UE: Dombrovskis nuovo commissario al commercio. Quali dossier tratterà?
Il Parlamento UE ha approvato la nomina di Valdis Dombrovskis come nuovo commissario al Commercio, dopo le dimissioni estive di Phil Hogan. Ad attenderlo dossier cruciali come la Brexit, le relazioni tese con USA e Cina, la riforma del WTO e della politica commerciale. Alla neo commissaria irlandese McGuinness arriva, invece, la parte del portafoglio di Dombrovskis sulla stabilità e i servizi finanziari.
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Ieri gli eurodeputati hanno dato l’ok al mini rimpasto in seno alla Commissione europea proposto dalla oresidente Ursula von der Leyen dopo l’addio di Phil Hogan alla DG Trade.
A far propendere per il vicepresidente esecutivo della Commissione UE, il lettone Valdis Dombrovskis, è stato sicuramente anche il peso che l’ex premier della Lettonia ha e che sarà necessario per sostituire, sui palcoscenici internazionali, lo straordinario negoziatore che è stato Hogan.
Restando al contempo anche responsabile per l'Eurogruppo assieme a Paolo Gentiloni, Dombrovskis prende infatti in mano le redini di una Direzione particolarmente importante per il futuro dell’UE.
Alla neo commissaria irlandese Mairead McGuinness, eurodeputata dal 2004 e fino a poche settimane fa vicepresidente dell'Europarlamento, arriva invece una parte del portafoglio di Dombrovskis, quello sulla stabilità e i servizi finanziari, l'unione bancaria e i mercati dei capitali.
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La Brexit: torna l’ombra di un no-deal
Il dossier sulla Brexit è senza dubbio uno dei temi più caldi che arrivano a Dombrovskis. Il futuro delle relazioni commerciali UE-UK, infatti, è del tutto traballante, con un negoziato che procede troppo a rilento, tanto da aver portato nelle scorse settimane il negoziatore europeo Michel Barnier ad affermare come un accordo appaia ormai "improbabile", seppur "ancora possibile". Di giorni a disposizione, in effetti, ne sono rimasti davvero pochi. Per per essere ratificato in tempo, infatti, l’accordo sul dopo Brexit deve essere raggiunto entro fine ottobre. Molto dipenderà dai round negoziali di questi giorni su cui pesa, però, l'Internal Market Bill voluto dal premier inglese Boris Johnson che viola quanto deciso con l'UE e che ha dato luogo ad un'azione legale da parte di Bruxelles.
I punti di attrito, infatti, restano molti a cominciare dal “Level Playing Field”, cioè quell’allineamento normativo che dovrebbe evitare la concorrenza sleale inglese sul mercato europeo e da cui Londra, invece, tenta di svicolare. Il Regno Unito, infatti, “continua a insistere su un accordo di bassa qualità solo su beni e servizi”, ha affermato nelle settimane passate Barnier. Ma un “Level Playing Field” è una pre-condizione non negoziabile per consentire l’accesso al mercato UE, messa nero su bianco nella dichiarazione politica firmata dal governo inglese e che compare anche nei più recenti accordi commerciali, come quelli con il Giappone. Pertanto, conclude Barnier, “non ci sarà accordo su niente finché non ci sarà un'intesa su tutto. E non sarà un accordo a qualunque costo, tanto meno al prezzo di un indebolimento del mercato unico europeo".
Se quindi dovessimo arrivare, alla fine, a un no-deal, le ripercussioni sul commercio UE-UK non saranno poche.
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I rapporti con gli USA
Altro tema scottante di cui in questi mesi si è occupato Hogan e che adesso, invece, dovrà trattare Dombrovskis, è quello delle relazioni commerciali con l'America di Donald Trump. Nonostante la recente intesa sulla riduzione dei dazi per alcune tipologie di prodotti, infatti, i rapporti con Washington restano tesi.
