia e clima, inviato il 9 luglio nella forma completa dal Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica alla Commissione Europea. La vera novità è quindi il nucleare che per la prima volta entra in una visione di scenario della pianificazione energetica nazionale.

Le raccomandazioni europee sul primo Pniec

La trasmissione del testo, che si compone di 424 pagine, era stata preceduta dall’invio a Bruxelles, il 30 giugno scorso, dell’ “executive summary.

Le rinnovabili in Italia raggiungeranno una potenza di 131 gigawatt nel 2030 e rappresenteranno il 39,4% del totale partendo dal 19% rilevato nel 2022; le emissioni e gli assorbimenti del gas serra supereranno gli obiettivi previsti dalle regole europee di FitFor55. Sono due degli obiettivi contenuti nell'aggiornamento del Piano che per la prima volta prevede una specifica sezione dedicata ai lavori della Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile: si ipotizza un'integrazione con le rinnovabili che da sola potrebbe rappresentare, nel 2050, l'11% dell'energia prodotta con una possibile proiezione al 22%.

Lo scenario nucleare inserito nel PNIEC

Il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha assicurato che «lo scenario sull'energia nucleare, sia da fissione nel medio termine (a partire dal 2035) che da fusione (a ridosso del 2050), ci fa guardare avanti a un futuro possibile». «Nell'ottica di un'eventuale ripresa di produzione nazionale, anche l'energia nucleare può contribuire a migliorare la sicurezza energetica, potendo fornire una fonte di energia stabile e continua e riducendo la vulnerabilità alle interruzioni di approvvigionamento esterno e la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili».

Il Piano confronta i valori di costo dei vari scenari e quello che comprende il nucleare sarebbe in grado di raggiungere l'obiettivo Net Zero a un costo stimato di circa 17 miliardi di euro inferiore allo scenario senza nucleare.

La premessa, secondo il documento inviato a Bruxelles, è che «la letteratura scientifica internazionale è concorde nell'affermare che un sistema elettrico interamente basato su fonti rinnovabili, in particolare non programmabili, è possibile, ma non economicamente efficiente, in quanto più ci si avvicina al 100% di quota rinnovabile, più i costi di sistema (ad esempio per lo sviluppo dei sistemi di accumulo e delle reti) crescono rapidamente. Occorre quindi disporre di una certa quota di generazione elettrica programmabile esente da emissioni di gas climalteranti, che potrebbe includere il nucleare, in grado di affiancare le fonti rinnovabili non programmabili per garantire una loro migliore integrazione nel sistema».

"Con il nucleare, meno CCS"

Rimanendo in questo scenario, «al 2050 la produzione da nucleare dovrà circa l'11% della richiesta di energia elettrica fino a coprire circa il 22% della richiesta nazionale di energia elettrica (circa 16 GW di capacità nucleare al 2050). Oltre a soddisfare una maggiore richiesta, il nucleare riduce la necessità di ricorrere sia alla generazione a gas naturale con CCS, che passa da 11,5 a 4 TeraWattora, sia alla produzione da bioenergie con CCS, che passa da 12,5 a 6 TWh. Degli 8 GW di capacità di generazione nucleare al 2050, circa 1,3 GW funzionano in modalità cogenerativa, fornendo al settore industriale calore per un ammontare pari a 16 TWh termici», si legge ancora.

Il Mase ha istituito la Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile (PNNS) con «l'obiettivo prioritario di sviluppare linee guida e una roadmap, con orizzonte fino al 2050, per seguire e coordinare gli sviluppi delle nuove tecnologie nucleari nel medio e lungo termine, valutando, nel medio termine (post-2030) - elenca il PNIEC - le possibilità d'impiego dei nuovi piccoli reattori modulari a fissione e le loro possibili ricadute in ambito nazionale, ove provate ad un livello di sicurezza adeguato, nonché, nel lungo termine, dell'energia da fusione, in un'ottica di affiancamento alla sempre maggiore penetrazione della generazione di energia da fonti rinnovabili, secondo gli obiettivi indicati nel presente documento per giungere alla neutralità climatica (Net Zero)».

Partecipazione italiana a programmi di ricerca sul nucleare

Il PNIEC valuta il ruolo dell'energia atomica nel caso di una «possibile ripresa dell'utilizzo dell'energia nucleare in Italia attraverso le nuove tecnologie nucleari sostenibili in corso di sviluppo», e cita le necessarie riforme normative per introdurlo. Per questo la ricerca nazionale potrà essere indirizzata a un possibile utilizzo della fonte nucleare sul territorio nazionale. «Quindi - si legge nel testo - si favorirà la partecipazione italiana a programmi e iniziative internazionali ed europei». Tra gli esempi: la recente iniziativa della SMR Industrial Alliance, alla quale partecipa il Mase insieme a diverse decine di operatori nazionali, tra imprese, utility, enti di ricerca e accademia, e il programma EUROfusion, per il quale l'Enea è il Program manager nazionale.

Il ragionamento proposto dallo scenario farebbe pensare che in una prima fase si consideri prevalentemente l'importazione di energia atomica. 

Ma non ci sarà solo il nucleare. Il piano italiano guarda a tutti i settori di produzione energetica, anche ai combustibili rinnovabili come il biometano e l'idrogeno che, insieme all'utilizzo di biocarburanti, possono contribuire alla decabonizzazione del parco auto esistente. Nei vari capitoli ci sono poi la diffusione di auto elettriche, una riduzione del traffico, la cattura e stoccaggio di Co2 e l'elettrificazione dei consumi finali, con un crescente peso nel mix termico rinnovabile delle pompe di calore.

Performance maggiori per le fonti rinnovabili

L'area con performance più alte è comunque quella delle fonti energetiche rinnovabili. I 131 gigawatt previsti al 2030 deriveranno per il 79,2% dal solare, il 28,1% dall'eolico, il 19,4% dall'idrico, 3,2% dalle bioenergie. Un gigawatt sarà di fonte geotermica.

In totale la quota di energia da queste fonti sarà portata al 39,4% rispetto ai consumi finali lordi di energia. Ma se si considerano i soli consumi finali del settore elettrico si raggiungerà il 63%. L'idrogeno da rinnovabili rappresenterà il 54% del totale dell'idrogeno usato nell'industria, rispetto allo zero rilevato nel 2022: un vero balzo.

Italia hub energetico europeo

C'è poi l'assorbimento di gas: l'Italia prevede di superare l'obiettivo del FitFor55 riguardante gli impianti industriali vincolati dalla normativa Ets, arrivando al -66% rispetto ai livelli del 2005 contro un obiettivo europeo di -62%.

Anche nei settori "non-Ets" (civile, trasporti e agricoltura) si registra un sostanziale miglioramento degli indicatori emissivi e per raggiungere i target europei a oggi ancora troppo sfidanti sarà necessario profondere ulteriori energie.

Sul fronte della sicurezza energetica, si registra una netta riduzione della dipendenza da altri Paesi favorita dalle azioni di diversificazione dell'approvvigionamento e dall'avvenuta pianificazione di nuove infrastrutture e interconnessioni. Per quanto riguarda la dimensione del mercato interno dell'energia, si prevede di potenziare le interconnessioni elettriche e il market coupling con gli altri Stati membri, nonché sviluppare nuove connessioni per il trasporto di gas rinnovabili, rafforzando il ruolo dell'Italia come hub energetico europeo e corridoio di approvvigionamento delle rinnovabili dell'area mediterranea. Inoltre, il Pniec dà priorità agli obiettivi nazionali di Ricerca, Sviluppo e Innovazione al fine di accelerare l'introduzione sul mercato di quelle tecnologie necessarie a centrare i target definiti dal Green Deal nonché rafforzare la competitività dell'industria nazionale.

Per la transizione energetica servirà anche ridurre i consumi

Il percorso della transizione verso la decarbonizzazione richiederà «uno sforzo estremo, in particolar modo per quanto attiene la riduzione dei consumi e delle emissioni nei settori legati agli impegni dell'Effort Sharing Regulation, cioè in settori quali trasporti, civile, agricoltura, rifiuti e piccola-media industria». Questo significa che, oltre alle azioni di decarbonizzazione dei settori industriali energivori e termoelettrici legati agli obiettivi dell'Emission Trading Scheme, per i quali sarà importante sfruttare tutte le tecnologie disponibili, occorrerà agire diffusamente con misure drastiche anche nella riduzione dei consumi e delle emissioni carboniche del terziario, del settore residenziale, e in particolare del trasporto attraverso un deciso shift modale verso il trasporto pubblico (TPL), e la riduzione dei fabbisogni di mobilità, senza trascurare il ricambio dei mezzi pubblici e privati verso veicoli più efficienti e a ridotte emissioni di CO2".

Mutare gli stili di vita

Sarà pertanto necessario «un sostanziale mutamento degli stili di vita e di consumo verso comportamenti caratterizzati da maggior efficienza energetica e minori emissioni, verso i quali le nuove generazioni sono certamente più sensibili, agendo attraverso le fonti di formazione e informazione del pubblico, unite a forme di promozione/disincentivazione dei comportamenti in funzione della loro sostenibilità». Anche l'economia circolare «deve entrare a far parte degli standard del mondo produttivo e manifatturiero; se alcuni settori sono già molto avanti nel recupero e nel riciclo, occorre intensificare la ricerca di soluzioni che minimizzino l'utilizzo di materie prime, oltre che i consumi del ciclo produttivo, e riducano gli scarti, attuando con misure concrete la strategia per l'economia circolare».

Nel dicembre scorso la Commissione europea ha valutato che i progetti di PNIEC porteranno solo ad una riduzione del 51% delle emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, e a una quota di energia rinnovabile nel mix energetico di appena il 38,6-39,3% entro il 2030, al di sotto dell'obiettivo vincolante del 42,5%. Alle riunioni informali previste a fine luglio, la Commissione solleverà la mancanza di piani per l'energia e il clima come una "questione urgente". L'Austria ad esempio, che non ha nemmeno presentato un progetto di PNIEC, si trova ad affrontare una procedura di infrazione da parte della Commissione europea.

La proposta di Piano, ora al vaglio degli organismi comunitari, sarà oggetto nei prossimi mesi di confronto con il Parlamento e le Regioni, oltre che del procedimento di Valutazione Ambientale Strategica. L’ approvazione del testo definitivo dovrà concludersi entro giugno 2024.

Consulta il testo del PNIEC 2024

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