A pesare sulle relazioni c’è anche la disputa Airbus-Boeing che è già costata 7,5 miliardi alle esportazioni europee negli USA, colpendo anche alcuni prodotti bandiera del Made in Italy. La disputa, lo ricordiamo, nasce della reciproche accuse di aiuti di Stato illegittimi che negli anni scorsi si sono scambiate Bruxelles e Washington. Entrambi i fronti, infatti, si accusano a vicenda di aver sovvenzionato illecitamente i rispettivi due giganti del cielo, l’americana Boeing e il consorzio europeo Airbus, violando le norme sugli aiuti di Stato.
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Cina: un’alleanza inevitabile, ma piena di incognite
Dombrovskis dovrà prendere in mano anche le complicate relazioni con la Cina e che evidentemente sono tra le priorità di cui intende occuparsi. Tra le prime battute nelle vesti di neo commissario, infatti, l'ex premier lettone ha affermato che "sarebbe ottimo se riuscissimo a chiudere l'accordo sugli investimenti quest'anno", purchè però sia un accordo "ambizioso e capace di affrontare gli squilibri che viviamo".
A pesare sui rapporti con Pechino è soprattutto quel capitalismo di stato cinese che, al di là delle affermazioni, la Cina non sembra per niente intenzionata ad abbandonare, creando condizioni di gioco sempre più penalizzanti per le imprese europee.
In tale contesto sul tavolo della DG Trade ci sono una serie di dossier aperti, a cominciare dall’adozione dello strumento per gli appalti internazionali, ma anche l'identificazione di modalità per affrontare le distorsioni nel mercato interno derivanti dalla proprietà statale e dai finanziamenti statali e lo screening degli investimenti diretti esteri.
A preoccupare Bruxelles, infatti, non è solo il diverso piano di gioco su cui competono le aziende cinesi e quelle europee, ma anche il crescente shopping di tecnologie europee da parte della Cina.
> Per approfondire: le posizioni di Hogan sulla Cina
La riforma della politica commerciale UE e del WTO
Infine, tra i dossier su cui era al lavoro Hogan e che adesso passano sulla scrivania di Dombrovskis ci sono la riforma della politica commerciale, su cui nei mesi scorsi è stata lanciata una consultazione pubblica, e la riforma del WTO. E sempre tra le prime dichiarazioni fatte come nuovo commissario al commercio, Dombrovskis ha affermato: "continuo a credere alla riforma del WTO", un passaggio "importante per risolvere le controversie commerciali e ne abbiamo bisogno".
Le riforme della politica commerciale europea e del WTO, infatti, sono due pilastri su cui è destinata ad appoggiarsi l'architrave della proiezione esterna dell’UE e della capacità più o meno grande delle aziende europee di competere all’estero.
> Per approfondire: la consultazione sulla revisione della politica commerciale
Perchè Phil Hogan si è dimesso
La vicenda che ha portato a fine agosto alle dimissioni di Hogan era iniziata mercoledì 19 agosto a Galway, quando il commissario UE aveva partecipato ad una cena con oltre ottanta persone, in violazione delle norme emanate il giorno prima dal Governo irlandese che vietano ritrovi al chiuso con oltre sei persone.
In Irlanda lo scandalo, ribattezzato “Golfgate” dal nome del luogo in cui si è svolta la cena - il Golf club del Parlamento irlandese a Galway - aveva già portato alle dimissioni del ministro irlandese all’agricoltura e del vicepresidente del Senato, entrambi presenti. Dimissioni a cui alla fine si sono aggiunte quelle di Hogan, accusato dal premier irlandese Micheal Martin di aver “minato l’intero approccio alla salute pubblica in Irlanda”.
Nella lettera con cui Hogan lascia la DG Trade, l’ormai ex-commissario spiega come il Golfgate stava diventando una distrazione dal proprio ruolo, minando il “lavoro nei mesi chiave a venire”. Tra le righe tutto il rammarico di lasciare un incarico così cruciale per il futuro dell’UE e una carriera che, tra le altre cose, lo aveva visto nei cinque anni precedenti guidare con energia la DG Agricoltura.